In Italia gli studenti nelle scuole pubbliche sono 7 milioni distribuiti in 40 mila sedi scolastiche; nelle paritarie 900 mila dentro 15 mila istituti.
Le cifre dicono che durante il confinamento decretato a marzo sono stati 1.6 milioni gli studenti rimasti tagliati fuori dall’insegnamento, perché non avevano la materia prima, cioè il computer o l’accesso a internet e 300 mila disabili sono rimasti a loro volta esclusi.
Alla vigilia del nuovo anno scolastico, con tutte le incognite che si addensano sullo stesso a dipendenza dell’evoluzione della “covid-19”, da settimane si sbandiera che 8 milioni di studenti potranno ritornare tra i banchi speciali che nel frattempo sono stati ordinati (ma non si sa se si riuscirà a provvedere al bisogno complessivo, dato il tempo limitato) e che tra distanziamento, mascherine (saranno obbligatorie o meno in classe? Ancora non è dato a sapere), igiene complessiva, non sussisterà pericolo di contagio.
Viva l’ottimismo! Forse un po’ di prudenza non guasterebbe.
Si è provveduto a colmare anche il vuoto determinato dalla moltiplicazione delle classi, perché gli spazi di sicurezza nelle aule lo esigono: saranno assunti 84 mila insegnanti. E anche questo ostacolo sarebbe superato.
Magari, già che ci siamo, sarebbe il caso di procedere anche alla messa in sicurezza – prima di qualsiasi altro intervento – degli edifici scolastici, visti i crolli che ogni anno avvengono. È dalla notte dei tempi che si proclama questa esigenza come priorità assoluta, Matteo Renzi poi ne fece un cartello con cui girò l’Italia, assicurando cantieri di massa. Quasi tutto è rimasto nelle buone intenzioni.
Intanto, considerando l’emergenza e la necessità assoluta di reperire con urgenza alti spazi, dalle ex-caserme ai teatri, ai saloni pubblici, si pensa di ristrutturare questi 3 mila luoghi che si troveranno – se si troveranno – investendo patrimoni. Anche nella scuola, come con il lavoro e la socialità si procede a tamponi. Nei piani di questo anomalo modo di procedere, si è sentito ipotizzare pure – una volta ancora – la chiusura delle paritarie, quando neppure si sa come accasare la popolazione della scuola pubblica. A
d elaborare d’intesa con il governo queste e altre piattaforme, che rasentano talora il surreale, c’è un Comitato detto sussiegosamente tecnico scientifico, che Mattia Feltri in un suo “Buongiorno” su La Stampa ha definito con meritato sarcasmo “simposio di accademici” (nelle sue autorevolissime, alte indicazioni, tale Comitato ci ha insegnato addirittura come lavarci i denti, preferibilmente con dentifricio e spazzolino. La famosa casalinga di Voghera oggi meriterebbe una cattedra universitaria con il suo buon senso).
Forse, senza irritare troppo lor signori, sarebbe il caso di informare che con i doppi turni a scuola, ci saranno decine di migliaia di mamme che non potranno tornare al lavoro, sempre ammesso che l’abbiano potuto mantenere. Conclusione dantesca scontata: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta”, con quel che segue.
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A questo proposito, avviamo dunque una serie di articoli in cui ospiteremo interviste con il punto di vista di docenti e personalità del mondo della scuola, che fra poco ripartirà (?) dopo un anno scolastico (2019-20) del tutto imprevisto. E con quello nuovo, che si avvicina, con molte incognite.
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