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L'intervista

Tumore al seno, Fenaroli: “In aumento ma la prospettiva di guarigione è buona”

Il mese di ottobre è dedicato alla sensibilizzazione alla prevenzione di questo problema di salute: abbiamo intervistato il dottor Fenaroli per saperne di più.

“I tumori al seno sono in aumento, ma la prospettiva di guarigione è veramente buona”. Così il dottor Privato Fenaroli, direttore della senologia dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, illustra la diffusione e le possibilità di cura di questa patologia.

Il mese di ottobre è dedicato alla sensibilizzazione alla prevenzione di questo problema di salute: abbiamo intervistato il dottor Fenaroli per saperne di più.

Potrebbe tracciare una panoramica relativa alla diffusione del tumore al seno?

I numeri sono questi: in Italia ogni anno ci sono circa 60mila nuovi casi di tumore, statisticamente 1 donna su 8 nell’arco della sua vita inciampa in un tumore alla mammella. Nella provincia di Bergamo tutti gli anni ci sono 800-850 nuovi casi. Purtroppo possono interessare tutte le età e i sessi, sono più colpite le donne ma anche i maschi non ne sono esenti: ogni 100 donne 1 uomo contrae un tumore nella regione pettorale.

Rispetto agli anni precedenti la situazione è migliorata?

Sono in aumento i tumori ma si guarisce molto di più, o meglio si muore molto di meno: la prospettiva di guarigione è veramente buona. Sono in aumento perchè l’età media si sta alzando: oggi operiamo anche donne di novant’anni ed era impensabile fino a vent’anni fa. Al tempo stesso l’età media di comparsa si sta abbassando, sempre più persone giovani incappano in un tumore: nella fascia d’età tra i 25 e i 50 anni se ne riscontra quasi il 40%.

Quali sono i fattori di rischio?

Fondamentalmente il fattore di rischio vero, noto e certo è il tempo che passa: con l’aumentare dell’età è più facile incappare in un tumore alla mammella. Un altro fattore è il rischio genetico che però è limitato al 5% dei casi. Tutte le altre considerazioni come la dieta, la qualità dell’aria che si respira, praticare attività fisica ecc vanno bene per prevenire tutte le malattie non solo il tumore alla mammella.

E non è vero, quindi, che dopo una certa età non si contraggono più tumori?

No, è una stupidaggine. Chi lo dice non sa nulla di senologia e tumori. Anzi, quando si parla di età e prevenzione, c’è un messaggio che va chiarito bene.

Ci spieghi

Lo screening, cioè l’esame della mammografia, viene eseguito gratuitamente esente ticket dai 45 ai 75 anni e il messaggio che può passare è che la gente sia portata a pensare che prima e dopo queste età non si abbiano rischi e invece non è vero. Lo screening è un forte elemento di stimolo ai controlli soprattutto per chi è poco sensibile: ricevendo a casa propria una lettera si sente incentivato a sottoporsi all’esame. Rappresenta un momento importante, è un’opportunità da cogliere, però è quello che ci possiamo permettere come società – meglio di niente – dal punto di vista culturale, economico, organizzativo e sociale. Bisognerebbe effettuare controlli annuali a tutte le età e non ogni due anni. In modo particolare, suggerisco a tutte le persone dai quarant’anni in su di svolgere annualmente – nell’arco di 12 o 15 mesi – tre cose: una mammografia, un’ecografia e una visita, che è fondamentale oltre agli esami strumentali. Tutte le donne che abbiano casi di tumore in famiglia dai 20 ai 40 anni dovrebbero fare almeno una visita o un’ecografia all’anno, dai 40 in su anche la mammografia: quest’ultima si può realizzare anche prima in base a ciò che risulta dalla visita e dall’ecografia. Va considerato, inoltre, che il 90% dei tumori è sporadico, cioè in famiglia non sono stati rilevati altri casi, mentre il 5% è legato alla familiarità con un caso o 2, mentre il restante 5% a un numero maggiore di casi.

Quali sono i possibili campanelli d’allarme?

Il tumore alla mammella difficilmente si fa sentire: quando succede è troppo tardi, quindi dobbiamo andare a cercarlo. Sappiamo che nell’arco di 12-18 mesi una persona potrebbe non avere nulla e presentare il tumore una volta trascorsa questa finestra temporale. Dobbiamo eseguire i controlli per cogliere l’eventuale tumore in tempo utile e poterlo curare con ottime possibilità di guarigione: se viene trattato bene, ormai le percentuali di guarire superano il 90-95%. Tutto sta nell’organizzare bene il percorso della diagnosi e della cura: ci sono centri di riferimento dedicati come a Bergamo, dove vengono effettuati 600 interventi ogni anno. Un dato statistico rivela che chi si fa curare in una struttura dedicata – un buon centro di senologia – ha il 15-20% in più di possibilità di guarire e non è poco. Deve esserci una sinergia tra diversi specialisti come il radioterapista, l’oncologo medico e il chirurgo plastico, ma il riferimento deve essere il senologo. La senologia l’ha inventata Veronesi ma la figura del chirurgo senologo l’abbiamo promossa noi a Bergamo, è un modello che ci invidia tutto il mondo. La cura del tumore al seno è personalizzata con il contributo dei vari professionisti ma il riferimento deve essere il senologo, il chirurgo che accompagna il paziente in questo percorso diagnostico e terapeutico.

Come si svolge il percorso?

Una donna comincia a sospettare di avere un tumore alla mammella in diversi casi: quando toccandosi sente una “pallina”, si reca a effettuare un’indagine mammografica e il medico curante visitandola sente qualcosa. Altra casistica è dettata dal condizionamento sociale: sempre più donne si recano dallo specialista perchè sono spaventate dopo aver appreso che una vicina di casa, una conoscente o una parente è morta per questa causa e vogliono sapere se potrebbe riguarda anche loro. Va sottolineata l’importanza di sottoporsi alla visita senologica a cui troppi medici non danno la giusta rilevanza ed è un errore fondamentale.

Come mai?

La visita, svolta almeno una volta all’anno da uno specialista, è essenziale. Generalmente le donne effettuano l’autopalpazione tutti i mesi, ma nella maggior parte dei casi questa pratica crea solo apprensioni perchè si può percepire qualcosa che poi non c’è rimanendo comunque in ansia. Alle mie pazienti non dico più di farla ma di svolgere tutti gli anni mammografia, ecografia e visita. A casa, invece, bisogna puntare sull’osservazione, notando se compare una goccia di sangue da un capezzolo, se un capezzolo rientra o se la pelle è raggrinzita come se fosse buccia d’arancia o limone: sono input per anticipare la visita.

Come avviene la diagnosi?

Per diagnosticare un tumore servono una buona mammografia, una buona ecografia, una buona visita e una microbiopsia. La risonanza magnetica, la tac ecc sono procedure che devono essere utilizzate con estrema cautela e raramente. Una volta riscontrata la patologia, iniziano i trattamenti. Le cure sono tre: bisturi, radioterapia e farmaci. Il primo deve essere usato in modo sempre minore e preciso: gli interventi sono sempre più conservativi, personalizzati e poco invasivi con un grande interesse sia per la guarigione sia per ottenere il miglior risultato possibile dal punto di vista estetico.

I farmaci, invece, sono chemioterapici?

La chemioterapia è sempre più personalizzata e va a colpire in modo preciso. C’è un retaggio culturale che la associa a brutti ricordi, ma oggi questo trattamento non è più quello di qualche anno fa, dà meno effetti collaterali e più vantaggi. Non è una passeggiata ma è più sostenibile e non risulta più devastante come una volta.

Anche le tecniche di ricostruzione si sono evolute?

Quando dobbiamo togliere la mammella adoperiamo protesi personalizzate. A Bergamo stiamo sviluppando un progetto all’avanguardia che ci permetterà di scannerizzare la mammella per costruire una protesi uguale: dal punto di vista visivo, la paziente non dovrà nemmeno accorgersi dell’intervento.

Per concludere, quali sono le priorità della ricerca?

Capire le possibili cause e studiare i marcatori tumorali che purtroppo non servono a predire il tumore ma a valutarne l’evoluzione. Quando compare il tumore, i relativi marcatori aumentano come se fossero dei soldati che difendono il nostro organismo. Quando rimuoviamo la massa tumorale, questi si abbassano e se tornano ad aumentare significa che il tumore si sta riprendendo. Sono importanti, quindi, per valutare l’evoluzione della patologia nel tempo e ad evitare i casi di recidiva.

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