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Prefestival bergamoscienza

Cambiamento climatico: Serena Giacomin ci illumina su e bugie e verità

Continuare a parlare del cambiamento climatico non è un modo per deprimerci o aumentare il nostro senso di colpa, è semplicemente prendere coscienza del problema e, a un certo punto, decidere di trovare una soluzione.

Non abbiamo un pianeta B, ma quanto vale un pianeta A? “Non so stare scienza di…” è la frase che sta accompagnando il “Prefestival di BergamoScienza” e giovedì 20 agosto il divulgatore Luca Perri ha incontrato Serena Giacomin, meteorologa e climatologa per Meteo Expert e presidente dell’Italian Climate Network, un movimento italiano per il clima impegnato in attività di educazione, divulgazione e advocacy.

È davvero così necessario parlare di clima e di cambiamento climatico? Certo che sì. I ghiacciai si stanno sciogliendo, la temperatura del nostro pianeta sta crescendo, il livello del mare e degli oceani aumenta. Molte regioni verdi si stanno desertificando, molte specie animali e vegetali si sono estinte. Il riscaldamento globale è provocato dall’uomo, e questo credo sia ormai un concetto permeato in quella che io amo definire coscienza collettiva.

Ma è davvero così grave? Che responsabilità ha l’uomo? Perché non tutto ciò che sentiamo sul clima è reale. Ci sono in giro voci cospirazioniste e mezze verità, accompagnate da tanta disinformazione e fake news, le cosiddette “Bufale climatiche”. Serena Giacomin, grazie all’evento “Bugie e Verità sul cambiamento climatico” , ha fatto crollare il muro eretto intorno al concetto stesso di cambiamento climatico.

Ma chi ha eretto questo muro? Ogni volta che si discute della questione climatica si formano degli schieramenti, a volte rinforzati dai cosiddetti “mercanti del dubbio” che, sfruttando i bias cognitivi e quindi i meccanismi mentali di ricezione di informazioni, spargono dubbi all’interno dei dialoghi.

Molti, soprattutto i media, trattano l’emergenza climatica come se fosse un dibattito, ma effettivamente non lo è. Bisogna guardare in faccia la realtà, bisogna capire quali sono i problemi legati alla comunicazione scientifica. Ce lo spiega Serena Giacomin: “L’obiettivo della comunità scientifica, e in particolar modo di quella climatica, non è pubblicare i dati per terrorizzare l’opinione pubblica (…). L’obiettivo è far sì che quei dati possano diventare un reale strumento di azione, di reazione e anche di strategia. Il cambiamento climatico è un problema, ma ci sono cose che se prese in tempo possono diventare delle opportunità.”

Come mai passiamo da temperature di 40°C a nubifragi violenti? È legato al cambiamento climatico?

Quando parliamo di cambiamento climatico parliamo di tante cose. Per esempio, il termine riscaldamento globale è una definizione già più specifica, parliamo quindi dell’innalzamento delle temperature globali avvenuto negli ultimi decenni. Cambiamento climatico, invece, vuol dire: scioglimento dei ghiacciai, acidificazione degli oceani, desertificazione delle zone verde, innalzamento del livello del mare, estremizzazione delle temperature. “Estremizzazione climatica vuol dire proprio questo: Il fatto che in frequenza stiano aumentando i fenomeni climatici intensi e addirittura estremi” ha spiegato la meteorologa. Per essere precisi, per fenomeno intenso si intende un fenomeno potenzialmente calamitoso, il fenomeno estremo, invece, esce dalla statistica climatica di un determinato territorio. All’interno dell’estremizzazione ci sono gli aumenti record della temperatura e la riduzione delle piogge, quest’ultima causa numerosi problemi nel nostro territorio che soffre di dissesto idrogeologico, quindi un territorio molto debole in termini di possibilità di allagamenti, alluvioni, frane, smottamenti ecc. E’ quindi necessario, mediante azioni di adattamento territoriale, limitare l’impatto di questo genere di fenomeni anche per tutelare la sicurezza della cittadinanza.

E continua affermando: “Il fatto che ci sia un record- si riferisce ai record di temperatura raggiunti negli ultimi anni- sicuramente è qualcosa di significativo a livello di dati, ma forse è significativo più il fatto che, andando avanti in questi anni, ci sia questa gara ai record. Ci sono i record che cadono come birilli. (…) Ma mi sconvolge molto di più quando a latitudini molto elevate si superano le soglie dei 30°C”.

Ma che legame c’è tra le alte temperature e le piogge abbondanti? Il problema delle temperature non è solo per lo sconvolgimento eco-sistemico che si può avere in termini di fauna e flora, ma anche di energia. L’energia accumulata, quando l’atmosfera è più calda, è maggiore. Quindi quando ci sono delle perturbazioni in arrivo in territori estremamente caldi, si possono avere piogge intense.

Ci sono Paesi che negano il problema del cambiamento climatico? “Uno tra tutti sono gli Stati Uniti, Il presidente Trump ha regalato delle pillole negazioniste davvero divertenti. Trump è uno che a suon di tweet fa molta confusione tra meteo e clima.”

Elisa Palazzi ha coniato una bellissima similitudine che potrebbe aiutarci a comprendere le differenze tra queste due materie: “Il clima è il carattere dell’atmosfera, la meteorologia è l’umore.” Il clima, quindi, rappresenta le condizioni del tempo in una località per molti decenni. Lo studio meteo, invece, si occupa del presente o dell’immediato futuro.

“Se io sono miliardario – dice Luca Perri citando il New York Times- e perdo il portafoglio pieno di banconote, questo non mi renderà povero, quindi il perdere il portafoglio è qualcosa di contingente, è un evento singolo come può esserlo un evento meteorologico. Se invece un senzatetto trova il mio portafoglio, quello è un evento meteorologico ma il suo clima finanziario non cambierà, trovare il portafoglio non lo renderà automaticamente ricco.”

“Lui non fa altro che cavalcare le ondate di gelo per dire che il cambiamento climatico non esiste, confondendo la meteorologia con la climatologia e il locale con il globale.”

Trump qualche mese fa manifestò, per esempio, la volontà di acquistare la Groenlandia, sfruttando per interesse lo scioglimento dei ghiacciai per l’estrazione petrolifera non convenzionale.

“Trump è uno, ma ce ne sono diversi. Un altro per esempio è Bolsonaro.

Dato che non credo che riusciremo a diminuire le emissioni di CO2, possiamo ridurre la stessa emettendo in atmosfera i prodotti chimici?

“Noi dobbiamo imparare che quando facciamo qualcosa, e portiamo avanti delle azioni, soprattutto in maniera ripetuta, queste azioni possono avere un effetto”. Quindi dobbiamo aspettarci che questi altri prodotti chimici possano avere un effetto, non per forza positivo. Concludendo dobbiamo sempre tener conto del concetto “Causa-Effetto”.

Dobbiamo essere sempre più intelligenti, capire il problema e cercare di risolverlo. Ci sono, però, diversi progetti pilota sulla cattura dell’anidride carbonica dall’atmosfera, non siamo ancora a una tecnologia completa ma ci arriveremo, ci stiamo lavorando. Ed è una delle cose che potrebbe aiutarci nella mitigazione del cambiamento climatico. Parlando di emergenza ambientale, si fa necessario chiarire due termini: la mitigazione, ossia la riduzione delle emissioni per mitigare l’effetto serra, e l’adattamento, ossia la riduzione dell’impatto del cambiamento climatico già esistente.

“Continuare a parlare del cambiamento climatico non è un modo per deprimerci o aumentare il nostro senso di colpa, è semplicemente prendere coscienza del problema e, a un certo punto, decidere di trovare una soluzione.”

Quanto tempo abbiamo per risolvere le cose?

“Non ne abbiamo. Dovevamo iniziare ieri, anche l’altro ieri.”

In realtà in questi anni grazie all’opinione pubblica e ai momenti di confronto si sono fatti tantissimi passi avanti. Al netto di quello, la comunità scientifica stessa dice che a livello tecnologico abbiamo gli strumenti per affrontare l’emergenza.

“Il principale problema per risolvere il cambiamento climatico ha uno spessore di circa 6 pollici, la distanza tra le nostre orecchie. Dobbiamo solo decidere di farlo (..). Allontanandoci un po’ dal concetto che la reazione al cambiamento climatico sia una rinuncia. Reazione al cambiamento climatico vuol dire evoluzione positiva, evoluzione intelligente e miglioramento della qualità di vita. (…) Le decisioni politiche devono rendere possibile questo genere di metamorfosi, però a livello tecnologico ci siamo” ha spiegato Giacomin.

Bisognerebbe, quindi, spostare i sussidi che investiamo nel fossile, nelle energie rinnovabili perché il vero business, oggi, è la sostenibilità.

Siamo legati al portafoglio? Non abbiamo un pianeta B su cui investire, facciamo sì che il cambiamento climatico sia una opportunità facendo andare avanti l’economia rispettando l’ambiente. È riduttivo dichiarare che il cambiamento climatico sia soprattutto un problema energetico?

“Riduttivo direi di no, certamente non completo. Il settore dell’energia è davvero importante.” L’emissione di gas climalteranti è di circa il 25%. Abbiamo sempre più bisogno di energia, quindi utilizziamo sempre più suolo, frammentando gli habitat, e causando un problema sanitario. Perché questa frammentazione del suolo ci mette in contatto con animali cui non siamo abituati, di conseguenza diventiamo più esposti alle malattie infettive. (…) Il cambiamento climatico è la peggior minaccia dal punto di vista sanitario del 21esimo secolo, tra le maggiori cause è l’aumento delle malattie infettive.”

Mobilità?

“Non ha un’incidenza trascurabile. Sia in termini di emissioni di gas climalteranti, perché superiamo il 10%, ma anche gas inquinanti (..). I trasporti in generale hanno un’incidenza importante.” Grazie al lockdown, e al blocco del traffico aereo, alla fine del 2020 avremo una diminuzione del 7% delle emissioni di gas climalteranti. “Se mi chiedete se questo ci aiuterà la risposta è no, perché il cambiamento climatico non si risolve in questo modo. Si ha il problema di un effetto rimbalzo. si crede che il picco emissivo in realtà si sia raggiunto nel 2019, e che andrà a calare grazie alla produzione di tecnologia a bassa emissione. Comunque quando la crisi finirà, avremo una crescita repentina di emissioni di CO2. Ma il problema non è tanto quello. Il problema va affrontato a livello sistemico. E soprattutto la CO2 resta in atmosfera anche per decine di anni, se non centinaia, abbiamo un’eredità emissiva. Se per qualche mese smettiamo di emettere, il problema non si risolve perchè la concentrazione sparata alle stelle ormai l’abbiamo. Dobbiamo lavorare sul lungo periodo.”

Si sente spesso parlare di andamenti altalenanti del clima nei secoli/millenni, quindi esistono degli andamenti fisiologici? A cosa sono imputabili? Il cambiamento climatico è paragonabile a questi movimenti altalenanti del clima?

“ll clima è sempre cambiato. Allora innanzitutto se parliamo di cambiamento fisiologico del clima effettivamente confermo l’astrofisica c’entra molto (…). Il clima terrestre è determinato dall’attività solare e il clima è sempre cambiato e non troverete mai nessuno climatologo, uno scienziato che dirà il contrario perché è così. Bisogna capire con che velocità il clima è cambiato e soprattutto quali sono le cause di questo cambiamento che in parte possono essere naturale, quindi anche legate all’astrofisica, e nel caso in cui invece si va a focalizzare l’attenzione su quello che è successo negli ultimi decenni queste cause invece non sono catalogabili come naturali. La causa che è stata comprovata dalla comunità scientifica è legata alle emissioni di gas climalteranti. Il clima è vero che è sempre cambiato, ma non è mai cambiato così rapidamente.”

E Rubbia?

Carlo Rubbia è un premio Nobel per la fisica, le cui parole spesso sono state decontestualizzate dai negazionisti del cambiamento climatico: “Al tempo dei romani, Annibale è venuto in Italia con gli elefanti ed ha attraversato le Alpi. Oggi non potrebbe venirci, perché oggi la temperatura della Terra è inferiore a quella che era al tempo dei romani di circa 1,5°C. (…) Oggi, forse, gli elefanti sulle Alpi non potrebbero nemmeno venire in Italia!”

Giacomin ha risposto: ”Se si va ad analizzare i dati climatici delle nostre Alpi realtà questi dati parlano di tutt’altro, ci sono molte prove a supporto alcune anche curiose”

Perri ha concluso: ”L’affermazione di Rubbia non è stata negazionista come spesso viene detto (…). È stata un’affermazione diciamo non proprio ponderata, un po’ ingenuotta.”

Anche l’acidificazione è un ciclo fisiologico o è un fenomeno dovuto all’uomo?

Tutto ha un ciclo, ma dipende dalla velocità con cui questo avviene. Se avviene nel giro di pochi anni, possiamo essere certi che questo non sia del tutto naturale. Ma anche l’entità del disequilibrio che stiamo provocando, pensiamo semplicemente che abbiamo una concentrazione atmosferica di CO2 pari a 415 parti per milione, e dai dati della paleoclimatologia noi avevamo concentrazioni similari circa 3 milioni di anni fa.

Gli incendi che hanno colpito di recente Amazzonia e Australia (e vari altri luoghi nel mondo) che impatto hanno avuto sul cambiamento climatico?

È un peso significativo, ma non determinante. Noi parliamo di eredità emissiva e di emissioni a lungo termine, forse dovremmo ribaltare la domanda e chiederci: “Come sta crescendo il numero di incendi a causa del riscaldamento globale?”

“In Australia ci sono dei cicli naturali e l’incendio fa parte di questa rigenerazione. (…) Quando l’incendio rientra in una ciclicità naturale è un incendio che produce anidride carbonica, che viene riutilizzata in realtà dalla crescita della vegetazione, (…) Il problema degli incendi in Australia è che stanno diventando talmente devastanti che non vanno a riguardare più quella parte del territorio che naturalmente bruciava durante la stagione degli incendi, ma va a riguardare anche delle piante alcune volte sempreverdi che vanno ad alterare questa ciclicità naturale. È in questo senso che dobbiamo affrontare il problema. (…)”.

Per i vulcani: delle fluttuazioni climatiche si sono avute a causa delle eruzioni vulcaniche e delle emissioni di anidride carbonica ad esse collegate. Un’eruzione vulcanica può avere un effetto determinante. Non è una buona scusa, però, per non prendere atto del problema, avendo appunto i mezzi tecnologici pratici a disposizione.

Non sono forse sono troppe le variabili in gioco per fare una teoria univoca sul cambiamento climatico? Come facciamo a capire se andremo verso un riscaldamento e non poi verso un raffreddamento?

“Il nostro cervello non sa affrontare la complessità, questo è uno dei bias cognitivi- ha detto Perri- Questo viene sfruttato dai mercanti del dubbio perché spesso si forniscono delle soluzioni semplici perché più comprensibili. Ci sono tante variabili e la scienza non ha mai una risposta univoca. il fatto che non ci sia una risposta al 100%, non vuol dire che non ci sia. Nella scienza non esiste un 100%. Continua Serena:” Vi dico solo una cosa per concludere: i modelli climatici utilizzati anche negli scorsi anni (…) sono stati in realtà ottimistici rispetto a quello che si sta verificando adesso. Quindi non è che stiamo dipingendo una catastrofe per niente, stiamo anzi cercando di analizzare un qualcosa che sta addirittura andando più veloce di quello che è stato dipinto dai modelli climatologici (…). Possiamo utilizzare i dati registrati negli ultimi decenni per analizzare un andamento che non si era mai visto, neanche a livello di paleoclimatologia negli ultimi milioni di anni. Questo dovrebbe bastarci per prendere delle decisioni importanti di reazione al cambiamento climatico in termini adattivi e di mitigazione”.

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