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Giovani & social

Adolescenti con la mania dei filtri per apparire “migliori”: perché?

Purtroppo questo comportamento spesso porta a conseguenze permanenti

Qualche giorno fa ho condotto un sondaggio sul mio canale Instagram, chiedendo ai miei contatti di esprimersi riguardo ai filtri che sempre di più spopolano in rete, soprattutto quelli di “bellezza”. Vi siete mai chiesti che impatto questo può avere nella mente dei giovani?

Su 35 intervistati, il 54% dei votanti ha risposto “pro” e il 46% era invece favorevole ad abolire i filtri che ogni giorno intasano i nostri schermi dei telefoni cellulari di, forse, poca autenticità e finta perfezione.

Emanuele Bartoletti, presidente della Società Italiana di Medicina Estetica, ha confermato il fatto che molte delle potenziali pazienti che prenotano una consultazione portano come esempio un selfie ritoccato come canone di bellezza.

La rivoluzione digitale sta profondamente cambiando la percezione che abbiamo di noi stessi e degli altri soprattutto giovani e oserei dire per la maggiore di genere femminile. In aggiunta, dove non bastano i filtri arrivano anche le app di ritocco. Una tra tutte YouCam Perfect che ti consente di cambiare persino tono e colore della pelle, rimuovere imperfezioni millimetriche, renderti più alta, snella, e mi fermo qui.

Tutto questo porta inevitabilmente a un impatto anche nella psiche specialmente di adolescenti ancora nel pieno della loro identificazione del self, con delle conseguenze talvolta irreversibili a livello di identità e quindi mentale.

Già uno studio del 2015 della Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica notava come, la maggior parte dei pazienti che si rivolgono al chirurgo per l’insoddisfazione causata dai propri selfie, hanno tra i 18 e i 25 anni (39% di richieste).

La spiegazione a tutto questo?

Ogni volta che abbiamo un’interazione sociale positiva, anche sui social, una scarica di dopamina viene rilasciata nel nostro cervello e procura benessere; di conseguenza, aumenta la voglia di rifarlo. È proprio la stessa risposta fisica che causa l’insorgere delle dipendenze. Esattamente come quella da likes, che Instagram ogni tanto nasconde e poi rimette e poi ri-nasconde.

“Il meccanismo della dipendenza è uguale in tutti gli ambiti, non ci vuole per forza una predisposizione: si inizia a piccole dosi e poi non si riesce più a smettere”, spiega Mario Sellini, presidente della società scientifica di psicologia Form Aupi.

Anche perché ci sono in gioco ideali di perfezione irraggiungibili e la soddisfazione di bisogni fondamentali di importanza, amore e varietà.

Se ti vedi come non sei, è chiaro che vedi un difetto che in realtà non esiste. Così, il viso diventa quasi neutro, apatico e risulta quasi anti-social esprimere sentimenti, reazioni, momenti di sconforto. Le emozioni sono totalmente neutralizzate.

Cerchiamo allora di ripristinare espressioni sintomo di umanità e ricordiamoci della parola magica: equilibrio.

E’ bellissimo e spesso ci porta a pensare in maniera laterale, a creare una realtà attorno a noi e stimolare la nostra immaginazione, a sorridere e divertirci, un po’ come se creassimo un film della nostra vita in 15 secondi di stories o di video Tik Tok.

Ricordiamoci però, che non dobbiamo seguire tutto quello che ci viene propinato senza prima riflettere su ciò che ci sta influenzando o meno, cerchiamo invece di dare una cornice ai nostri pensieri prima di metterci in azione e renderci consapevoli dell’intenzione con cui lo facciamo.

Chiediamoci quale sia il limite e decidiamo un tempo prestabilito che passeremo sui social o a guardare le vite “perfette” degli altri. Alcuni software possono essere impostati per darti un preavviso in questo senso. Questo aiuta a dare una dimensione del mezzo di comunicazione pontentissimo che abbiamo tra le mani ogni singolo giorno.

Alcune delle persone che ho intervistato hanno dichiarato di preferirsi “al naturale”, ma di vedersi in un qualche modo costretti a “rendersi migliori” per apparire sui social. Costretti rispetto a chi e a che cosa?

Omologazione? Ansia da prestazione? Insoddisfazione? Ricerca costante di ciò che ancora ci manca? Sentirsi accettati dal branco, paura di non sentirsi all’altezza? Probabilmente tutto insieme.

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