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Bergamo

Lo sgombero di Kascina Ponchia unisce destra e sinistra (tranne Rifondazione)

Dalla Lega al Pd un plauso alla decisione. Mentre i giovani del collettivo manifestavano sui social e in piazza sconforto e rabbia dopo aver riempito la cascina di attività sociali di aggregazione

Martedì 6 ottobre la città di Bergamo è stata scossa dallo sgombero in grande stile della Kascina Ponchia (kascina autogestita popolare Angelica “Cocca” Casile, il nome ufficiale) nel quartiere di Monterosso.

Dopo essere stata abbandonata nel 1997, la cascina fu inserita nella lista dei beni da vendere a privati durante l’amministrazione Tentorio: fu occupata nel 2013 e nel 2015 la giunta Gori la tolse dal mercato per individuare un percorso che potesse consentire la sua valorizzazione.

I ragazzi del collettivo “sgomberato” hanno gestito un’assemblea pubblica in piazza Pacati e un corteo di addio alla Cascina, e riempito i propri canali social di testimonianze video di sostenitori e di fotografie con i cartelli con gli slogan “Hasta Siempre Kascina”, “Non si può fermare il vento, gli fate solo perdere tempo”, “Prima di sgomberarci, sgombratevi il cervello” e molti altri. Tutti giovanissimi a manifestare il proprio sconforto e la propria rabbia. Una fiamma che a qualcuno ha fatto forse paura, tanto che dal pomeriggio di martedì le forze dell’ordine si sono schierate fuori da Palazzo Frizzoni temendo reazioni.

L’amministrazione comunale, dal canto suo, ha espresso il proprio ringraziamento nei confronti delle forze dell’ordine per aver finalizzato il lavoro di anni, “restituendo l’immobile alla città con un progetto di grande valenza sociale”, come dichiarato dalla Giunta comunale.

Il progetto per la ristrutturazione della cascina è stato presentato tempo fa dal Comune di Bergamo e dalla Cooperativa Ruah: un piano di investimento di oltre un milione di euro per un progetto di housing sociale destinato a donne, con o senza figli, in situazioni di disagio abitativo. I nove alloggi che verranno ricavati dalla ristrutturazione dell’edificio potranno accogliere fino a 29 persone, che all’interno della Cascina seguiranno percorsi di accoglienza e integrazione sociale studiati insieme agli operatori a seconda dell’intensità del bisogno delle ospiti e del loro eventuale nucleo.

La questione ha trovato sulla stessa lunghezza d’onda, forse per la prima volta, tutti i partiti rappresentati in Consiglio comunale. Dalla Lega che festeggia lo sgombero come una sua vittoria – con il parlamentare del Carroccio Daniele Belotti che scrive sui social “finalmente, come richiesto più volte dalla Lega, si chiude la Kascina Ponchia”, al PD con la dichiarazione della consigliera comunale Francesca Riccardi: “Il Partito Democratico in questi anni ha sempre lavorato perché allo sgombero seguisse un progetto realizzabile a servizio della comunità”, alla Lista Gori che dichiara: “Ora alla politica cittadina occorre un patto di collaborazione per riqualificare l’edificio e realizzare finalmente quel futuro già individuato con sguardo al sociale”.

Unica voce fuori dal coro è l’ex candidato sindaco Francesco Macario, segretario della Federazione cittadina e provinciale di Rifondazione Comunista, che, oltre a esprimere la propria vicinanza ai giovani del Collettivo commentando i post Facebook della Kascina con “Tutta la mia solidarietà”, testimonia il lavoro sociale della Cascina anche in una dichiarazione pubblica, sostenendo che: “In questi anni Cascina Ponchia è stata ed è cresciuta come luogo di aggregazione, di costruzione di socialità, di crescita e di proposta culturale e politica, nel rapporto con una molteplicità di soggetti, della città, del quartiere e del territorio, nel mondo giovanile e non solo, un punto di riferimento per quanti non si riconoscono con gli obiettivi e le idee delle classi dominanti che controllano la vita sociale e politica di questa città e che l’amministrazione Gori rappresenta, come si vede anche con questo sgombero, in forma servile”.

Chi ha la colpa non si sa, commenterebbe, forse, Francesco Guccini ricalcando una sua nota canzone.

Se, infatti, il Collettivo ha avuto certamente il merito di accendere i riflettori per evitare la vendita della Cascina riempiendola di attività sociali di aggregazione, condivisione e convivialità per il quartiere, d’altro canto si tratta pur sempre di un’occupazione abusiva e mai legalmente corretta e ora si prospetta la possibilità di implementare un progetto lodevole e meritevole di una chance.

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