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Bergamo

Lo Strachítunt vince anche al cinema: il documentario premiato al Food Film Fest

Il cortometraggio "Strachítunt. Due cagliate che non si amano", riceverà il premio di miglior produzione bergamasca dell'anno: "Riconoscimento al territorio e al suo prodotto"

Lo Strachítunt un tempo era il formaggio che veniva realizzato per recuperare la cagliata in eccesso, avanzata dalle lavorazioni della sera precedente e ormai raffreddata. La cagliata fredda e quella calda del mattino vengono messe a strati, che restano visibilmente separati. Durante l’asciugatura e poi la stagionatura non si amalgamo, ma lasciano degli spazi all’interno dei quali, grazie alla foratura con appositi aghi, fioriscono spontaneamente naturalmente le sue caratteristiche muffe che rendono questo formaggio unico.

Due cagliate che non si amalgamano, dunque, destinate a restare nello stesso formaggio, separate. Da qui il titolo del documentario Strachítunt. Due cagliate che non si amano, realizzato dal Consorzio di Tutela dello Strachítunt, che nella prossima edizione del Food Film Fest (dal 20 al 24 agosto in piazza Mascheroni, a Bergamo) riceverà il premio di miglior produzione bergamasca dell’anno.

“Quel documentario – spiega Luca Cavadini, direttore artistico del festival – ha un significato particolare: è un premio che va non solo alla produzione, ma anche al territorio e al suo prodotto. Lo Strachítunt è un formaggio il cui valore è già altamente riconosciuto e questo cortometraggio gli rende l’onore che merita. C’è un’ottima fotografia e nel complesso è un prodotto buonissimo anche dal punto di vista cinematografico”.

Lo Strachítunt è stato merce di scambio, moneta per le tasse, pasto principale sulle tavole delle famiglie che sopravvivevano lavorando il latte prodotto dalle vacche. E oggi, riscoperto dopo qualche anno in cui era stato dimenticato, è uno dei valori aggiunti di un territorio, quello della Val Taleggio, che sta rinascendo anche grazie ai giovani che hanno deciso di iniziare a produrlo.

Sara Invernizzi, che ha collaborato alla produzione del documentario, vuole sottolineare il messaggio che il Consorzio di Tutela dello Strachítunt ha voluto mandare con questo cortometraggio: “Abbiamo lavorato sulle due cagliate, la grande caratteristica dello Strachítunt – spiega -. Volevamo raccontare quella che è l’ottica futura di un formaggio che non è solo tradizione, ma anche speranza per un territorio e per la sua gente. Abbiamo usato i due casari per parlare della montagna, oltre che del prodotto: il passato e il futuro, la cagliata fredda e la cagliata calda. Due cose distinte e nette, che non si possono unire e che sono destinate, per definizione, a restare separate. Ma che insieme formano un equilibrio perfetto”.

“Mi piace pensare allo Strachítunt come se fosse un libro e alle cagliate come se fossero le sue pagine – continua Sara -. In mezzo ci sono tante storie da scrivere nei prossimi anni. Sì, perché grazie alla Dop, lo Strachítunt si è garantito un futuro e lo garantirà a tutta la valle. È questo il messaggio che deve passare”.

Strachìtunt

Realizzato grazie al PSR (Programma di Sviluppo Rurale) di Regione Lombardia, il video è stato ideato da Ezio Foresti dell’agenza PG&W, che cura la comunicazione del Consorzio di Tutela dello Strachítunt. La casa di produzione è Multimagine, la regia è di Roger Fratter che ha seguito anche il montaggio insieme a Massimo Mannucci, mentre la fotografia è di Giuseppe Cella. “Abbiamo voluto dare un taglio documentaristico al cortometraggio, volevamo che fosse intenso ed emotivo – racconta Foresti -. C’era la necessità di mostrare un prodotto storico e, al tempo stesso, un formaggio che si è evoluto e non si è fermato al passato. Perché lo Strachítunt è proprio questo, e rappresenta in tutto e per tutto anche i bergamaschi e la loro filosofia del ‘s’böta vià negót’, non si butta via niente, che è tanto antica quanto attuale.”.

“Abbiamo voluto che i casari parlassero semplicemente, con tutta la loro sincerità – prosegue Ezio Foresti -. Questo lavoro mi ha permesso di entrare in contatto con persone vere, che sono state in grado di spiegare quello che vivono ogni giorno con le azioni più che con le parole, com’è tipico della nostra gente”.

“Ho fatto diversi documentari del genere ma questo è stato speciale per tante cose – racconta il registra Roger Fratter -. Ricordo che abbiamo girato in una valle stupenda, che non conoscevo. Eravamo in posti talmente isolati da sembrare surreali. Luoghi davvero speciali per un amante della montagna come il sottoscritto”.

“Non conoscevo la storia dello Strachìtunt e nemmeno i casari che l’hanno raccontato nel mio documentario. Devo dire – continua Fratter – che ogni dettaglio ha rappresentato una bellissima scoperta. Ho cercato di fare una regia che accompagnasse i personaggi e che li rendesse veri e trasparenti, ma soprattutto che non oscurasse la loro genuinità, quasi come se non si trovassero a parlare davanti a una telecamera”.

Strachitunt
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