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La lettera

Una bergamasca a Conte: “Lavoro con viaggi ed eventi. Non mi sono mai sentita abbandonata, ma ora…”

"Presidente, dove può lasci uno spiraglio di luce. Non chiuda le attività di chi ha speso per rendere il proprio locale sicuro. Va bene il coprifuoco alle 23 se lo ritiene opportuno, ma la chiusura è un certificato di morte per via diretta"

“Egregio Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, chi le scrive è una cittadina italiana, che risponde al nome bislacco di Heidi. Sono giornalista freelance e vivo a Bergamo, la città che più di ogni altra sa cosa significhi veder morire i propri cari per Coronavirus: qui abbiamo avuto carri militari, forni crematori in tilt, salme portate chissà dove, ritrovate in urne cenerarie settimane dopo. Tutti fatti che Lei conosce benissimo. Quello che però forse non sa è la situazione in cui molti di noi versano da mesi. Non gliene faccio una colpa, ci mancherebbe. Però credo sia il caso di parlargliene”.

Comincia così la lettera indirizzata al premier dalla wedding reporter Heidi Busetti. “Anni fa – racconta – ho avuto la malaugurata idea di sposarmi un fotografo di viaggi ed eventi. E siccome ci amavamo, e ci amiamo, abbiamo preso la decisione di fare due figli. In più, lo scorso anno, abbiamo acquistato una casa, un normalissimo appartamento nella zona multietnica della città.

Da luglio queste sono le nostre spese fisse: 2700 euro di tasse da pagare ogni mese (fino a novembre), 580 euro di mutuo, 250 euro di spese condominiali, 1000 euro di spesa per la famiglia, e a novembre si aggiungeranno i 980 euro di INPS.

Entrate, sempre da luglio, circa 8000 euro lordi. Tradotto, sono 1400 euro netti al mese. Sa, lavoriamo negli eventi e nei viaggi, i due settori più bombardati da questa Pandemia. Mi chiedo come pensiate si possa restare in piedi.

Certo, fino a maggio gli aiuti ci sono arrivati (La ringrazio davvero). Da giugno però, con la riapertura delle attività, più nulla. In compenso sono arrivate le tasse da pagare, calcolate su un anno d’oro, dimenticando che noi, e come noi tutti i nostri colleghi legati al mondo degli eventi, non abbiamo MAI riaperto.

Guardi, lungi da me la polemica sterile e la lagnanza. Io sono una bergamasca, orgogliosa della propria indipendenza e della capacità di resilienza. Non mi fanno paura le difficoltà, nè il dover stringere la cinghia, come si diceva quando ero piccolina. Va bene tutto, siamo in mezzo ad una Pandemia e nessuno vuole gli ospedali al collasso, per carità!

Però la matematica è matematica. E alla matematica, per me perfida e spietata da sempre, non importa se si stia lottando con le unghie e con i denti per far quadrare i conti o se ci si interroga in mille modi per trovare la strada giusta. Tutta questa sofferenza, tutto questo amaro smarrimento è roba da poesia travagliata, da letteratura. Ma la fredda matematica ti guarda in faccia e non vuole scuse. “Dove sono i soldi?” ti chiede. E tu, devi rispondere.

Senta Presidente, io la stimo davvero e a tutti gli imbecilli che pensavano che la sostenessi per questioni politiche, ho spiegato che la questione era un’altra: io non mi sono mai sentita abbandonata. Nemmeno quando le sirene squarciavano il silenzio della mia amata città. Neppure quando ho accettato di scrivere articoli a 0.003 centesimi a battuta perchè volevo capire, porca di quella miseria, quello che stava accadendo, in uno slancio di giornalismo puro.

Riesce ad immaginare come mi sento oggi, quando orde di negazionisti mi gridano che devo svegliarmi, perchè il Coronavirus non esiste? Lo gridano a me, che ho visto la fatica amara nelle case di riposo, ho scritto della solitudine delle persone, visto piangere i farmacisti alla ricerca disperata di una bombola che non è mai arrivata. Le dicevo, non mi sono mai sentita abbandonata. Ma ora…

Per carità Presidente, non ci faccia sentire soli. Dove può lasci uno spiraglio di luce. Non chiuda le attività di chi ha speso tanto per sanificare, rendendo il proprio locale sicuro. Va benissimo il coprifuoco alle 23 se lo ritiene opportuno, ma la chiusura è un certificato di morte che arriva per via diretta. Non chiuda i teatri, portano gioia e sollievo in un momento di profondo sconforto. Stringete piuttosto le misure all’esterno dove il contagio si annida con forza. E non dimenticatevi di noi che apparteniamo al mondo degli eventi. Qui fa freddo e c’è buio.

Non chiediamo di tornare alla vita di prima. Semplicemente, non meritiamo di essere dimenticati. Conto su di Lei”.

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