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Parola agli esperti

Verso il referendum: le ragioni del sì, del no e dell’astensione

Bergamo si prepara per il referendum di settembre. Cosa votare? Abbiamo intervistato tre esperti della Legge.

L’appuntamento politico settembrino a cui Bergamo si sta preparando è il referendum costituzionale confermativo del taglio dei parlamentari che si terrà domenica 20 e lunedì 21 settembre, con una grande novità: non si voterà più nelle scuole, ma in altri spazi del Comune come i centri giovanili, i musei e il Municipio. (LEGGI QUI)

“Approvate il testo della legge costituzionale concernente ‘Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari’, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.240 del 12 ottobre 2019?” è la domanda che si troverà stampato sulla scheda.

Il quesito è confermativo, chi vota Sì approva l’entrata in vigore del taglio dei parlamentari; chi vota No, invece, vuole l’abrogazione della legge. Non ci sarà il quorum: l’esito delle votazioni determinerà l’entrata o meno in vigore della legge a prescindere da quanti cittadini andranno alle urne.

Votare sì o no, quindi? O astenersi? Per gli indecisi o, anche, per chi è in cerca di una conferma definitiva per la propria scelta, abbiamo intervistato tre esperti della Legge che rappresentano, rispettivamente, la voce del sì, del no e dell’astensione.

Le ragioni del sì

“Il mio è un Sì critico. Non sono certamente privo di dubbi, ma la scelta più saggia è un sì, anche se vedo delle ombre – dichiara Filippo Pizzolato, professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico all’Università degli Studi di Padova e di Dottrina dello Stato all’Università Cattolica di Milano – Questa riduzione del taglio dei parlamentari deve essere interpretata non come sfiducia, ma come una richiesta di maggiore autorevolezza da parte del Parlamento e una richiesta rivolta ai partiti, come mediatori della rappresentanza parlamentare, di una maggiore credibilità. Secondo rilevazioni di Demos, i partiti sono l’istituzione che stabilmente occupa l’ultimo posto nella fiducia degli italiani, al penultimo posto c’è il Parlamento, come istituzione che più di altri paga il senso di sfiducia che i cittadini nutrono nei confronti dei partiti. Io capisco che sarebbe stato preferibile intervenire in questo scollamento con una legge ad hoc per i partiti, ma nonostante questo referendum affronti e cerchi di risolvere solo una parte del problema, penso che comunque questo voto possa avviare dei processi che hanno l’obiettivo di ristabilire la rappresentanza: un circuito virtuoso tra eletti ed elettori, stimolando delle condotte diverse. Il vero nemico della rappresentanza è che è svuotata di senso. I cittadini non sentono veramente i propri rappresentanti all’interno del tessuto sociale, ma li considera come una casta vuota. Perciò i cittadini non percepiscono il taglio dei parlamentari come una ferita, ma come un’operazione che riduce i privilegi del potere. Per cui dovremmo mirare tutti a ridare senso per cambiare un trend sociale molto negativo. Ma anche se vince il sì la battaglia non è finita, anzi, si aprirà la lotta che vuole ridare senso alla rappresentanza, magari istituendo un Senato delle autonomie territoriali, come è in Germania”.

Le ragioni del No

“È necessario sottolineare il fatto che la riduzione del numero dei parlamentari non è necessaria, non è affatto detto che sia utile e può essere pericolosa – dichiara Marco Azzalini, avvocato e professore di Diritto privato e Diritto dell’Informazione nell’Università degli Studi di Bergamo – Prima di tutto perché è incivile dal punto di vista giuridico perché questa non è una riforma istituzionale organica, ma di facciata, fatta esclusivamente per seguire una malsana voglia di anti politica e per dare l’idea alla gente che ci sia un risparmio di qualche tipo. Non c’è l’idea di una conservazione della rappresentanza adeguata, ma c’è l’idea che i parlamentari siano troppi, non facciano niente, godano di privilegi: si cavalca solo l’onda di questo background culturale molto sbagliato. Si dovrebbe tenere presente, invece, che se si toccano i nodi del sistema senza un disegno organico e una visione delle cose che spieghi complessivamente il perché e il come le cose funzionano meglio, si potranno avere effetti imprevedibili e dannosi. Il sistema viene mutilato da una parte, senza che si possa valutare qual è il contrappeso reale. Io più di tutto trovo grave che si sia deciso di fare una riforma di questo tipo in questo modo, in maniera raffazzonata e talmente parziale da renderla inutile e pericolosa, senza tenere minimamente conto degli effetti concreti e pratici che ne deriverebbero e del funzionamento delle camere conseguente a questa operazione. Procedere in questo modo è un segno di ignoranza istituzionale. Aggiungo anche che il risparmio che si potrebbe avere sarebbe ridicolo rispetto alle altre possibilità di risparmio che si potrebbero avere con altre riforme. Si parla di questa questione senza sapere cosa si sta facendo. Sarei preoccupato di una vittoria del sì perché dimostrerebbe una mancanza di una certa consapevolezza nei cittadini e storicamente in questo paese quando non ci sono stati esiti ragionevoli ci sono sempre stati certi guai. E poi sarà difficile e costoso tornare indietro”.

Le ragioni dell’astensione

“Perché astenersi? Perché la riforma proposta è di scarso peso e per quanto riguarda gli aspetti importanti della costituzione non cambia nulla – conclude l’avvocato bergamasco Carlo SimonciniNon credo nella questione della rappresentanza diminuita o alla riduzione delle spese che sarebbe insignificante e ritengo anche che favorire questa riforma votando sì sia un modo di andare dietro ad un argomento puramente demagogico. E votare no non ha senso perché non c’è niente di negativo nelle conseguenze di questa riforma, dopotutto. Il discorso della riduzione della rappresentanza è stato introdotto in un modo un po’ forzato solo per ragioni di polemica, perché la rappresentanza dei partiti minori rimane anche con il maggioritario. Perciò non vedo motivi neanche per contrastare questa riforma che è di poco conto, isolata, non accompagnata da un contesto che potrebbe imporre delle valutazioni più approfondite e che non comporterà modifiche nella sostanza costituzionale. Scelgo, quindi, l’astensione”.

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