Lo skyline di Bergamo alta campeggia praticamente sul bordo di ogni piatto, orgoglioso e compiaciuto. Come a voler sottolineare che qui, in questo ristorante nel centro cittadino, anche se il fine dining non sta di casa i dettagli non sono comunque dimenticati.
All’Osteria della Anetì tutto è apparecchiato, non solo in senso letterale, per parlare di Bergamo e della sua storia enogastronomica. Qui si rivendica con fierezza una cucina che non sempre ha gli onori che merita, ma che ha poco da invidiare a quella di altre città.
Il primo assist ce lo offrono, guardinghe, le pareti del locale: sono gialle polenta. Un colore che al primo impatto ti può risultare tutto il contrario di sobrio, ma poi capisci che non è lì, così, per caso. E rinsavisci. La tua prospettiva cambia in un batter d’occhio. Più guardi quelle pareti e più ti convinci di avvertire sotto al naso quel profumo (perché di profumo si tratta) di bruciacchiato che solo un paiolo di polenta sa emanare. Per un bergamasco che si rispetti è una sensazione che sa di domenica, di famiglia, di condivisione.
Perché, diciamocelo chiaramente, quale preparazione è fatta per essere condivisa più della polenta? A pasta fine o più grezza, taragna o liscia, la polenta è nata per riunire allo stesso tavolo più commensali. Una colata gialla che ha sfamato intere generazioni e che oggi rivendica ancora il suo ruolo da protagonista in posti così, come l’Osteria della Anetì.
In via Pinamonte da Brembate la polenta è proposta come antipasto, come primo e come contorno, ma anche come secondo e perfino come dolce. L’impressione è che se si potesse, qui sarebbe servita farina di mais anche al posto dello zucchero per il caffè (per chi ha l’insana abitudine di zuccherare il caffè).
Il menù – simpaticissimo – è scritto prima in dialetto bergamasco e poi tradotto in italiano. Così, tanto per mettere le cose in chiaro.
C’è il meglio che la cucina orobica possa offrire: tra i primi si spazia dai casoncelli agli scarpinòcc, dalla selvaggina al minestrone di verdure. Ci sono anche dei ravioli di polenta e taleggio e perfino la ciotola di polenta e latte, il pranzo per eccellenza che gli allevatori bergamaschi consumavano in alpeggio.
A proposito. Polenta e latte è pura magia: in questo caso, non avendo a disposizione quello appena munto, dalla cucina hanno pensato bene di allungare il latte intero con della panna fresca e del mascarpone. Un mattone per lo stomaco? Macché, una vera goduria per il palato. Ogni boccone è un viaggio tra le valli bergamasche, una visita a nonni e bisnonni che con preparazioni come questa sono letteralmente cresciuti.
Promossi anche i casoncelli, perfetti per chi li ama nella versione che prevede una pasta meno spessa del solito. Nel ripieno si percepiscono carne e Grana di buona qualità, e pure degli amaretti.
Tra i secondi ci sono gli immancabili stufati, il cinghiale, il coniglio (of course!), le quaglie, lo stinco e la trippa al pomodoro.
Il manzo stufato al Cabernet che ci viene servito con della polenta taragna potrebbe essere più morbido, ma è comunque un piatto ben fatto. Con un paio di chiodi di garofano in meno avrebbe sfiorato la perfezione. Bella l’idea di inserire quasi a fine cottura parte della cipolla per evitare che finisse tutta sfaldata, nel fondo.
Tra i secondi della Anetì ci sono anche i cosiddetti piatti unici: noi assaggiamo quello del “Piero” con Branzi fuso, polenta taragna e strinù (la salamella strinata alla griglia). Sapori di Bergamo, semplici e trattati bene.
Ma il vero colpo da novanta nel locale di via Pinamonte lo piazzano tra i dessert, col gelato di polenta e latte: un dolce pensato da una mente brillante e realizzato davvero bene, con la farina di mais che si riconosce, ben distinta, a ogni cucchiaiata. Probabilmente non piacerà a tutti per via di quella consistenza piuttosto strana che riserva in bocca; in realtà è una preparazione buona e divertente. Da assaggiare, se passate di lì.
Senza salti mortali ma ben fatto anche il semifreddo al torroncino.
In conclusione. L’Osteria della Anetì è un posto dinamico e ospitale, nel quale è difficile non stare bene. Il servizio è attento e ha un ritmo incredibile: a Bergamo ci sono pochi locali – anche di fascia medio-alta – che viaggiano così bene e così veloci. D’accordo, l’ambiente è leggermente rustico, ma è perfettamente calibrato con quello che uno si aspetta di trovare in un ristorante simile. Anche il conto è in perfetta linea con la proposta: con meno di 30 euro a testa si mangia tanto e (soprattutto) bene. Se siete alla ricerca di un’esperienza gourmet capitate proprio male, ma se cercate qualcosa di tradizionale e gustoso, cucinato con onestà, l’Anetì fa proprio al caso vostro.
OSTERIA DELLA ANETÌ
Bergamo, via Pinamonte da Brembate, 10 – 24121
Tel. 035 214015
Prezzo medio: 25 euro a persona
Chiuso il lunedì e il martedì
Questa recensione non è frutto di una cena-stampa e il giornalista non ha ricevuto favori, regali o servizi in cambio del proprio giudizio. Non si è palesato né prima né dopo il pasto, rispettando rigorosamente la legge dell’incognito, unica vera tutela del lettore.
“Senza prenotazione” non vuole essere solo un omaggio al grande Anthony Bourdain, ma anche una guida sincera e onesta per chi cerca un posto in cui mangiare a Bergamo e provincia.
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