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Serial ma non troppo

“I May Destroy You” e l’importanza del consenso

La serie, che ha riscosso un enorme successo sia di pubblico che di critica, porta sullo schermo la storia di molte persone vittime di violenza e lo fa con un’onestà brutale

Scrivere non è facile, che si tratti di un romanzo, di un film o di una serie tv. Ogni formato ha le sue regole, i suoi principi, i suoi tempi e i suoi spazi. Ci vuole rigore, pratica e anche la genialità di saper trasformare un’esperienza personale in universale, permettendo a tutti di entrare a far parte di un universo fittizio che in un modo o nell’altro li trasformerà o li cambierà in qualche modo. E quando la storia che decidi di trattare è così delicata, struggente e forte, dalla durezza che oscilla fra un pugno in faccia e un secchio di acqua gelata, non solo – come autrice – sei sfrontata, ma anche coraggiosa, perché sai che ciò che stai per mostrare avrà delle ripercussioni, a causa delle tue parole, che colpiscono puntuali e precise come un colpo mortale. È stato così per Fleabag, il gioiello di Phobe Waller-Bridge, che nel suo drammatico ritratto di un’antieroina ha segnato una tappa molto importante della storia seriale. E lo sta facendo Michaela Coel, scrivendo, co-dirigendo e interpretando il suo capolavoro: I May Destroy You, per BBC One e HBO.

Arabella è una giovane scrittrice che vive a Londra. Dopo aver raggiunto una certa notorietà grazie all’infinito mondo dei social media, è ormai in procinto di realizzare il suo libro. Quando incontriamo Arabella (interpretata da Michaela, con un taglio di capelli immediatamente iconico) è in procinto di una scadenza molto importante, ossia la bozza del suo libro che deve consegnare l’indomani all’incontro con gli editori. Per finire in tempo, si reca in ufficio, ma l’ispirazione sembra proprio non accompagnarla. Decide di uscire per svagarsi brevemente con l’amico Simon, che l’accompagna insieme ad altre persone ad un bar. Quando Arabella fa per andarsene, sviene nel bel mezzo del locale.

Il giorno dopo, Arabella è a pranzo con la sua migliore amica Tracy. Le due parlano tranquillamente, quando l’amica le chiede in che modo ha scheggiato il telefono. La verità la colpisce bruscamente: Arabella si rende conto di non ricordare nulla della serata precedente, ma da quel momento in poi, viene sommersa da flashback, che riportano a galla gli eventi nascosti. Noi pubblico, con orrore, veniamo a scoprire tutto insieme a lei, a frammenti: è stata drogata ed è stata stuprata, da un uomo di cui non conosce l’identità.

Da quel momento la vita di Arabella cambia radicalmente: non solo deve confrontarsi con quello che è successo, ma deve fare i conti con il mondo intorno a lei che sembra inevitabilmente andare avanti incurante, con altri uomini che si approfittano di lei, nascondendo la gravità dei loro gesti attraverso scuse e manipolazioni. Insieme a lei, gli amici Terry (Weruche Opia) e Kwame (Paapa Essiedu), entrambi in un momento difficile della loro vita.

I May Destroy You non è per i deboli cuori, o per coloro che testardamente credono ancora nella vita plasticamente perfetta, romanticizzata che per anni ci è stata propinata sugli schermi. Niente è autentico: nella vita reale è tutto più sporco, meno esagerato, meno plastico. Non subito si è in grado di capire chi è il cattivo, soprattutto se il cattivo ha il bel visino di un editore, che minimizza la pratica sempre più diffusa dello stealthing, oppure se è il poliziotto incapace di gestire un caso di violenza sessuale subita da un ragazzo omosessuale.

I May Destroy You è forte, colpisce perché sbatte in prima visione, senza musica, senza romanticizzare, gli attimi più intimi e vulnerabili dei rapporti sessuali umani e tratta un argomento importantissimo, oggi più che mai: il consenso. È proprio questo a cui ruota attorno la storia di Arabella, il consenso in tutte le sue forme. La serie, che ha riscosso un enorme successo sia di pubblico che di critica, porta sullo schermo la storia di molte persone vittime di violenza e lo fa con un’onestà brutale, da cui è impossibile non rimanerne colpiti.

Scrivere non è facile, ma se sei Michaela Coel e hai scritto I May Destroy You, allora ci sei riuscita alla grande.

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