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Il ricordo

Con Claudio Nespoli se ne va la Bergamo artigiana e bohèmienne della via S. Bernardino

Sua "La Cornice di Nespoli", bottega e il laboratorio retrostante erano sempre aperti e accoglienti: di lì passavano pittori, artisti, ma anche gli ultimi, quelli che amava cantare Fabrizio De Andrè

Si è spento Claudio Nespoli, lasciando ancora più orfana di artigiani e di personaggi d’altri tempi che hanno fatto dagli anni Cinquanta della via san Bernardino di Bergamo un punto d’incontro per artisti e di vita quasi bohémienne. La racconta la figlia di Claudio, Denise Nespoli.  

La via San Bernardino perde un altro dei suoi anziani artigiani artisti che l’hanno resa operosa e vivace per mezzo secolo.

Claudio Nespoli, originario di Borgo Santa Caterina, nipote del pittore bergamasco Nino Nespoli e del poeta e commediografo dialettale Giuseppe Mazza detto “Felipo”, cresce fra l’estro della pittura, dell’arte dello zio burattinaio Angelo Mazza ed il teatro della commedia dell’arte. Da giovane adolescente intraprende il mestiere di corniciaio dal padre Mauro, per più di 50 anni lavoreranno insieme nella bottega “La Cornice di Nespoli” di via San Bernardino al civico 22, affiancati poi dal “piccolo” Giulio Lagetto che ne è l’erede ufficiale ancora oggi, nella sua bottega, non molto distante da quella originaria dei suoi maestri.

Claudio Nespoli appassionatosi d’arte svolgendo il suo lavoro, fu un riferimento per i cittadini, abbienti e meno per incorniciare i loro dipinti, oggetti di valore o le fotografie dei loro cari. Lavorò molto anche fuori città, Milano, Venezia, incorniciò una collezione di dipinti giunti appositamente da Mosca.

La sua bottega ed il laboratorio retrostante erano sempre aperti ed accoglienti per chi viveva nel borgo San Leonardo. Dagli anni Cinquanta fino ai 2000, molti erano i pittori locali che passavano da lui per discorrere d’arte, di politica, per cercar di vendere qualche quadro o semplicemente trascorrere qualche ora in compagnia. Alcuni nomi di pittori e scultori assidui frequentatori della bottega furono Tarenghi, Prometti, Berlendis, Danilo Panozzo, Walter Longaretti, il maestro Mario Cornali molto amico del padre Mauro Nespoli, Attilio Gattafù, Francesco Daverio, Beppe Milesi, Augusto Sciacca, Roberto Rampinelli, Trento Longaretti, Stefano Caglioni. Questo clima un po’ bohémienne della bottega e della via, si respirava anche frequentando i locali, poi la notte negli androni, sotto i lampioni la vita notturna più o meno legale faceva il resto… Fabrizio De Andrè avrebbe potuto ispirarsi alle storie umane di molti per scrivere le canzoni come Prinçesa, Il suonatore Jones, la Ballata della città Vecchia, Il Matto, il Giudice

claudio nespoli corniciaio

L’accoglienza nella bottega del Nespoli era per tutti, non solo per gli artisti, o le prostituite che in difficoltà si rifugiavano da lui, spesso i primi migranti di colore e non, che lavoravano in zona trovarono nella bottega ascolto e relazione, al punto che molte importanti amicizie nacquero già negli anni ’80. Questa vivacità di relazione e di curiosità per le altre culture senza pregiudizi, diede occasione al Nespoli di scoprire anche la scultura antica africana, in particolare alla scultura dei popoli Dogon in tempi in cui a Bergamo solo pochi appassionati di etnografia conoscevano.

La sua intelligenza emotiva e la vivace curiosità per ciò che non conosceva, gli facevano vivere l’arte da autodidatta, l’apprezzava in tutte le sue forme come strumento di espressione dell’umano senza pregiudizi e confini geografici.

Via San Bernardino alta per mezzo secolo è stata luogo di riferimento oltre che per l’istituto Palazzolo fondato dal benefattore Beato Palazzolo, anche per il suo prezioso oratorio che accoglieva i bambini e i ragazzi dell’umile borgo San Leonardo, delle case torri popolate da famiglie numerose, di diversa provenienza. Un quartiere che nei anni ’50/’60 vide nascere le botteghe, dove abili artigiani riparavano di tutto o realizzavano manualmente oggetti necessari nel quotidiano: l’arrotino Berera che divenne in seguito la storica coltelleria Berera, il Centro Artigianale per i Parrucchieri, orologiai storici come Scaburri, orafi, sarte, i primi esercizi commerciali di abbigliamento come i Taschini, calzolai, materassai, ferramenta, meccanici storici come il Carrara e colorifici, il corniciaio Tironi.

La libreria Libraccio aprì a fine anni ’80 intercettando in pieno i bisogni delle famiglie popolari della città, e non poteva scegliere via più consona, per proporre il riciclo dei testi scolastici.

Arrivarono grazie all’emigrazione degli anni ’60/’70 anche le prime trattorie di pesce come il Gambero Rosso del calabrese Pietro Romeo che allargò gli orizzonti gastronomici a molti cittadini bergamaschi, la trattoria di Casa Mia che sfamava a prezzi popolari i suoi avventori, i trani fumosi sempre affollati e la storica vineria CorteSconta che accoglieva i gruppi musicali giovanili degli anni ’70/’80, un’oasi in città per il tempo libero dei ragazzi e delle ragazze di allora.

I personaggi memorabili del pittore Stefano Caglioni, dell’inquieto “Ciccio” , il tenero “fachiro”Ciclamino, il dolce Costante e dell’imbianchino Bono, colorivano la vita di strada con battute o azioni e discorsi stravaganti, sempre comunque circondati dall’affetto della comunità a cui appartenevano con dignità e rispetto.

Si sarebbe potuta scrivere l’Antologia di San Bernardino in quegli anni, come Edgar Lee Master fece a Spoon River… perché gli artigiani, i commercianti e gli abitanti intrecciavano quotidianamente relazioni preziose, la comunità cresceva in un crocevia di arte, saperi, mutuo aiuto, storie umane interculturali, al punto che fu la prima via cittadina ad organizzare la cena in strada nel 1993.

Ora per chi l’ha conosciuta in quegli anni rimarrà un po’ di nostalgia quando passerà da lì perché i ricordi di visi e storie di vita di una Bergamo artigiana di cui oggi restano solo pochi rappresentanti. Da anni il testimone è in mano alle nuove generazioni di abitanti, di artigiani, di attività commerciali figlie di questo tempo, a cui si aggiungono gli alloggi per gli universitari, i lussuosi appartamenti ristrutturati e i ristoranti etnici.

Rimane comunque un borgo magico con Città alta che svetta sul fondo del Largo Cinque Vie e che conserva intatta l’essenza multiculturale e l’intensa vivacità popolare.

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