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Fragilità e fallimenti: sono poi così negativi nel nuovo millennio?

La nostra società porta l'individuo al non accettarsi per quello che si è, al non accettare tutte le nostre parti nella loro totalità, luminose o oscure che siano. Ci porta a presentarci come individui scissi, con pezzi mancanti come intere autostrade e sempre un passo indietro rispetto alla nostra vera personalità

Senza ombra, non c’è luce’’ dicono i maestri. Ma come si fa a vivere in un mondo che mostra solo luce scintillante, nascondendo sotto al tappeto tutto ciò che è ombra oscura? Come si impara a convivere con l’ombra che abita ognuno di noi in un mondo così spaventato da essa? Come si accettano la fragilità e la diversità in una società in cui il giudizio è così radicato?

La verità è che la società odierna, con nuovi canoni sempre più irraggiungibili, spinge le persone a nascondere e relegare le proprie ombre sempre più all’interno e sempre meno all’esterno, tanto che spesso le perdiamo o ce ne dimentichiamo forse per sempre.

Le imperfezioni, le diversità, le sconfitte vanno cambiate o non mostrate e noi perdiamo gradualmente pezzi di noi in giro per il mondo. La nostra società porta l’individuo al non accettarsi per quello che si è, al non accettare tutte le nostre parti nella loro totalità: luminose o oscure che siano. Ci porta a presentarci come individui scissi, con pezzi mancanti grandi come intere autostrade e sempre un passo indietro rispetto alla nostra vera personalità.

C’è uno scarto piuttosto imponente tra ciò che siamo davvero e il come invece ci presentiamo al mondo e di questo noi dobbiamo tenerne conto, perché non siamo o l’uno o l’altro: noi siamo entrambi. A questo proposito Kurt Vonnegut scrisse: ‘’Noi siamo quello che facciamo finta di essere, quindi dobbiamo stare molto attenti a quel che facciamo finta di essere’’ e dobbiamo davvero stare molto attenti ed iniziare invece a mostrarci per intero, anche se questo intero non è “instagrammabile”, fotogenico, socialmente appropriato, pubblicabile, appropriato o filtrato come vogliono gli altri.

Tutto ciò che non è bello, forte e in salute, anche se soggettivo, non va postato. La depressione non si posta, l’ansia e la malattia non si postano, il fallimento nemmeno così come l’imperfezione.

Tutte le ombre vengono nascoste sotto un tappeto digitale, che metaforicamente parlando chiamerei “il tappeto dell’offline”. Per non parlare poi di tutto l’arcobaleno multicolore che costituisce le nostre emozioni, ma anche qui subiamo dalla società un drastico stop: la rabbia, la paura, il pianto non si mostrano.

Si può ancora fallire al giorno d’oggi e mostrarlo senza vergognarsene? Si può sopportare una bocciatura? E un esame andato male? Si possono mostrare al mondo le nostre fragilità? E i momenti difficili?

La verità è che senza fallimento, senza diversità, senza emozioni non c’è progresso, ma noi, come società, ci vergogniamo della nostra stessa ombra. Tutto ciò che ci ricorda di essere umani e mortali in qualche modo va nascosto.

Siamo diventati, tutti insieme, completamente intolleranti e giudicanti rispetto a tutto ciò che è umano, fragile, mortale, difettato, diverso. Se non sei invincibile, se sei diverso da me, se mi poni davanti agli occhi tutte le mie paure, allora sei sbagliato, non ti voglio più e devi cambiare e se poi non sei come pensavo, allora proprio non posso amarti più. Noi invece dobbiamo disattenderli questi divieti, questi giudizi, queste aspettative. Aprire il cuore alla nostra umanità in tutta la sua vastità di colori.

La fragilità è diventata una cosa di cui avere paura, di cui vergognarsi, non un qualcosa da celebrare, un qualcosa da cui partire o un qualcosa su cui costruire un punto di incontro tra due persone distanti. È come se fossimo sempre costretti a fingerci qualcun altro, a nascondere la nostra vera natura, la nostra vera forza, la nostra umanità. Noi dobbiamo costruire un ponte invece, perché la verità è che senza le nostre ombre e fragilità e senza quelle degli altri che ci fanno da specchio non siamo più davvero noi stessi, non siamo più umani, perdiamo le nostre più grandi risorse. Noi siamo umani e per natura fragili, se non accettiamo questo, non accetteremo mai neanche l’origine di tutte le nostre forze.

Si parla tanto di resilienza, una delle caratteristiche più potenti dell’essere umano, ma come si sviluppa e da dove nasce questa potenza? Nasce da una fragilità, da un fallimento, da una debolezza interiore, da una diversità. Senza le nostre ombre noi perdiamo forza. Essere interi ed accettare tutte le nostre parti senza avere il timore di mostrarle: questa è la vera forza. Anche se quelle parti sono diverse da quelle degli altri, anche se ci fanno paura, anche se non ci piacciono, soprattutto se non ci piacciono. Dovremmo domandarci: ”Senza quel fallimento, quella parte che proprio non mi piace sarei più forte o più debole?”.

Sono infiniti i fallimenti e le imperfezioni della vita, ma senza questi down non ci sarebbero gli up. E poi siamo proprio sicuri che un fallimento, un’ombra, una fragilità siano un down? E se invece fossero un punto di partenza, un nuovo entusiasmante inizio? Fallire. Fallire un esame, fallire un obbiettivo, fallire un’impresa. Perdere. Che poi non ogni fallimento è una perdita. Rialzarsi. Vincere. Vincere le paure. Vincere una sconfitta o da una sconfitta è davvero così impossibile? Non potrebbe essere una liberazione invece? E ancora perdere. Perdere un peso, perdere una colpa, perdere un’aspettativa. Lasciare andare. Liberarsi. Cambiare strada. Proseguire.

Il fallimento segna un punto e da un punto si possono prendere nuove decisioni, nuove strade, quelle mai tentate, quelle che portano a vedere paesaggi che mai nessuno ha il coraggio di vedere. Si può riprovare, si può cambiare qualcosa o tutto e svoltare. Cosa posso migliorare? C’è qualcosa che posso fare meglio? Si può anche gettare tutto e aprire un nuovo capitolo. A volte fallire è davvero una benedizione. Possiamo liberarci da qualcosa che non fa per noi, perché abbiamo la possibilità di accettarci in tutte le nostre fragilità, perché lasciamo andare finalmente un peso: quello della perfezione, quello dell’omologazione.

Omologazione ad un ideale umano immaginario e per nulla realistico, per nulla umano. ‘’Io mi amo e ti amo proprio perché siamo diversi, proprio perché disattendiamo le nostre reciproche aspettative, proprio perché tu mostri a me la mia ombra e io a te la tua’’. Nel fallimento, nella fragilità possiamo capire tante cose che altrimenti non avremmo mai capito. Possiamo capire chi rimane, possiamo scoprire le nostre risorse interiori che spesso invece non usiamo, possiamo disattendere le aspettative e capire che siamo amati comunque.

Darsi il permesso di poter fallire, di poter essere diversi. Dirsi: ”Posso permettermi anche di fallire, di essere diverso dagli altri, perché tanto sarò amato comunque, sarà comunque un successo. Perché è proprio quella la mia bellezza. Perché è proprio da lì che è nata in me una nuova risorsa’’.

Mostrarsi. Il fallimento ci dà la grande possibilità di mostrarci per quello che siamo, con tutte le nostre imperfezioni. Lasciare così che l’ombra trovi un posto nella luce. Non è vera la leggenda che se falliamo, che se non siamo perfetti, che se non corrispondiamo ai canoni della nostra società, deluderemo le aspettative degli altri, disattendiamo solo le nostre. L’unica cosa che importa ad un genitore è che il figlio sia felice. ‘’Ho disatteso le MIE aspettative, posso accettarlo? Posso perdonarmi?’’

E questo perdono implica amarci anche se si ha fallito, anche se non si è perfetti, perché il fallimento, l’imperfezione non sono una condanna a morte, sono una possibilità. La possibilità di ricominciare, di amarci, di rialzarci, di accettarci, di riprovare. La possibilità di mostrarci senza filtri, la possibilità di mostrarci umani in tutte le nostre fragilità, in tutte le nostre forze, in tutta la nostra unicità, in tutte le nostre contraddizioni. Sicuramente siamo anche luce, una nostra parte è sicuramente come quella che mostriamo alla società, ma è solo una delle nostre tante parti.

Perché invece non ci diamo il permesso di vivercele tutte queste parti? Di farle risplendere tutte? Di mostrarle tutte e finalmente di poter dire: ”Che vi piaccia o no io sono questo”. Non è forse una liberazione?

‘Ho fallito e adesso mi rialzo e ci riprovo. Sono imperfetto e mi amo e accetto così come sono”. Questa è la vera forza, il vero coraggio. Il coraggio di fallire e mostrarlo. Il coraggio di essere triste e accettarlo. Perchè è così difficile? Non sbagliare mai, non fallire mai, riuscire in tutto seguendo perfettamente tutti i piani vi rende davvero così felici e amati come pensate? Non è forse solo una maschera? Non c’è forse della sofferenza in tutta questa perfezione e in tutto questo essere perfetti?

Per chi vogliamo essere perfetti? Lo facciamo davvero per noi o lo stiamo facendo per piacere agli altri, per essere accettati, amati e approvati da loro? Dobbiamo invece piacere prima a noi, accettarci noi, amarci noi. Il fallimento, l’errore, l’imperfezione ci rendono davvero così orribili, così tristi come pensiamo? La risposta ovviamente è no e ad ingannarci è proprio la nostra mente. Percepiamo il fallimento come tragico e duraturo, ma tutto passa. Dura giusto il momento di dire: ”Ho fallito” e poi scorre via. Noi crediamo troppo poco nelle nostre risorse interiori, eppure ne abbiamo davvero infinite. La vera forza nasce dalla scoperta di queste risorse, ma se non sbagliamo mai, non falliremo mai e facciamo tutto alla perfezione non le troveremo mai queste risorse incredibili e nascoste. Fallendo si impara. Si impara a rialzarsi, si impara cosa si può migliorare, si impara a fregarsene del fallimento, si impara a fregarsene del giudizio, a godere del tentare.

Ma per superare la paura del fallimento, la paura del rifiuto, delle nostre ombre, dobbiamo permettere che almeno una volta questi abbiano la possibilità di avverarsi, di mostrarsi, di essere vissuti. Io sono timida e permetto alla mia timidezza di venire a galla, di mostrarsi, perché io sono anche questo. Dare una possibilità alle nostre parti, a tutte le nostre parti, dare una possibilità a noi stessi e una volta che accadono, che vengono mostrate si capisce che in realtà non erano poi così mostruose, che non durano poi così tanto, che non sono poi così male, che probabilmente ci stanno mostrando qualcosa e che non era poi così difficile rialzarsi e ricominciare.

Un brutto voto o una bocciatura non sono così terribili come pensiamo, così come è vero il contrario: prendere un bel voto non ci renderà così felici come pensiamo o per lo meno non nel lungo termine. Non sarete più amati perché andate bene a scuola, siete obbedienti e non date mai un problema a casa. Prima di un esame o di un incontro importante segnate su una scala da uno a dieci quanto pensate che sareste felici se quell’esame o quell’incontro andasse bene e quanto se andasse male. E poi il giorno dell’esame e i giorni seguenti ponetevi nuovamente le stesse domande e vedete se i numeri tra aspettativa e realtà sono gli stessi e se cambiano o meno con il passare del tempo. Il risultato vi sorprenderà e non poco.

Fallimento: clamoroso insuccesso.
Imperfezione: manchevolezza, difetto.
Diversità: contrasto o estraneità rispetto ad una presunta normalità.
Fragilità: facilità di rompersi.

E se questo clamoroso insuccesso, queste manchevolezze, questi contrasti e questa facilità nel rompersi ci dessero proprio la chiave della nostra forza più grande, della nostra vittoria più grande, del nostro amore più grande, della nostra avventura più bella, della nostra amicizia più vera, del nostro più grande successo? Saremmo pronti a correrne il rischio?

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