Prosegue in modo esponenziale e senza sosta la diffusione del contagio. Con una media settimanale di 9.144 casi giornalieri confermati (contro i 4.169 della settimana precedente) e solo 1.766 guariti ogni giorno, siamo arrivati a 423.578 e 252.959 in totale rispettivamente. I decessi sono 36.616, di cui 411 nel periodo contro i 203 del precedente. Le percentuali di crescita sono quindi altissime rispetto alla settimana precedente e occorre sottolineare che queste sono simili a quelle della prima ondata.
Le terapie intensive
L’accelerazione nell’evoluzione dell’epidemia evidenzia criticità nei servizi territoriali ed aumenti nel tasso di occupazione dei posti letto in Terapia intensiva e area medica che rischiano, in alcune Regioni, di raggiungere i valori critici nel prossimo mese. In effetti i ricoveri in Terapia Intensiva, pur rimanendo al di sotto della soglia critica, sono aumentati in maniera preoccupante: dal 13/09, quando erano 187, sono stati necessari 17 giorni per aumentare del 50% fino alle 280 del 30/09, poi 11 giorni per aumentare del 50% fino alle 420 del 11/10, ed infine sono occorsi solo 5 giorni per arrivare a 638. Attualmente sono 797, di cui 113 in Lombardia, 111 nel Lazio, 85 in Campania. Di fatto assistiamo a un raddoppio delle ospedalizzazioni e delle terapie intensive nelle ultime due settimane, se il rialzo proseguisse allo stesso ritmo della prima metà di ottobre, esso ci porterebbe ad avere numeri difficilmente gestibili entro fine novembre. Per trovare conferma basta applicare ai dati di oggi un raddoppio ogni due settimane: il virus si può ancora contenere, ma va fermato subito e senza indugi.
I posti attualmente disponibili in T.I. sono 6.529 con l’obiettivo di arrivare a 8.732. La Sardegna è la prima regione in cui i ricoverati in T.I. (33) hanno superato il valore raggiunto nella prima ondata (31 l’8 aprile), la percentuale di utilizzo sale quindi al 21%; seguono la Campania (19%), l’Umbria (15%) e Lazio (14%). L’indice Rt nazionale è ora a 1,20 in deciso rialzo. Ricordiamo che quanto il valore Rt è inferiore a 1 significa che si va verso l’eliminazione della malattia, se è superiore a 1 indica che si va verso una crescita esponenziale del numero dei casi.
La curva epidemica nell’ultima settimana ha registrato quindi un forte e improvviso incremento: è lecito attendersi che i numeri crescano ancora, perché i dati che vediamo oggi sono figli delle infezioni contratte almeno da qualche giorno. In particolare, non dobbiamo commettere l’errore di correlare i nuovi casi quotidiani con i ricoverati e le terapie intensive. Dal momento dell’infezione alla manifestazione dei primi sintomi passano in media 5 giorni, a cui si deve aggiungere il tempo necessario per avere il risultato del tampone (media nazionale a inizio ottobre 2 giorni secondo i dati Iss). I nuovi casi giornalieri, quindi, si rifletteranno in buona parte con nuovi ricoveri nel corso della prossima settimana. Per la prima volta dopo il termine del lockdown il Report settimanale dell’Iss parla espressamente di “carico di lavoro non più sostenibile sui servizi sanitari territoriali”. Il rischio è non riuscire a mantenere il tracciamento dei contatti, permettendo la formazione di catene di trasmissione non controllate.
Si mantiene per ora stabile a 42 anni, nell’arco degli ultimi 30 giorni, l’età mediana dei contagiati (dati Iss aggiornati al 12 ottobre): è una buona notizia perché testimonia un coinvolgimento per ora limitato delle fasce di età più a rischio, in particolare degli over 70 che all’ultima rilevazione rappresentavano l’11,3% dei nuovi casi totali.
Rapporto tamponi-positivi
Osserviamo ora il rapporto tra positivi individuati e tamponi eseguiti: quando è sotto la soglia del 3% significa che viene effettuato un numero sufficiente di tamponi e soprattutto che il sistema di tracciamento sul territorio è in grado di contenere la diffusione del contagio. Se questo valore viene superato avviene l’esatto contrario: tamponi insufficienti e contact tracing messo alle corde. Nei dati degli ultimi giorni riscontriamo un rapporto positivi/tamponi intorno al 10%, superando ampiamente il limite suddetto, e ciò è accaduto in pochi giorni: il 3% è stato superato per la prima volta il 5 ottobre (3,74%). Da allora vi è stato un forte incremento di test eseguiti, ma ancora largamente al di sotto del numero che sarebbe necessario raggiungere: 250-300.000 al giorno.
Contagi e regioni
Esistono ancora disparità fra le varie Regioni; il modo corretto per capire quali siano davvero quelle più colpite è quello di utilizzare il valore dei nuovi casi rilevati per 100.000 abitanti: i dati sono ricavati da quelli comunicati quotidianamente dalle Regioni e Province autonome, Iss e Ministero della Salute. Nella settimana chiusa al 17 ottobre la media nazionale è stata di 87,8 nuovi casi per 100.000 abitanti. Al di sotto di questa di questa soglia si sono collocate: Calabria 21,9; Basilicata 34,1; Puglia 44,3; Marche 50,4; Sicilia 54,9; Sardegna 60,9; Emilia-Romagna 68,0; Friuli 69,4; Molise 71,3; Lazio 72,6; Abruzzo 72,9 e Veneto 81,2.
Lombardia e Bergamo
Sopra la media nazionale: P.A. Trento 95,2; Piemonte 109,5; Campania 112,8; Toscana 114,0; Lombardia 117,3; P.A. Bolzano 125,8; Umbria 139,0; Liguria 184,5; Valle d’Aosta 230,7.
Come si può notare la Lombardia resta una fra le regioni più colpite, anche in rapporto alla popolazione (poco più di 10 milioni di abitanti), con la provincia di Milano a fare da capofila sia riguardo all’incidenza di nuovi casi ogni 100.000 abitanti (171), sia per l’incremento percentuale dei casi. In regione preoccupano le Terapie Intensive, salite di 70 unità in soli 10 giorni e i ricoveri che nello stesso periodo, sono passati da 400 a 1.136.
La provincia di Bergamo, viceversa, si trova in fondo a questa classifica con un indice a 42 nel primo caso e un + 3,5% nel secondo. I contagiati, comunque in rialzo nella settimana presa in esame, sono in totale 16.523 (+ 376), con i decessi saliti a 3150 (+2).
Le previsioni sono di una ulteriore escalation dei contagi, perciò, per cercare di contrastarne il dilagarsi, la Regione Lombardia ha propostoda giovedì lo stop a tutte le attività e degli spostamenti dalle 23 alle 5 del mattino, nonché la chiusura della media e grande distribuzione nelle giornate di sabato e domenica.
L’Europa e i lockdown
L’Europa ha superato le 250.000 vittime di Covid-19, 8.000 solo negli ultimi sette giorni.
In Francia la media dei casi giornalieri (arrotondati) è di 20.000, in Spagna 12.000 in Gran Bretagna 10.000, in Germania 6.000 Il numero di casi è tre volte quello di marzo, esattamente in linea con i numeri dei tamponi triplicato da allora. Siamo quindi a una svolta: se dovessero aumentare ancora i positivi ci troveremmo in una situazione peggiore rispetto alla prima ondata.
Dal coprifuoco in Francia, dove il virus spegne Parigi e alcune grandi città (Grenoble, Lilla, Lione, Aix-Marsiglia, Rouen, Tolosa e Montpellier) tra le 21 e le 6 del mattino, alla chiusura dei ristoranti in Olanda e dei pub nel Regno Unito, dove non passa giorno che un consulente scientifico del governo non suggerisca il ripristino di un lockdown. Intanto Londra passerà al livello di “allerta alta”, il secondo nella scala delle restrizioni imposte dal premier britannico Boris Johnson. che coinvolgerà nove milioni di persone e prevede anche il divieto di riunioni in casa con amici.
Tutti i Paesi restringono lo spazio dello stare insieme, limitando le attività culturali e sportive o chiudendo le palestre. Per i governi è una scelta sofferta, perché avrà un impatto negativo sull’economia. Non fare nulla, tuttavia, potrebbe portare al ripristino di restrizioni nazionali. Tra i Paesi che hanno avviato misure più dure per fermare la movida c’è l’Olanda. Il premier Mark Rutte ha parlato di lockdown parziale quando ha annunciato la chiusura di tutti i bar, ristoranti e caffetterie. Neanche la capitale mondiale della movida, Barcellona, è immune dal giro di vite sui locali. Il provvedimento riguarda tutta la Catalogna, mentre la regione di Madrid è praticamente sigillata perché è l’epicentro dell’epidemia in Spagna. In Belgio si sono superati i 10.000 casi giornalieri, facendo del Paese uno dei più colpiti rispetto alla popolazione (2%); anche qui si riscontrano i primi lockdown parziali, con la chiusura di caffè e ristoranti per un mese e il coprifuoco dalla mezzanotte alle 5 del mattino.
Crescono i contagi anche nell’Europa dell’Est. La Repubblica Ceca è uno dei paesi dell’Unione europea con il maggior numero di contagi per abitante (1,7%). I numeri sono catastrofici, ha detto il premier, 8.000 in media negli ultimi giorni. Troppi per un paese da 10 milioni di abitanti. L’esercito è mobilitato per costruire un nuovo ospedale da campo con 500 posti letto.
Anche a Cracovia in Polonia si lavora per creare nuovi ospedali. Assieme a Varsavia è uno dei centri più colpiti. Nei prossimi giorni ci saranno 100 nuove aree rosse, ha annunciato il ministro della Salute. In Slovacchia il premier ha chiesto di prendere sul serio la pandemia e di non dar retta ai no mask. Il numero di contagiati è salito del 60 percento in una settimana.
Nel mondo
Nel mondo i contagi ufficiali sono arrivati a oltre 40 milioni, con un incremento di 5 milioni in sole due settimane. 1.200.000 i decessi. Questi i 10 Paesi più colpiti: Stati Uniti 8.154.594 – India 7.550.273 – Brasile 5.224.362 – Russia 1.390.824 – Argentina 989.680 – Colombia 959.572 –Spagna 936.560 – Francia – 876.342 – Perù 865.549 – Messico – 851.227.
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