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Lo sguardo di beppe

La Chiesa ribadisce il No al suicidio e nega i funerali: un passo indietro

Qual è il senso di questa scelta della Chiesa cattolica, diffusa nei giorni scorsi?

Eutanasia, suicidio assistito e aborto sono “crimini contro la vita umana”. Con tali atti “l’uomo sceglie di causare direttamente la morte di un altro essere umano innocente”. È la lettera Samaritanus bonus approvata da papa Francesco a giugno e pubblicata martedì 22 settembre dalla Congregazione per la dottrina della fede.

Se il progresso nella Chiesa cattolica è quello al quale assistiamo, forse è meglio fare un passo indietro e fermarsi a riflettere.

Negare il funerale religioso a coloro che decidono di togliersi la vita è una barbarie. Quel giovane, crocefisso perché predicava l’amore verso tutti, sentimento fastidioso per i costruttori di paure e di ostacoli di ogni tempo, avrebbe contestato duramente una decisione del genere. È un regredire involutivo che si scosta dalla missione di accogliere tutti, di amare tutti, di perdonare tutti.

Qual è il senso di questa scelta della Chiesa cattolica, diffusa nei giorni scorsi?

Che la Chiesa cattolica, da tempo, sia diventata un’agenzia etica che stabilisce cosa è bene e cosa è male, è un fatto assodato. Che nel suo evolversi si sia progressivamente scostata da quel codice che avrebbe dovuto guidarne l’azione è altrettanto chiaro. Burocrazia, teologia, ricchezze e quant’altro, l’hanno distolta dal compito principale assegnatole dal Cristo.

La teologia non moltiplica il pane ed i pesci. È una parte della filosofia che si occupa di dimostrare che Dio esiste, ma è un dibattere, a mio modo di vedere, improduttivo perché se una persona scopre Dio, stabilisce con lui il suo personale dialogo che può essere di invocazione, di preghiera, di supplica, di richiesta di protezione. Dio è un problema personale e può anche non coincidere con quella figura, resa quasi antropomorfa, che eterni dibattiti e migliaia di pagine che ne han parlato, non sono riusciti che a stereotipare come il REX tremendae maiestatis”.

Così facendo, han fatto sì che divenisse oggetto di discussioni, spesso anche violente, nelle quali le diverse tesi interpretative circa l’essenza divina han creato fratture all’interno della chiesa stessa, han dato luogo a scismi (definiti tali dalla Chiesa cattolica), a guerre e a disumani roghi.

Il bene e il male sono categorie che esistono da sempre e che non sono appannaggio della Chiesa Cattolica che con pieno diritto, ci mancherebbe altro, elenca ciò che secondo il suo magistero ritiene essere buono o cattivo. Suona un po’ presuntuoso l’attributo “cattolica”, termine di origine greca che sta ad indicare l’universalità della quale vorrebbe ammantarsi. Ma se è vero che Cristo amava gli ultimi, i diseredati ed i poveri, perché escludere dal suo amore coloro che per sofferenze fisiche, morali o spirituali, decidono di rinunciare alla vita?

È facile per coloro che vivono questi eventi dall’esterno, liquidare un suicidio, imputando a chi lo commette debolezza, mancanza di coraggio per proseguire nella vita che è un dono. Certamente la vita è un dono, ma alcune volte questo regalo diventa troppo pesante da reggere.

Io non me la sento di condannare coloro che rinunciano a rimanere in questo mondo, sempre più difficile da percorrere, perché affetti da gravissime patologie invalidanti che tolgono la possibilità di condurre una vita al limite della decenza, incapci di svolgere qualsiasi funzione in termini autonomi.

Avreste il coraggio di definirli vigliacchi? La sofferenza purifica l’uomo, così si dice in certi ambiti religiosi. A me sembra solo una mancanza totale di realismo e di pietà nei confronti di talune sofferenze che portano con sé la disperazione causata dall’impossibilità di accudire se stessi e lo sfinimento dovuto alla sopportazione del dolore.

Vorrei aggiungere che quanto descritto, ascrivibile alla sofferenza fisica, riguarda anche i disagi interni, le difficoltà oggettive causate dai più disparati motivi che possono portare a conseguenze estreme, quando chi ne è afflitto non vede altra via d’uscita se non quella di sparire dal mondo, scegliendo l’oblio e la pace del sonno eterno nel quale tutto si diluisce fino a sparire.

Per cui, rimando tutti i censori di questo gesto che mi rifiuto di definire vigliacco e che anzi, propendo a considerare, talora, coraggioso, ai meravigliosi versi di una canzone dolcissima, scritta da Fabrizio De Andrè: “Preghiera di gennaio”, composta dopo il funerale dell’amico Luigi Tenco. Lo spunto della composizione è stato ispirato all’autore dalla poesia francese “Prière” del poeta Francis Jammes.

In questa toccante preghiera, si chiede a Dio di accogliere tutti coloro che hanno scelto di darsi la morte perché oppressi dall’odio e dall’incomprensione di un mondo distratto e pieno di cattiveria, spesso frutto dell’albero dell’ignoranza.

Signori della Chiesa Cattolica, io rispetto le vostre credenze. Ma quando la vostra dottrina invece di includere, esclude con proclami ufficiali, i deboli, gli indifesi per mille motivi, coloro che han paura e che tremano, coloro che sacrificano la propria vita perché si sentono soli ed emarginati, coloro che immobilizzati in letti di atroci dolori non chiedono che la tregua alla disperazione e alla sofferenza, ebbene, credo che vi stiate scostando dall’amore che Gesù Cristo (dal quale mutuate il nome di Cristiani) ha predicato ed in nome del quale, conscio del suo atroce destino, ha professato anche dal patibolo, perdonando i suoi carnefici.

Non sono un teologo. Sono un uomo che vive in questa società complessa sulla quale pesano come macigni i condizionamenti che da diverse parti arrivano, siano essi politici o religiosi. La Teologia è una palestra di pensieri alti e nobili ma astratti. L’amore si può attuare ogni giorno concretamente, tendendo la mano ai più sfortunati e non infliggendo ulteriori paure e scomuniche a coloro che decidono di andarsene rifiutando la vita che ha riservato loro troppo dolore.

Da Preghiera di gennaio:
Quando attraverserà/L’ultimo vecchio ponte/Ai suicidi dirà/Baciandoli alla fronte:
“Venite in Paradiso / Là dove vado anch’io
Perché non c’è l’inferno/Nel mondo del buon Dio”.

E continua:

”Dio di misericordia/Il tuo bel Paradiso/Lo hai fatto soprattutto/
Per chi non ha sorriso/Per quelli che han vissuto/
Con la coscienza pura/L’inferno esiste solo/Per chi ne ha paura.”

E in un altro brano che rappresenta, a detta di tutti i critici, il testamento spirituale del poeta cantautore, ancora una volta si scopre il suo dialogo con un Dio più vicino all’uomo e alle sue disperazioni, allorché scrive:

”Ricorda Signore questi servi/
disobbedienti alle leggi del branco/
non dimenticare il loro volto”.

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