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Report settimanale

Covid: oltre un milione di vittime nel mondo; in Italia più pazienti in terapia intensiva

Apriamo questo report con un segno di fiducia e di speranza: il Financial Times, in un articolo pubblicato sull'edizione online il giorno 22, promuove l’Italia a pieni voti per la gestione della pandemia.

Apriamo questo report con un segno di fiducia e di speranza: il Financial Times, in un articolo pubblicato sull’edizione online il giorno 22, promuove l’Italia a pieni voti per la gestione della pandemia. Dieci e lode al governo e ai cittadini rispettosi delle regole. La “dura lezione” imparata dall’Italia durante l’esplosione della pandemia, ha consentito al Paese di “tenere sotto controllo la seconda ondata” del virus. Vengono elogiate sia la gestione del governo Conte che il comportamento disciplinato degli italiani. Mentre la Spagna, la Francia e il Regno Unito soffrono una ripresa del Covid-19, il Paese ha saputo adattarsi dopo la prima e “brutale fase” della pandemia, scrive il quotidiano finanziario.

Gli esperti interpellati dal Financial Times indicano “tre ragioni principali” alla base della resilienza italiana. La prima ragione ha a che fare col fatto che l’Italia è stato il primo Paese in Europa ad affrontare l’emergenza e “il sistema sanitario e il governo hanno avuto più tempo per pianificare la fase post-lockdown e l’allentamento delle misure restrittive è stato più graduale” rispetto ad altri Paesi, “consentendo al governo maggiore agilità nel reintrodurre le restrizioni, laddove necessario”. Altra ragione del successo italiano, scrive ancora il Financial Times, “l’alta adesione dei cittadini” alle regole imposte con la pandemia e “severi controlli” da parte delle autorità. Infine, in Italia è stato realizzato un efficace sistema di test e monitoraggio e per questo c’è fiducia sul fatto che gli sforzi dell’Italia possano continuare a tenere il virus sotto controllo.

Seconda ondata (o terza?) in Europa

La seconda ondata sta investendo tutta l’Europa: in particolare nell’area orientale rappresenta l’ondata principale dopo una prima fase con numeri inferiori (Romania, Repubblica Ceca, Bosnia e Erzegovina, Bulgaria, Ungheria, Nord Macedonia), in altri casi si può configurare addirittura come terza ondata (Croazia e Montenegro), in altri ancora (Ucraina, Moldavia, Albania) trattasi ancora della prima non essendoci stati nel frattempo cali rilevanti.

Negli ultimi quindici giorni aumentano i casi in Spagna (+140.000) e Francia (+130.000), ma anche di Regno Unito (+70.000) e Ucraina (43.000), seguono altri Paesi tra 20 e 25.000 casi tra cui l’Italia.

Rapportando più correttamente alla popolazione, la Spagna ha un quinto dei casi totali in Europa negli ultimi 14 giorni, e la Francia ancora peggio, un quarto; di conseguenza i due Paesi stanno già approntando nuove misure di contenimento, ancora più severe di quelle adottate nelle settimane scorse. Anche l’Olanda ha già superato i valori della curva in primavera mentre si apprestano a farlo Portogallo, Belgio, Austria e Regno Unito.

Si confermerebbe in questo modo l’attuale classificazione dell’Oms, che inserisce l’Italia nel gruppo dei Paesi con trasmissione del virus caratterizzata da “cluster locali”: al di sotto del livello di “circolazione comunitaria”, insieme a Svezia, Polonia, Germania e Turchia, che viene invece attribuita ad altri Stati dell’Area geografica Oms Europa come Olanda, Austria, Belgio, Israele, Ucraina, Francia e Gran Bretagna.

La stessa commissaria europea per la Salute Stella Kyriakides ha affermato che “in alcuni Stati dell’Ue la situazione epidemiologica relativa alla Covid-19 è oggi persino peggiore di quella del marzo scorso, e questo è fonte di preoccupazione. Pertanto, gli Stati devono agire, perché questa potrebbe essere l’ultima occasione per evitare il ripetersi di una situazione come quella della scorsa primavera, quando buona parte d’Europa è finita in lockdown, cosa che ha provocato un crollo verticale dell’economia”.

I decessi

La seconda ondata in Europa si sta comunque caratterizzando da un livello di decessi notevolmente inferiore rispetto a quanto successo fra febbraio e aprile; ovviamente questa minor incidenza non deve essere comunque ignorata perché qualora il livello dei contagiati continuasse a salire con questi ritmi, prima o poi si arriverà al sovraccarico delle strutture sanitarie.

Nel mondo si è superato il milione di vittime e i 33 milioni di casi ufficiali, di cui più di 22 milioni considerati guariti. Si parla sempre di decessi ufficiali, perché il numero in realtà è sicuramente più alto se consideriamo la difficoltà, soprattutto in Africa e in altre zone povere del mondo, di identificare con esattezza tutte le morti per Covid-19.

In Italia

Da otto settimane la curva dei contagi da Coronavirus in Italia continua a crescere, così come il numero dei focolai attivi, ora poco meno di 3.000.

Nel rapporto del dicastero e dell’Iss si legge che “il virus oggi circola in tutto il paese”. Si conferma un aumento nei nuovi casi segnalati in Italia per la ottava settimana consecutiva con una incidenza cumulativa negli ultimi 14 giorni di 31,4 per 100mila abitanti.

Nello specifico vediamo come la distribuzione del virus non sia stata uniforme a livello nazionale. In particolare, possiamo notare come ai due estremi della classifica per incidenza dei nuovi casi rispetto alla popolazione residente si trovino Liguria e Calabria: la prima con 75,17 casi per 100.000 abitanti, la seconda con 9,61. Da rilevare peraltro che la gran parte delle positività riferite alla Regione Liguria sono state negli ultimi tempi concentrate nello spezzino e nella zona di Genova, mentre le province di Savona e Imperia sono state toccate solo in modo marginale.

Tornando all’analisi nazionale, le Regioni o Province autonome con un valore superiore alla media nazionale sono 11: Liguria (ricordiamo: 75,17 casi per 100.000 abitanti); Provincia autonoma di Trento (71,49); Provincia autonoma di Bolzano (59,39); Veneto (37,76); Emilia Romagna (34,47); Lazio (34,30); Toscana (34,30); Friuli Venezia Giulia (34,09); Campania (33,01); Sardegna (32,57); Umbria (31,58).

Ospedali e servizi sanitari assistenziali reggono, per ora, la nuova ondata, ma il tasso di occupazione dei posti letto in area medica, passato dal 4 al 5%, e il tasso delle terapie intensive, salito dal 2% al 3% con valori superiori al 10% in alcune Regioni, sono in aumento.

L’Rt medio, nazionale, calcolato sui soli casi sintomatici, è pari al 1%. Il rapporto tra il totale dei contagiati e il numero dei tamponi effettuati è al 2,9%. In settimana si sono superati i 300.000 contagiati (311.364) che equivalgono a circa 1 italiano ogni 200.

Il numero attuale dei malati è sopra 50mila (50323). Era dal 27 maggio che non si superava questo livello, quando furono 50.966, ma allora si era in fase discendente, e il calo era proseguito ancora mesi, fino ad arrivare al minimo del 24 luglio, dove si riscontrarono 12301 malati.

La buona notizia viene dai dimessi/guariti che sono 6487 a fronte dei 4753 della settimana scorsa, mentre sono aumentati i decessi, 31 rispetto a 25. Nuovo balzo degli ospedalizzati, saliti a 2977 con 502 persone ricoverate in settimana, contro le 353 della precedente. I pazienti in terapia intensiva sono cresciuti di una trentina di unità, in linea con il dato precedente. Continua a crescere anche il numero dei pazienti in isolamento domiciliare (47.082), ma con un incremento numerico inferiore ad una settimana fa.

Non è ancora possibile valutare l’impatto che l’apertura delle scuole avrà sull’andamento dell’epidemia. “Questo aspetto – scrivono infatti gli esperti – sarà valutabile a partire dalle prossime 2-3 settimane”. Intanto sono 400 gli istituti coinvolti (75 chiusi) di cui 84 in Lombardia.

Altro aspetto importante da sottolineare riguarda l’età mediana dei soggetti contagiati che, dopo essere salita repentinamente in sole tre settimane da 29 a 41 anni, si è stabilizzata su questo valore.

Bergamo e Lombardia

Situazione sotto controllo a Bergamo e in Lombardia (a eccezione della città di Milano dove i casi sono cresciuti più della media), senza particolari tensioni negli ospedali e nei dati complessivi.

L’ultima annotazione riguarda la decisione del Comitato tecnico scientifico (Cts) che, sulla base degli attuali indici epidemiologici ed in coerenza con quanto più volte raccomandato, ritiene che non esistano al momento le condizioni per concedere ulteriori aperture al pubblico agli eventi sportivi, che restano quindi limitate a 1000 persone all’aperto e a 200 al chiuso.

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