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La lanterna magica di guido

“Dunkirk”: dove ci eravamo lasciati

In occasione dell’uscita di “Tenet”, nuovo film di Christopher Nolan, parliamo del punto in cui il regista britannico ci lasciò 3 anni fa

Parlare di Christopher Nolan non è mai facile: in tanti lo amano, ma altrettanti lo odiano e ciò che è certo è che quando una sua pellicola arriva in sala ci sarà da divertirsi, sia dentro che fuori dai cinema.

Se infatti opere come “The Prestige”, “Memento” o la trilogia del cavaliere oscuro hanno riscosso il plauso (quasi unanime) della critica, altre più recenti come “Interstellar” o “Dunkirk” hanno fatto storcere il naso a molti.

“Nolan ha perso il tocco”, “non sa più cosa dire” e “ormai lo fa solo per i soldi” sono solo alcune tra le numerose critiche rivolte al regista ma è davvero così?

Probabilmente no, sebbene sia innegabile come le ultime due fatiche del britannico, pur essendo di qualità eccelsa, non siano di certo al livello dei capolavori sfornati prima del 2012.

Tenet”, in uscita nelle sale il 26 agosto, assume in quest’ottica una valenza che va oltre la semplice storia raccontata al pubblico, in quanto potrà rappresentare tanto il successo e la “rinascita” di Nolan quanto il segno che forse questi ha ormai esaurito le cartucce.

Il film con cui ci aveva lasciati nel 2017 era “Dunkirk”, in cui veniva raccontata una trama semplice: a Dunkerque l’esercito inglese, impegnato a liberare le truppe alleate dalla Francia occupata dai nazisti, resta intrappolato sulla spiaggia con le spalle al mare e devono affrontare una situazione impossibile mentre il nemico avanza.

L’opera è monumentale in tutto e per tutto, sia nel bene che nel male: partendo infatti dall’atmosfera grave e pesante che si respirerà per 107 minuti, passando poi per la colonna sonora e la recitazione degli attori arrivando in fine alla struttura narrativa complessa e a tratti confusa, Nolan ci vuole immergere in uno scenario ansiogeno e psicologicamente frustrante per farci immedesimare nei 400.000 soldati alleati che rischiarono la vita in quei giorni concitati. Il nemico di questa storia, l’esercito tedesco, è dipinto come una presenza impalpabile ma comunque terribile, al pari di una malattia mortale che può colpire da un momento all’altro, invisibile e letale così come gli aerei che piombano in lontananza sulle coste francesi per poi ritirarsi per andare a rifornirsi di munizioni, i sottomarini pronti a colpire qualsiasi nave per trasportare i soldati nel Regno Unito e la fanteria che, pur rumorosa, non sarà mai al centro della scena pur rappresentando il principale antagonista della storia.

Le atmosfera sono suggestive, la musica iconica (non a caso premiata nella notte degli Oscar) gli attori, tra cui figura anche l’ex cantante degli One Direction Harry Styles, sono di alto livello, ma tutto il film risente di una discutibilissima scelta narrativa per cui la trama viene raccontata da tre punti di vista differenti, a volte anche sfalsati temporalmente, senza mai veramente dare allo spettatore un’idea precisa del momento in cui ciò che vede si sta svolgendo, generando solo tanta confusione e una necessaria 2ª visione per collocare con esattezza ogni scena del lungometraggio.

Se nel passato Nolan si era dimostrato gran maestro nel gestire trame con giri complessissimi e continui salti temporali, è innegabile come tre anni fa non sia riuscito a riportare sul grande schermo quanto di grande fatto nel ventennio precedente e, in quest’ottica, non possiamo che augurarci che “Tenet” ribadisca al mondo come Chris Nolan abbia ancora una montagna di storie da raccontare e di sogni da farci vivere.

Battuta migliore: “Sogno di dare alla luce un figlio che mi dica: papà, che cos’era la guerra?”

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