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San pellegrino

Paola, guarita dal linfoma, s’ammala di Covid, due volte: “Ho lottato 4 mesi, poi ho vinto” video

Paola Ravasio, 56 anni, è ritornata a casa dalla sua famiglia: “I medici che mi hanno curato sono come delle divinità per me"

Prima il linfoma e poi il Coronavirus. Una sofferenza indicibile, superata con forza e tenacia. Il desiderio di non mollare, per lei e per la propria famiglia, ha permesso a Paola Ravasio (56 anni) di ritornare a casa, nella sua San Pellegrino, dopo un calvario durato quattro mesi.

Calvario iniziato ad aprile 2019, dopo la scoperta di un linfoma aggressivo. “Devo ringraziare il dottor Privato Fenaroli, direttore del reparto di Chirurgia Senologica dell’ospedale Papa Giovanni, che aveva capito che qualcosa non quadrava e mi ha spostato in ematologia per accertamenti. Inizio poi il primo ciclo di chemio a maggio, seguita in maniera egregia anche dal professor Alessandro Rambaldi, direttore dell’unità di Ematologia, per poi continuare fino a dicembre dello scorso anno. Il 17 gennaio 2020 mi hanno comunicato che il linfoma era in remissione completa”.

A fine gennaio il rientro a casa e, un paio di mesi dopo, la positività al Coronavirus. “I primi di aprile ho cominciato ad avere la febbre, mi sentivo debole, senza forze, ma non avevo tosse. Sentivo però che i polmoni non funzionavano come avrebbero dovuto”. Domenica 5 aprile, dopo la visita di una dottoressa dell’unità Usca presente a Zogno, Paola viene trasferita in pronto soccorso a Bergamo e poi ricoverata. “I primi quattro tamponi sono risultati negativi, poi il quinto ha rilevato la positività. Oltre ai sintomi, però, la polmonite, presumibilmente dovuta al Covid, era stata evidenziata anche dalle lastre. Da quel momento, ho iniziato la cura con gli antibiotici”.

paola ravasio

Da poco dimessa dopo aver sconfitto il linfoma, Paola ricomincia una nuova battaglia, con la disperazione del marito Francesco e dei figli Leonardo e Giacomo. Lunedì 6 aprile viene ricoverata e iniziano a somministrarle ossigeno (8-9 litri), fino al 18 aprile, quando viene spostata in sub-intensiva e poi, il giorno dopo, in terapia intensiva. Dopo due settimane stazionare, il 4 maggio riapre gli occhi. “In quei momenti, la mente non riposa mai. Io soffrivo, anche perché pensavo ai miei familiari e mi convincevo della morte di altre persone a San Pellegrino”.

Giovedì 14 maggio la prima videochiamata con il marito e i figli, dopo più di un mese. “L’abbiamo vista con una chioma di capelli, ricresciuta dopo la chemio, ed intubata – racconta il figlio Leonardo – Era grintosa però, comunicava con noi scrivendo su fogli. Ci chiedeva come stavamo, come era la situazione a San Pellegrino, come stava sua madre. La sua voglia di lottare era evidente”.

“In molti mi hanno chiesto se ho sofferto – racconta Paola -. La sofferenza c’è stata, è innegabile, ma quando sono stata intubata, io non sentivo alcun dolore. In diversi mi hanno detto di aver avuto degli incubi, anche da svegli. Io per fortuna non li ho mai avuti”.

Mercoledì 27 maggio, nonostante la tracheotomia, riesce a parlare un po’ con i famigliari poi, il giorno dopo, l’uscita dalla terapia intensiva e il trasferimento in pneumologia. “Mi ha salvato la forza di volontà, la voglia di lottare contro il virus. Dopo aver tolto il sondino, sentivo sempre il desiderio di mangiare, di recuperare le forze”.

Il 2 giugno prova a lavarsi autonomamente: “Mi sembrava di rinascere, ho pianto quando ho toccato l’acqua. Sono piccolezze, ma quanto le apprezzi!”.

Dopo i primi miglioramenti, lunedì 8 giugno Paola viene trasferita alla clinica Quarenghi di San Pellegrino, all’interno del reparto Covid. Pochi giorni dopo, però, la febbre ritorna e il virus si ripresenta.

Il 12 giugno viene riportata nuovamente al Papa Giovanni. Mentre Paola torna a rivivere il proprio incubo, i medici iniziano a studiare il suo caso: per la prima volta il Covid-19, apparentemente sconfitto, sembra ripresentarsi.

Lunedì 15 giugno il ricovero in sub-intensiva e, il giorno successivo, la cura con il plasma. La settimana successiva, Fabiano Di Marco, responsabile della Pneumologia e lo pneumologo Federico Raimondi visitano Paola, per poter studiare il ripresentarsi del virus. Alla fine del mese, il 28 giugno, il tampone negativo e il nuovo ricovero in clinica Quarenghi: “Quando sono tornata a salire i gradini per la prima volta dopo tre mesi, mi sono commossa”.

Più di un mese dopo, il 4 agosto, Paola ritorna finalmente a casa, dopo 4 mesi di lotta.

paola ravasio

“Ricordo poco di quei giorni, probabilmente perché la memoria deve aver cancellato i ricordi del trauma, Quando mi sono risvegliata, non muovevo il corpo e non parlavo, avevo perso 11 chili. Comunicavo con la mia famiglia grazie alle videochiamate e ai fogli che scrivevo per farmi capire. La forza di volontà mi ha di nuovo salvato”.

Una forza di volontà che ha superato anche i segni importanti lasciati dal virus, sia nel fisico che nella mente. “Bisogna essere forti e lottare giorno dopo giorno, con molto autocontrollo. Ho visto ragazzi giovani e in salute che hanno avuto danni anche ai reni. Un ragazzo di trent’anni, sposato da poco, è riuscito a uscirne dopo due mesi di lotta”.

Una situazione in cui i medici sono stati, ancora una volta, determinanti grazie al loro lavoro e alla loro abnegazione. “I medici che mi hanno curato sono come delle divinità, per me. Non possono esserci altri termini di paragone” commenta convinta Paola Ravasio.

In mezzo al dolore, con il sottofondo costante di uomini e donne che piangevano e pregavano attorno a lei, Paola ha vissuto la propria sofferenza in solitudine, sapendo di dover combattere. Una sofferenza sopportata e superata con tenacia, la stessa che le ha permesso di sconfiggere prima il linfoma e, dopo quattro mesi di calvario, riprendersi la propria vita.

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