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Arte

Alto brembo

Sulle tracce dei Baschenis, il progetto che è un museo diffuso

Un’operazione promossa dall’Associazione Altobrembo in qualità di capofila, sostenuta dalla Provincia di Bergamo, dalla Comunità Montana Valle Brembana e dalla Fondazione Comunità Bergamasca.

È un vero e proprio museo diffuso, a cielo aperto, il progetto che intende valorizzare il territorio, i beni storici, le strutture architettoniche, le tradizioni e i beni immateriali dei comuni dell’Alto Brembo. Un’operazione promossa dall’Associazione Altobrembo in qualità di capofila, sostenuta dalla Provincia di Bergamo, dalla Comunità Montana Valle Brembana e dalla Fondazione Comunità Bergamasca.

L’idea è quella di riscoprire la dinastia dei pittori frescanti Baschenis, attivi continuativamente da metà Quattrocento a metà Seicento, per restituire al territorio un plusvalore di straordinaria specificità culturale, che faccia anche da traino per il turismo in valle.

Ad accendere i riflettori in grande stile sul progetto, il convegno di studi tenutosi a fine settembre “I Baschenis – una famiglia di frescanti dalla Valle Brembana alle Valli Trentine”. Al Centro Congressi Giovanni XXIII, per l’occasione gremito (a norma anticovid), hanno contribuito studiosi, storici dell’arte, promotori culturali, giornalisti, musicologi, in presenza e in collegamento streaming . “Il recupero della cultura dei luoghi – ha sottolineato Renato Ferlinghetti dell’Università di Bergamo – è il solo modo perché il nuovo si saldi armonicamente con l’eredità che la storia ci ha consegnato”. In questo senso è un dovere recuperare “la memoria dei Baschenis correlata in modo intrinseco alla loro patria, quel territorio dalla morfologia quasi respingente – si pensi a nomi come Valtorta e Strozza – che, non offrendo condizioni per l’agricoltura, ha sviluppato altre forme di ricchezza, di attività produttive proto industriali: in questo contesto è nata l’arte, all’interno di reti di relazioni internazionali elevatissime”.

Le Alpi e le valli, dunque, non come barriera ma come “cerniera tra il mondo padano e il mondo mitteleuropeo”, ha ricordato lo storico Paolo Cavalieri, invitando a osservare gli spostamenti ‘orizzontali’ dei Baschenis, attraverso i valichi che mettevano in comunicazione l’est con l’ovest lungo sistemi viabilistici premoderni. Era un intreccio di ‘relazioni di crinale’, entro cui si muovevano questi pittori attivi nelle prealpi bergamasche come nelle valli del Trentino, tra la Val Rendena e la Val di Sole: già anticamente tutt’altro che un mondo chiuso in se stesso, e che oggi più che mai intende fare rete con percorsi tematici di taglio artistico, storico-economico, etnografico, paesaggistico, naturalistico.

Averara è un po’ il cuore di questi itinerari. Averara che, ricorda Tarcisio Bottani, presidente del Centro storico culturale Valle Brembana, comprendeva ai tempi dei Baschenis otto comuni che hanno dato i natali anche ad altre dinastie e personalità artistiche, come gli Scanardi, gli Scipioni, i Rovelli, i Guerinoni, lo stesso Gian Paolo Cavagna, nato in Bergamo ma con origini ad Averara. Una vera e propria “valle di pittori”, tra cui spiccano i Baschenis che erano una quindicina divisi in due dinastie, di Lanfranco e di Cristoforo, durate nell’insieme due secoli nella tradizione del mestiere. “Un caso eccezionale in Italia -, segnala lo storico dell’arte ed ex direttore della Carrara Francesco Rossi – di cui non esistono casi simili in ambito pittorico. L’unico confronto è con le Fiandre dei Bruegel, che furono attivi per sei generazioni”.

Riconoscibili entro una “koiné linguistica valligiana – i Baschenis – erano dei produttori di immagini straordinariamente legati al contesto storico sociale cui appartenevano e – precisa Rossi – bisogna pensarli come migranti stagionali che si spostavano seguendo gli umori della cultura del loro popolo”.

Quali sono allora i luoghi e le opere da conoscere e da visitare sulle tracce dei Baschenis?

Due strumenti sono essenziali a una visione d’insieme e nel dettaglio: l’agile guida storico-artistica “I pittori Baschenis – itinerari bergamaschi” curata da Giovanni Valagussa, che abbraccia l’intera provincia con più di 40 tappe tra la Valle Brembana, la Valle Seriana, Bergamo alta e bassa e i dintorni della città, con tanto di mappa per la loro localizzazione e il docufilm di Alberto Nacci proiettato in prima assoluta al convegno, con fotografie di Ugo Manzoni e musiche a cura di Michele Guadalupi.

Il volume curato da Valagussa, firmato da lui e da altri storici dell’arte, è l’invito a intraprendere un viaggio sulle orme dei pittori di Averara tra Madonne, santi, glorie d’angeli, vicende bibliche, danze macabre. “Si tratta di guardare questi testi figurativi – avverte Valagussa nell’introduzione – come esempio straordinario di una lingua popolare: un linguaggio in grado di trasmettere contenuti complessi in forme semplici, che adotta immagini efficaci e facilmente memorizzabili, facendo cultura popolare in forma alta. In sede di presentazione del volume, Valagussa – che ha illustrato novità attributive per alcune opere del territorio come alcuni affreschi di Pietro degli Asinelli e di Paroto ad Averara, Cerete e in Bergamo città – si è soffermato in particolare sulle figure di Angelo Baschenis (1450-1490), che a Ornica (Chiesa di Sant’Ambrogio) e alla Forcella di Bordogna (cappella di San Giovanni Battista) tocca alti livelli nella costruzione e nell’armonizzazione dello spazio e nella qualità delle figure, e di Simone II (1490-1555), “il più aggiornato dei Baschenis, che è stato a Brescia, ha visto Romanino, Moretto, Prata, Piazza” e a cui Valagussa attribuisce numerose scene dipinte nell’Oratorio di Sant’Antonio abate alla Torre di Valtorta.

Certo non è facile seguire duecento anni di pittura di varia mano e attribuzione, di padre in figlio: per raccontare questa storia, anche avvincente per i risvolti storico-biografici che a volte svela, il regista Alberto Nacci ha ideato una sceneggiatura efficace e originale. Guidati dalla voce di Giovanni Valagussa, incontriamo in 28 minuti nove luoghi scelti della bergamasca affrescati dai Baschenis seguendo l’albero genealogico che dall’ultimo, e più celebre, esponente della famiglia, Evaristo (1617-1677), risale il corso del tempo passando per Pietro (1590-1630) e finendo alle origini della stirpe, con Angelo di Averara (1450-1490). Il tutto condotto sul filo di un dialogo immaginario idealmente intessuto da Valagussa con lo stesso Evaristo, quell’ Evaristo Baschenis che rispetto ai suoi predecessori cambia strada, dipingendo su tela e non su muro, strumenti musicali e non storie. L’espediente narrativo ha le tinte di un giallo, con lo storico dell’arte immerso nel buio di una stanza, tra i suoi libri e un bicchiere di whisky, mentre insegue una trama che si trasforma in onirica visione. “Ma tu sei Evaristo? Raccontami la tua storia, tu che in fondo li hai traditi i tuoi antenati, aiutami a raccontare”. Il colloquio, che ci porta da Leffe a Sombreno, a Cusio, Lallio, via via fino a Ornica e Santa Brigida, non poteva che concludersi, tra i molti casi ancora da scoprire, con un un interrogativo: “Ma tu, Evaristo, farai davvero parte di quella famiglia? “

Alcune visite guidate sulle tracce dei Baschenis sono ancora in calendario per i sabati di ottobre, con partenza alle 14.30: sabato 10 visita alla Roncola di Treviolo, Lallio, con Ilaria Capurso; il 17 a Cividate al Piano, Martinengo, Urgnano, con Simona Turani; il 24 Bergamo alta con Tosca Rossi; il 31 Bergamo bassa con Tosca Rossi. Prenotazione obbligatoria al 3481842781, con contributo di 10 euro. Prosegue inoltre, fino al 1 novembre, la mostra fotografica itinerante (a ingresso gratuito) “I Baschenis de’ Averaria” a Lallio, nella Chiesa di San Bernardino.

Per ulteriori informazioni sul progetto: www.leterredeibaschenis.it

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