• Abbonati
La lanterna magica di guido

“Horse Girl”: una storia drammatica per i motivi sbagliati

Nel tentativo di raccontare la triste storia di una donna con disturbi mentali Netflix porta sul grande schermo un ridicolo dramma a metà tra il paranormale ed il comico, cercando di essere preso sul serio

Titolo: Horse Girl

Regia: Jeff Baena

Durata: 104’

Interpreti: Alison Brie, Debby Ryan, John Paul Reynolds, Molly Shannon, John Ortiz, Jay Duplass

Valutazione: *

Programmazione: Netflix

Sarah (Alison Brie) è una giovane che lavora come commessa in un negozio di hobbistica, pratica zumba, ha una passione per una serie televisiva sul paranormale e, sin da piccola, ama i cavalli. Divide casa con la coetanea Nikki (Debby Ryan) ma, in generale, risulta avere più di qualche difficoltà nei rapporti interpersonali.

Pur essendo affabile e sensibile infatti Sarah, a causa di un non meglio specificato trauma passato, assume spesso comportamenti strani e sospetti che nello svolgersi della trama si tradurranno in un disturbo psichico al limite tra la demenza e il bipolarismo. Se poi a questa predisposizione all’instabilità mentale si aggiunge un ristretto cerchio di persone che, da amiche che dovrebbero essere, si rivelano false e cattive con lei, è presto chiaro come il castello di sabbia della sanità mentale di Sarah sia destinato a sgretolarsi.

Fino a qui tutto bene: poco più che la solita storia drammatica in cui lo spettatore è chiamato ad immedesimarsi in un protagonista debole bistrattato da una società falsa e meschina, tornata alla ribaltata solo nell’ultimo anno grazie a capolavori indiscussi come “Joker” di Todd Phillips. Peccato però che qui si è toccato il fondo, e probabilmente lo si è anche raschiato un bel po’.

Horse Girl” è un film inutile, poco ispirato, confuso, troppo timido per parlare in modo adeguato di problematiche come la depressione o le malattie mentali ma eccessivamente prolisso e gravoso quando si tratta di approfondire tematiche (allegoriche?) come gli alieni o i cavalli.

L’unica nota positiva della pellicola è la recitazione di una straordinaria Alison Brie che però, ahilei, non riesce a salvare la nave di “Horse Girl” da un mediocre naufragio annunciato già dopo pochi minuti dall’inizio del racconto.

Cercare di mostrare in modo concreto lo sconforto e il senso di perdizione avvertito da un individuo affetto da un disturbo borderline di personalità non è certo una passeggiata, ma proprio per questo la sceneggiatura poteva (e doveva) essere scritta in modo più approfondito, senza perdersi in finali dal retrogusto amaro e di libera interpretazione o in scene allegoriche di dubbia utilità.

A questo punto è lecito chiedere: Netflix, perché? Perché hai voluto creare una scadente puntata di Black Mirror da 104 minuti lasciando a casa il coraggio che ti ha sempre contraddistinto? Perché gran parte della sceneggiatura e della caratterizzazione dei personaggi risulta essere così scontata da ricordare un film per famiglie di Nickelodeon? Perché ogni colpo scena, teoricamente punto forte della trama, è intuibile 20 minuti prima che accada?

Probabilmente non il peggiore fra i film prodotti dalla casa della grande “N” rossa, ma senz’altro uno dei più banali ed evitabili, a conferma di come, ancora una volta, Netflix abbia fatto l’ennesimo buco nell’acqua quando si parla di produzione di lungometraggi originali.

Battuta migliore: “Sembra una follia, ma è una sensazione molto reale!”

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI