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Letto per voi

La narrazione del virus e quel distratto scrittore che ci ha abbandonati alla Fase1

Eventi come quelli vissuti all’inizio della pandemia diventano parti di una narrativa collettiva fatta di immagini iconiche e strazianti. Ora, però, serve qualcuno che abbia il coraggio di raccontare con la stessa forza l’uscita o il cambiamento da quel mondo stra-ordinario: la 'nuova normalità'

Vi proponiamo lo scritto di Claudia Zangarini tratto dalla nota pagina Facebook ‘Pillole di Ottimismo’, seguita da quasi 80mila persone.

Ogni accadimento nella vita del singolo o di una comunità diventa una storia di cui diventiamo protagonisti. Alcuni accadimenti, come quelli vissuti all’inizio della pandemia, diventano eventi scatenanti di una narrativa collettiva che in tutto e per tutto può essere analizzata nelle sue parti. Nella nostra, fatta di immagini iconiche e strazianti, però, il narratore sembra averci abbandonati al primo atto, generando una situazione di stallo disarmante.

La narrativa della Covid-19 è una delle più travolgenti e impressionanti di cui siamo stati partecipi a livello nazionale negli ultimi 50 anni.

Tutto quello che è accaduto è stato trasformato in qualcosa di iconico, come l’immagine delle camionette che sfilano in una Bergamo trasformata in corridoio delle anime. Tutto è stato narrato in quel modo “consapevolmente” e in alcuni casi magistralmente.

Non si parla di complotti, falsità o messe in scena, ma di occasioni per mandare segnali forti e per dare anche agli ultimi irriducibili la possibilità di fare quell’inevitabile passaggio che in narrativa si chiama punto di svolta.

Una doccia fredda per tutti coloro che ancora negavano un’evidenza quantomai tragica.

Questa immagine, quella sorrentiniana del Papa durante la benedizione Urbi et Orbi, Mattarella che pronuncia la frase ‘Giovanni non vado dal barbiere nemmeno io’, credo siano state scelte consapevoli, dettate però dalla necessità del momento e quindi non lungimiranti, frutto dell’emergenza, che in fondo è la parola che più ci ha ossessionato e ancora ci tormenta tutt’ora.

Occasioni capitate e da sfruttare al massimo della loro spettacolarità per guidarci al di fuori del mondo ordinario che eravamo abituati a conoscere.

Per fare degli esempi un po’ pop, mentre Harry Potter non ha avuto la minima resistenza nell’attraversare il binario 9 e 3/4 per dirigersi a Hogwarts, Frodo, ne “Il Signore degli anelli”, qualche tentennamento nell’accettare quello che stava accadendo lo ha avuto.

E per noi, divisi tra Frodo e Harry, narrativamente parlando l’immagine di Bergamo ha rappresentato l’ultimo punto di non ritorno: il punto di svolta nella narrativa collettiva anche degli ultimi che non volevano accettare quello che stava accadendo, trasportandoli nel mondo stra-ordinario con cui avrebbero dovuto convivere, quello del virus.

Queste scelte dettate dall’urgenza sono poi diventate un’arma a doppio taglio con cui si dovrà convivere.

Utili nell’immediato, ma con tremende ripercussioni sul lungo termine. Per chi dovrà prendere decisioni e per chi a quelle decisioni dovrà sottostare.

In qualsiasi storia che si rispetti, dal punto di svolta si arriva al mondo nuovo e non c’è ritorno, si rimane segnati, cambiati, si diventa diversi. Questo mediatico e forzato punto di svolta è una delle cause per cui oggi fatichiamo ad uscire da una comunicazione allarmata e allarmante, fatta di numeri approssimativi poco compresi ma molto urlati e di comportamenti scellerati.

Ora, se fossimo nelle mani di un buon narratore, lui saprebbe come farci avere il secondo punto di svolta, un climax e troverebbe un modo di farci arrivare a un finale, qualunque esso sia, togliendo tutti noi da questo stallo.

Invece pare che la narrativa del virus sia stata efficiente e funzionale solo per darci la spinta al “mondo stra-ordinario”, spinta per altro basata sulla paura. Dopodiché ognuno è stato lasciato libero narratore di sé stesso (che è giusto in parte), ma cosa invece pericolosa, libero della sua percezione del mondo con il virus, portando a isterismi, estremismi e alla ricerca forzata e lacunosa di risposte e a una comunicazione di massa che a mesi dalla pandemia permette a un singolo sconosciuto individuo di mettere in dubbio scoperte scientificamente provate e assodate.

In questo momento, abbiamo bisogno di qualcuno che abbia il coraggio di raccontare con la stessa forza narrativa l’uscita o il cambiamento da questo mondo stra-ordinario, che, le migliori storie ci insegnano, non può essere eterno: dobbiamo arrivare alla “nuova normalità”.

Come dire, anche Ulisse prima o poi torna a casa ma lo fa perché Omero ce lo ha sapientemente condotto. Per poi ripartire, certo, ma quella è un’altra storia.

Noi però non siamo Ulisse, ci hanno lasciato alla deriva, abbandonati alla narrativa della fase 1, confusi sulla fase 2, totalmente ignari di essere in una fase 3. A dimenarci tra notizie frettolose e acchiappa click e alla solita spettacolarizzazione di una realtà che altrove, a sentimento, è stata più mite e riservata. In attesa della prossima mossa di un oscuro e a questo punto, forse, distratto scrittore.

https://www.facebook.com/pillolediottimismo/posts/183898866683926

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