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La gestione dell'emergenza covid a bergamo

“Un Piano pandemico esisteva dal 2007, ma è stato ignorato”

Secondo l'Agi l'allora l'Asl aveva redatto un piano locale che prevedeva dispositivi di protezione per i medici di base, 'procedure ad hoc' nelle Rsa e incremento dell’assistenza domiciliare. La replica: "Oms cambiava sempre indicazioni, come poteva esserci un piano giusto?"

“Nel 2007 l’Asl di Bergamo, poi diventata Ats, aveva redatto un piano pandemico locale che prevedeva, tra le altre cose, stoccaggi dei dispositivi di protezione per i medici di base, ‘procedure ad hoc’ nelle Rsa per affrontare l’evenienza, l’incremento dell’assistenza domiciliare e molto altro”.

Lo scrive l’agenzia giornalistica Agi, che ha ottenuto il documento “per la gestione delle emergenze sanitarie in caso di pandemia influenzale” attraverso un accesso agli atti. “Prevedeva una serie di misure di prevenzione, molte delle quali mai applicate – si legge – che avrebbero potuto rendere meno gravoso il bilancio della vittime in una delle province più colpite nel mondo dal coronavirus, dove i morti sono stati oltre tremila”.

Il dossier, di circa 40 pagine, conterrebbe decine di nominativi di riferimento di funzionari e dirigenti preposti alla sua attuazione coi relativi recapiti telefonici, molti dei quali nel frattempo andati in pensione. Non sarebbe mai stato aggiornato.

“Nella premessa al documento – riporta sempre l’Agi – viene spiegato che nell’ottobre del 2006 è stato redatto un Piano pandemico regionale lombardo, e a dicembre la Direzione Generale della Sanità ha precisato che ogni Asl dovesse disporre un Piano locale ‘finalizzato all’attuazione degli interventi secondo le priorità previste dal livello nazionale declinate nel documento regionale'”.

Il documento della Asl preciserebbe anche come la suddivisione della catena di comando nelle 6 fasi della pandemia, dalla prevenzione alla fase in cui esplode: Direzione Generale Sanità, quindi Regione, e Asl nelle fasi 1, 2 (monitoraggio e sorveglianza) 3, 4 e 5 (coordinamento assistenza primaria e specialistica), che vengono affiancate dalla Prefettura e dall’Unità di Crisi nella fase 6 (interventi di tutte le strutture operative, tecniche e sanitarie addette al soccorso).

Il tema delle responsabilità nell’attuazione degli interventi che avrebbero potuto mitigare gli effetti della pandemia, ricorda l’Agi, è al centro di un’indagine in corso della Procura di Bergamo.

Le reazioni

“Ci erano state date tutte le linee guida dall’Oms e dall’Europa – commenta Consuelo Locati, legale del Comitato ‘Noi Denunceremo’ di cui fanno parte tanti bergamaschi che hanno perso dei familiari e denunciato possibili responsabilità di Stato e Regione -. Se le avessimo seguite, avremmo avuto gli strumenti per affrontare una situazione di questo tipo. Di fatto questa mala gestione prosegue con il mancato tracciamento obbligatorio immediato dei turisti italiano di rientro dai Paesi a rischio e, prima ancora, con la riapertura delle discoteche e la successiva chiusura per l’incremento dei contagi. Ci chiediamo cosa deve accadere ancora perché chi è responsabile di tutto questo decida di assumersi le proprie responsabilità”.

Diverso il parere dell’avvocato Angelo Capelli, nominato a maggio come consulente legale dall’Ats di Bergamo sulla gestione dell’emergenza: “L’Oms – dichiara all’Agi – ci ha mandato una serie di alert sbalestrati, siamo andati avanti fino a metà aprile a fare cose che diceva l’Oms ma che erano sbagliate. È mancato l’incipit, in questa storia”. Infine si domanda: “Come faceva a esserci un piano giusto se ogni settimana l’Oms cambiava le indicazioni?”.

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