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La curiosità

I nuovi limiti dell’assurdo di Camus: i terrapiattisti e Ustica

Si tratta di una vicenda che potrebbe lasciare gli occhi dei disillusi (o solo realisti) un po' lucidi, come se guardassimo un adulto scoprire a cinquant’anni che Babbo Natale non esiste.

Lo scrittore francese filosofeggia nel non senso, come la coppia veneziana naviga in teorie insignificanti.

Durante il lockdown i due protagonisti partono dal Veneto dirigendosi a Lampedusa in cerca di prove del fatto che la terra sia piatta. Disorientati approdano a Ustica e dopo una quarantena vengono rispediti a casa, lungo un tragitto a loro sorpresa sferico.

L’innata aspirazione umana all’eternità delusa dalla finitudine del mondo.

Noto anche come il padre della filosofia dell’assurdo, Camus espone brillantemente le conseguenze della sua visione di vita nel libro ‘Il mito di Sisifo’. Senza fornire definizioni vincolanti, egli afferma poeticamente che l’assurdo è nell’esistenza, nel momento in cui si contrappongono i due estremi della stessa: l’uomo e il mondo. Questo eterno confronto pone una condizione di assurdità a base della vita umana, perché il soggetto desidera conoscere la verità, l’unità, l’ordine, ma davanti si ritrova solo una realtà limitata, disordinata, irriducibile al controllo della propria ragione. E tale consapevolezza è l’unica premessa per una vita autentica che, secondo il pensatore, non deve cercare soluzioni comode nella religione, o sollievo in illusorie speranze. In accordo con Pascal, la figura dell’uomo acquista nobiltà nella misura in cui si capacita della propria miseria, in quanto egli è una ‘canna pensante’, cioè di poco valore, ma almeno consapevole.

I terrapiattisti, d’altronde, sono solo umani.

Non c’è da stupirsi nel leggere sulle pagine dei giornali di un’impresa del genere: cercare nelle cose tangibili i segni di un’idea astratta. Un po’ il contrario della filosofia che invece astrae il concreto. Ma torniamo ai fatti: l’azione della coppia di congiunti (per restare fedeli al lessico di cronaca da pandemia) sarebbe vista da Camus con enorme commozione, affetto, forse con un filo di pietà. Essendo lui un osservatore privilegiato, cioè colui che adotta la sua filosofia a metodo di vita, è un uomo assurdo e quindi abituato e vedere nel mondo contraddizioni, controsensi, con il vantaggio (forse) di accettarli. La coppia veneta invece, da creature umane meno evolute in quanto meno consapevoli della loro misera condizione, incarnano perfettamente l’ambizione sostanziale alla ricerca del senso, un senso che la teoria della terra piatta gli illude di trovare. In questo consiste la loro miseria: ancora sperano di arrivare a risposte, prove, certezze. Ma la realtà all’altro capo dell’assurdo li fa rimbalzare a casa delusi. E siccome accade sempre, una conseguenza utile sarebbe non sperare più.

È inutile cercare vie di fuga dall’inaccettato.

Si tratta di una vicenda che potrebbe lasciare gli occhi dei disillusi (o solo realisti) un po’ lucidi, come se guardassimo un adulto scoprire a cinquant’anni che Babbo Natale non esiste. Certo, è più incredibile non accorgersi della forma del pianeta su cui si vive, ma in fondo chi siamo noi per giudicare due pseudoscienziati in missione per verificare una teoria? Nessuno. Siamo uomini assurdi, se anche noi come Camus accettiamo che la vita si gioca nella contrapposizione tra slancio del desiderio e insoddisfazione per il risultato. Siamo come i terrapiattisti se, davanti alla scontentezza e la non accettazione di ciò che è un dato di fatto (come l’assurdità dell’esistenza), riponiamo speranza in qualcosa che non conosciamo con certezza (una divinità, un ideale inventato). La vita in ogni caso, è nelle sfumature tra bianco e nero, tra eterno e finito, tra sogno e realtà. Il mito di Sisifo ci insegna a star nel mezzo accettando la posizione, senza cancellare nessun colore o sperarne di nuovi.

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