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Bergamo

I ragazzi si sentono sicuri in ospedale fra mascherine e distanziamento?

Cosa si prova oggi entrare al Papa Giovanni XXIII dopo la pandemia e i morti bergamaschi

All’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo è un giorno nuovo in quanto sono state tracciate le linee per un abbozzo di normalità.

Una donna legge il giornale baciata dal sole e riflette sul paese, sull’economia e su quello che il barbiere del marito racconta sul 5G. Altri camminano veloci inseguiti dalla frenesia della vita, dei pensieri e, forse, dalla paura di questo virus.

All’interno l’ospedale è più colorato: sul pavimento ci sono delle linee rosse per evidenziare le distanze da mantenere, e dei pois verdi e rossi che indicano le direzioni da prendere.

Insomma, un giorno come un altro in un modo che però non è più quello di ieri. Lo dicono anche i ragazzi seduti di fianco a me; parlano dei nonni che il virus gli ha strappato e di come, invece, la nonna di lei sia sopravvissuta al Covid nonostante un tumore in corso.

In molti dicono che i giovani non danno al Coronavirus l’importanza che effettivamente ha e non hanno tutti i torti. Come in ogni faccenda italiana, però, se da una parte c’è quel menefreghismo egoista che ingenuamente viene applicato a qualsiasi situazione, dall’altra c’è un’Italia costituita da giovani che soffrono, che lottano, che hanno paura e che non prendono il virus sotto gamba.

È il caso di Cristina, 31 anni.

Hai paura di essere oggi in ospedale?

No, perché sono sicura che abbiano fatto un buon lavoro e quindi ci curano alla perfezione, dandoci sostegno psicologico e fisico per guarirci su al meglio.

Mi sento tranquilla a camminare per l’ospedale; mi sento tranquilla perché ci sono i medici.

Più tardi incontro Davis che ha quindici anni; è stato in ospedale perché doveva essere sottoposto al tampone e qui si è sentito tranquillo, crede che le norme siano rispettate alla perfezione, sottolineando che tutti stanno svolgendo il loro lavoro al meglio.

ospedale bergamo papa giovanni

Tu, da ragazzo, ti senti tranquillo a uscire di casa?

Sì, è tutto come prima, ma con la mascherina. Bisogna stare attenti, certo, ma non sono agitato.

Siria ha quasi 17 anni ed è stata in ospedale per due giorni di fila.

Il giorno prima, per fare tre esamini semplicissimi, è stata qui dalle tre di pomeriggio fino all’una di notte. Ha una situazione fragile e deve essere seguita. Mi racconta di non essersi sentita per niente sicura. Deve prendere dei farmaci che sono fondamentali e ha notato poca comunicazione tra i medici dei vari reparti. Ogni volta ha dovuto ricominciare a raccontare la sua situazione e cosa aveva già fatto. Questo le ha fatto perdere tantissimo tempo e l’ha fatta stare in ospedale più del dovuto.

Pensi che questa situazione sia dipesa dal Covid?

No. È sempre stato così. Per la situazione Covid stanno lavorando al meglio. Non sono del tutto sicura qua in ospedale, ma non perché il personale medico e sanitario non stia lavorando bene, ma perché sono io che mi agito per il virus. Anche tornare a scuola sarà complicato.

Io non ho ancora iniziato, ma ho già capito quanto siano una sciocchezza i banchi con le rotelle. Non sono fissi, si muovono; come facciamo a rispettare un metro di distanza?

Io faccio l’artistico e non ho una classe fissa, così come nessuno studente. In sei ore posso arrivare a cambiare sei classi dove è stata altra gente che anche con la mascherina ha toccato i banchi, ha respirato l’aria e toccato di tutto.

Infine possiamo parlare dell’intervallo in classe? Invece che farmi uscire a respirare mi tieni in classe con altra gente a fare assembramento? Davvero?

Quando incontro Fatu, ragazza di vent’anni, e le chiedo come sia andata in ospedale, alza gli occhi al cielo e ride con altre ragazze che sono con lei.

“In ospedale è andato tutto bene – racconta – i medici fanno rispettare le distanze e tutte le norme sono state applicate. Mi sono sentita un po’ a disagio quando ero nella sala d’aspetto perché è un ambiente chiuso ed ero con degli sconosciuti. Da persona giovane posso dire che non ho paura a spostarmi, mi sento sicura, ma tengo sempre la mascherina.”

Posso chiederti se prima hai esordito alzando gli occhi al cielo per qualcosa legato alla situazione Covid in ospedale?

No no, non riguarda il Covid. Ma credo che il virus renda la situazione abbastanza pesante e credo che questo renda le persone più nervose. Infatti ritengo che le persone abbiano delle reazioni troppo calde quando, invece, bisognerebbe prendere tutto più alla leggera, perché è una situazione pesante per tutti.

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