Ormai siamo arrivati a pochi giorni dalla ripresa delle lezioni e, se tra i dirigenti scolastici e il personale docente la mente, forse, inizia a frenarsi consapevoli di aver fatto tutto il possibile e che tutto sia pronto alla riapertura, la preoccupazione per quello che sarà regna sovrana nei pensieri degli studenti.
Loro che a fine febbraio hanno abbandonato quelle aule scolastiche che non ritroveranno più come prima, inconsapevoli che quella fosse l’ultima volta e, per alcuni, l’ultima campanella e che un countdown per l’ultimo giorno di scuola si sarebbe trasformato presto in un lockdown. Loro che, chi più e chi meno, bravi e diligenti hanno accettato che tutto cambiasse e si sono armati di video lezioni e PC per cercare di aggrapparsi agli ultimi pixel di normalità.
Ognuno di loro, adesso, si appresta a ritornare sui banchi (nuovi anch’essi) e a rispettare le regole su cui nelle ultime settimane sono stati formati tramite le e-mail dalla scuola, consapevoli che, gran parte di quello che potrà succedere nel prossimo futuro, dipenderà da loro e dal loro senso di responsabilità.
Un peso che inizia a farsi sentire, come racconta Michael, studente di quarta dell’Istituto Tecnico Commerciale Vittorio Emanuele di Bergamo: “La mia più grande paura è di ammalarmi e di contagiare i miei genitori. Anche se sono state prese tutte le misure ho paura di ricominciare perché credo che, a lungo andare, le norme non verranno rispettate, specialmente per noi che siamo una scuola di 1200 studenti. Ho ricominciato il calcio e già lì inizia ad esserci leggerezza nell’uso delle mascherine”.
Dello stesso pensiero anche Martino Perondi, rappresentante di Istituto del Liceo Lussana, che si fa portavoce della sua comunità studentesca: “Siamo tutti abbastanza scettici sul rispetto delle norme: con il tempo non verranno rispettate e siamo tutti preoccupati che ricapiti per questo motivo un altro lockdown. Un altro timore è che vivremo male la scuola, come se fossimo prigionieri dell’istituto: non potremo viverlo realmente, partendo prima di tutto dall’intervallo”. Segue a ruota anche Cecilia, diplomanda del Liceo Classico Paolo Sarpi: “Per i corsi di recupero ho già iniziato a frequentare la scuola e ci sono moltissime limitazioni nel modo in cui potremo viverla: la mia classe è molto attiva nella quotidianità scolastica e potremo fare pochissimo di tutti i progetti e i gruppi a cui vorremmo dare vita per vivere al meglio il nostro ultimo anno. Così facendo è come se fossimo ancora a distanza”.
Alcuni avrebbero anche continuato la didattica a distanza con cui si sono trovati bene, nonostante la mancanza del gruppo classe e di tutto ciò che ruota attorno ad un giorno alle superiori.
Come Jacopo del Vittorio Emanuele che racconta: “mi trovavo bene, non pensavo che riaprissero subito a settembre le scuole”, così come il suo compagno Davide che afferma “avrei continuato con la didattica a distanza, almeno finché i contagi non fossero più stati così altalenanti: ho molta paura di essere asintomatico e di contagiare i miei nonni anche se la mia scuola è molto efficiente e chiara nelle indicazioni da seguire” e Chiara, studentessa dell’ISIS Romero di Albino, “con la Dad mi sono trovata benissimo, ero anche molto meno stressata e riuscivo ad organizzarmi meglio con lo studio. Credo che per tutti e i nove mesi di scuola le regole non verranno rispettate”.
Voce fuori dal coro, invece, Andrea Paulicelli, Rappresentante della Consulta del Secco Suardo: “Io, invece, ho molta paura di tornare in Dad. Mi è mancato tanto non andare a scuola: è stato tutto molto nozionistico, dando l’importanza all’istruire e non all’educare. È stato pesante. Certamente sono preoccupato per il rientro, specialmente per i miei nonni, ma ho bisogno di tornare alla normalità, alla mia scuola, sentendo, anche se dietro ad un filtro, il contatto umano”.
La paura che, invece, accomuna tutti quanti, senza nessun escluso, è relativa ai trasporti pubblici sempre carichi di studenti nelle ore di punta.
“Io vengo da Alzano per frequentare il Vittorio Emanuele – racconta Diletta – e prendo il tram delle Valli che è sempre tutti i giorni pieno di gente, tanto da riuscire a stare in piedi solo grazie agli altri che ti schiacciano. Mi fa molta paura perché so che nessuna delle indicazioni circa i trasporti verrà rispettata. Anche se la Dad non è la vera scuola e mi è mancato tantissimo il gruppo classe, pensavo che le scuole riaprissero piano piano dopo aver risolto del tutto la questione trasporti. Penso anche che sarebbe stato il caso di far fare ad ognuno di noi il tampone”.
A lei si uniscono anche Gaia e Clara dell’ISIS Romero di Albino preoccupate per il tragitto che tutti gli studenti della scuola devono compiere in bus dalla stazione del Tram e della SAB per arrivare all’istituto: “mancano pochissimi giorni e ancora non si sa niente circa gli orari dei pullman, sono sfiduciata perché mi sembra che le regole siano state messe lì a casaccio”, racconta Clara, “non inizio serena – continua Gaia –specialmente per il bus dove è impossibile rispettare le direttive date. E anche se venissero rispettate a scuola, fuori non è così e si rischia di ricominciare tutto da campo”.
“Cerco di non pensarci, di restare attento e di non agitarmi, ma la paura c’è, specialmente per il mio caso che sono asmatico. Mi fa paura come gli altri vedono il virus così come l’idea di prendere di nuovo un pullman pieno di sconosciuti che non so se sono stati responsabili”, conclude Alessandro, studente di seconda al Liceo Classico Paolo Sarpi.
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