La strada che porta a Scanno, passando per la Valle Peligna, è tortuosa e stretta.
Costeggiando i monti Marsicani, lo scenario appenninico mi invita a guardare dentro le insenature: Anversa degli Abruzzi, Castrovalva, Villalago sono paesi secolari nati per mano dell’uomo e grazie all’uomo né sfioriscono né muoiono.
Le strade di pietra bianca riflettono il sole caldo e da un campanile lontano si intona “Evviva Maria”. Tante volte ho percorso le strade di Scanno e ora, più che mai, comprendo la fondamentale importanza che questo paese ha per tutto l’Abruzzo. Le tradizioni di questo piccolo borgo, di generazione in generazione, ribadiscono il passato di questa terra, un passato fabbricato da donne forti e inflessibili che costruivano la vita mentre i mariti partivano per la transumanza.
La bellezza di quel tempo vive nelle foto aggrappate ai muri dei bar, nelle statue che omaggiano le donne portatrici di sapere e saggezza e soprattutto nelle donne, curve dall’età, che ancora oggi non confondono la loro identità con mode passeggere, ma continuano ad essere “le donne scannesi”.
Giovani madri tengono in braccio piccoli bambini, in risalto la “Presentosa” sul petto con due cuori uniti, dote o dono di nozze dei suoceri e più importante di qualsiasi fede messa al dito.
La “Presentosa” in Abruzzo è un credo, un vincolo d’amore: indossandola si giura di appartenere a qualcuno, anche se quel qualcuno è la propria terra d’origine. Dalla costa ai monti, ogni tradizione parla al femminile: le madonne in processione per i vicoli stretti e ricoperte d’oro portano addosso le preghiere delle genti. Persino la Majella è donna e protegge questa terra da sempre: Maja, nella mitologia greca, per salvare il figlio Ermes caduto in battaglia, fuggì da terra greca giungendo sulla spiaggia di Ortona. Seguita da donne a lei fedeli, salì su un’alta montagna dove vi seppellì il suo unico figlio: le majellane, da allora, ierodule, sacrificavano i propri corpi in onore alla divinità.
Così, ancora oggi, la Majella e i suoi templi nelle località marrucine e nei reperti in Valle Peligna, cantano al vento la storia delle donne abruzzesi, contro ogni insano pregiudizio che ci rende inferiori per animo e capacità rispetto agli uomini. Tante Marie quante le vie d’Abruzzo: ognuna con il suo passato, con la sua “Presentosa” appesa al collo, hanno cresciuto figli sole, tra i lavori di campagna e i lavori di casa, attendendo lo sposo lontano. Chi è andata via per un futuro migliore, in questa terra è tornata, perché il richiamo di Maja che piange il proprio figlio è troppo forte, per ogni abruzzese.
Proseguendo lungo il sentiero montano che mi porta a vedere il lago di Scanno nell’angolazione giusta per intravederci uno spettacolare cuore naturale, le case si illuminano di giallo, qualcuno prepara la cena, le montagne accolgono il tramonto. Mi siedo, continuo a leggere “Il trionfo della morte” di Gabriele d’Annunzio ed ecco quel passo che cercavo: «Portava agli orecchi due grevi cerchi d’oro e sul petto la presentosa: una grande stella di filigrana con in mezzo due cuori».
L’aria fresca scaccia la calura e mi asciuga il sudore sotto la Presentosa appesa al collo.
Valentina Petrilli è una giovane docente di lingua italiana in una scuola bergamasca. È abruzzese e ha terminato gli studi all’Università di Bergamo. Ha scelto di vivere e lavorare in Bergamasca. È parte della famiglia di Bergamonews, dove ha svolto uno stage.
Durante il periodo del lockdown siamo sempre rimasti in contatto e memorabili furono gli arrostici abruzzesi preparati sul terrazzo di casa a Bergamo, accompagnati da diverse bontà che arrivavano puntuali ogni settimana con “il pacco da giù”.
In queste settimane Valentina sta trascorrendo le vacanze in Abruzzo e a lei abbiamo chiesto di raccontarci questa estate dopo il lockdown. Quel desiderio di tornare alle proprie origini esploso nella reclusione per evitare la pandemia. Questo è il suo secondo “pezzo da giù”.
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