Un lettore di Bergamonews ci ha posto una domanda che, a dire il vero frulla in testa a molti, in merito al funzionamento dell’app Immuni, ideata per rendere più efficiente il tracciamento dei positivi al Coronavirus. Nonostante abbia scaricato l’applicazione appena è stata ideata, non è mai risultato in contatto con positivi e si chiede come sia possibile considerando che svolge un lavoro che gli fa in contrare molte persone.
“Vorrei condividere con voi una considerazione in merito alla App Immuni: sono tecnico esterno, ho lavorato anche durante la chiusura e mi sono sempre recato dai clienti seguendo tutte le procedure aziendali di sicurezza. Ho scaricato Immuni fin da subito. Lavoro nella provincia di Bergamo. Visito di media 5 clienti al giorno. Possibile che io non sia MAI entrato in contatto con un positivo?”.
Per avere una risposta abbiamo chiesto al professor Eugenio Santoro, direttore del Laboratorio di Informatica medica dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri.
“Dal punto di vista tecnico – spiega l’esperto – l’app funziona. Il lettore potrebbe non aver ricevuto notifiche per varie ragioni: la prima – che è anche la più probabile – è che per svolgere la propria funzione l’app deve essere scaricata anche dalle altre persone, in questo caso quelle che incontra nelle case mentre svolge il proprio lavoro. Al momento l’hanno scaricata poco più di 6 milioni di persone, che sono poche rispetto al numero degli italiani: corrisponde a meno del 10%. Non è escluso, quindi, che abbia incontrato positivi ma è facile che non abbiamo scaricato l’applicazione e non siano stati segnalati. Un altro aspetto da considerare è che Immuni è stata disponibile a partire da fine maggio e la fase acuta dell’epidemia era già passata, pertanto non è detto che i casi fossero così frequenti”.
In merito alle possibili motivazioni sui pochi downloads dell’app, il professor Santoro osserva: “Sin dall’inizio è stata presentata male: la maggior parte delle persone ritiene che con quel genere di applicazione possa essere tracciata nei suoi movimenti e peraltro non è vero perché il bluetooth, che è la tecnologia sulla quale si basa, non tiene traccia della posizione dove si trova l’individuo e dei luoghi che ha frequentato, rileva soltanto che è entrato in contatto con un telefono appartenente a un soggetto risultato positivo. Dal punto di vista della tutela della privacy, dunque, è sicura: nei mesi scorsi è stato spiegato ma nella popolazione la sensazione negativa è rimasta”.
“Scaricare l’app Immuni – conclude il professor Santoro – sarebbe utile se tutti lo facessimo: se almeno il 60% degli italiani se ne dotasse, il sistema funzionerebbe perché si affiancherebbe e faciltierebbe il tracciamento manuale perché non appena una persona dovesse diventare positiva, chi le è stato vicino negli ultimi 14 giorni verrebbe informato e potrebbe agire di conseguenza”.
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