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L'UE e noi

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Dalla proprietà all’uso: Europa più ecologica con l’economia della funzionalità

Il cambiamento di paradigma dalla "proprietà" all'"accesso" non è di poco conto, poiché comporta il passaggio da un modello di consumo, basato sull'ostentazione e sul desiderio di imitazione, a un consumo più moderato e meno costruito su logiche consumistiche.

Vi è una sostanziale differenza tra “l’economia di mercato” e “l’economia sociale di mercato”.

Nel primo caso, che ha l’esempio più significativo negli Stati Uniti d’America, spetta al mercato, con le sue leggi e con le sue tradizioni, regolare i rapporti economici e consentire lo sviluppo dell’economia nei diversi sistemi.

Nel secondo caso, l’aggettivo “sociale” apre nuovi e costruttivi scenari, che orientano lo sviluppo economico verso percorsi che sono delimitati da valori, presenti e condivisi, dalla società civile.

Nei trattati dell’Unione europea e, in particolare, in quello di Lisbona oggi in vigore, risulta chiara la scelta per un’Europa che si basi “su uno sviluppo sostenibile, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente” (Art 3).

I valori dello sviluppo sostenibile, dell’inclusione sociale; della piena occupazione; della qualità dell’ambiente, regolano e indirizzano, costantemente, l’economia.

La sensibilità delle scelte politiche, attuate dal Parlamento europeo e dalla Commissione in tutti questi anni, hanno orientato e reso sempre più omogeneo il sistema legislativo degli Stati membri, che hanno attuato le Direttive e i Regolamenti europei nelle rispettive legislazioni nazionali. I cittadini europei ignorano che, oltre l’ottanta per cento delle leggi in vigore nei loro Stati, sono state preparate, con ampie consultazioni, nelle istituzioni europee. Uno dei grandi valori del sogno europeo consiste proprio nel fatto che tutte le nazioni applicano leggi che provengono da una fonte comune e, quindi, rendono omogenei i comportamenti di tutti cittadini europei nei confronti del mercato.

Ma questo mercato si evolve e si intreccia con le nuove sensibilità che prendono corpo nella società.

Oggi la società sta entrando in una fase di transizione economica che permette di passare da uno sfruttamento eccessivo delle risorse e, quindi, dello spreco, a una gestione più sostenibile, fondata sulla valorizzazione della qualità, piuttosto che della quantità. Ma questo passaggio non deve avvenire a scapito dell’occupazione.

Questo modo di impostare l’economia, nella definizione fatta propria dalla Commissione europea, viene definita: Economia circolare. Ma nel vasto mondo di questa economia, emergono, sempre più, aspetti particolari, che sono influenzati da altri processi. Se raggruppiamo tutti questi aspetti, superando il concetto di circolarità, possiamo parlare di economia della funzionalità, che ha la caratteristica di privilegiare l’utilizzo dei prodotti, anziché il loro possesso. Nel concetto di utilizzo è insito il rapporto con i servizi che sono legati al prodotto.

Però, quando parliamo di economia funzionale, intendiamo andare al di là della semplice inclusione di maggiori “servizi” aggiunti a un “prodotto”, e di considerare tutta la filiera del consumo, fornendo migliori e più personalizzati servizi all’utente finale; ma intendiamo esplorare nuovi modelli economici, più efficienti, capaci di generare nuovi e migliori benefici collaterali per i territori. In quest’ottica, il compito delle imprese non è solo quello di vendere prodotti, ma di generare funzioni, che danno nuova occupazione e che vengono fatturate in relazione al loro utilizzo.

Nella nuova economia funzionale, le industrie hanno, a priori, tutto l’interesse a sviluppare, nel quadro delle loro attività, da una parte prodotti che siano riparabili e di facile manutenzione, dall’altra devono essere in grado di assicurare una diversa catena di produzione e una logistica adeguate.

L’Economia della Funzionalità può contribuire a superare numerosi ostacoli legati al consumo, deve però essere in grado di sviluppare nuove sensibilità, quali:

– la progettazione ecocompatibile dei prodotti, che consente di assicurare fin dall’origine la sostenibilità delle risorse utilizzate, tenendo conto dell’impatto ambientale dei prodotti lungo tutto il loro ciclo di vita. L’economia della funzionalità deve comportare una concezione nuova dei prodotti, che devono essere concepiti per essere più riparabili e, ove possibile, modulabili;

– la progettazione ecocompatibile, il riutilizzo e misure analoghe possono generare risparmi netti per le imprese europee pari a 600 miliardi di euro, ossia l’8% del fatturato annuo, riducendo nel contempo l’emissione di gas a effetto serra del 2-4%. Nei settori del riutilizzo, della rigenerazione e della riparazione, a titolo di esempio, il costo per rigenerare i telefoni cellulari potrebbe essere dimezzato, se fosse più facile smontarli e riutuilizzarne le componenti.

– l’economia circolare che mira a un approccio “cradle to cradle” (dalla culla alla culla), che è l’opposto dell’assioma: “Dalla culla alla bara”, cioè passare da un ciclo di produzione ad un altro, con la possibilità di trasformare i rifiuti di un’impresa, in risorse (nutrienti) per altre imprese, e può permettere di valorizzare meglio i sottoprodotti e le esternalità di alcune imprese, per completare la produzione o le funzioni di altre.

Per esempio, se il 95% dei telefoni cellulari fosse raccolto, si potrebbero generare risparmi sui costi dei materiali di fabbricazione pari a oltre 1 miliardo di euro. Il passaggio dal riciclaggio alla rimessa a nuovo dei veicoli commerciali leggeri, i cui i tassi di raccolta sono già elevati, potrebbe far risparmiare materiali per oltre 6,4 miliardi di euro l’anno (circa il 15% del bilancio per i materiali) e 140 milioni in costi energetici, riducendo inoltre le emissioni di gas a effetto serra di 6,3 milioni di tonnellate.

– l’economia collaborativa, che si basa, nei fondamenti teorici, sull’economia della funzionalità. Questo tipo di economia, rappresenta gli aspetti etici del comportamento economico, ossia la disponibilità a concepire la collaborazione con altre imprese, come modello da contrapporre a quello tradizionale, più diffuso, che tende a concepire l’impresa come un’isola autosufficiente. Gli sviluppi di queste forme di scambio possono, con un’azione congiunta e a determinate condizioni, accelerare i benefici dell’economia della funzionalità, soprattutto sul piano ambientale;

l’economia del bene comune, si tratta di un approccio olistico i cui concetti sono vicini ai valori fondamentali: dell’economia solidale; dell’economia circolare; dell’economia della condivisione e dell’economia blu. L’economista premio Nobel Jean Tirole afferma che: scopo di un’economia orientata al bene comune, è raggiungere una elevata qualità della vita per tutti gli esseri viventi. Dignità umana, equità e solidarietà, sostenibilità ambientale, giustizia sociale e la cogestione democratica ne sono gli elementi fondamentali. Profitto e crescita sono consentiti e desiderati, anche nell’economia del bene comune, ma non sono unico e primario obiettivo dell’economia. Il fine delle relazioni economiche è, o dovrebbe essere, una piena attuazione dei diritti umani. La somma degli interessi individuali degli agenti economici non si tramuta in bene comune, grazie alle sole virtù del mercato, ma perché ciò accada è indispensabile l’intervento correttivo di un’intelligente e regolatrice visione pubblica.

Attuare a livello territoriale l’economia della funzionalità, consente di rispondere alle nuove sfide concernenti lo sviluppo sostenibile dei territori, attraverso la sperimentazione di nuovi modelli economici. Questo tipo di economia risulta utile per valorizzare i punti di forza del territorio, uscire dalla standardizzazione della produzione di massa, in parte responsabile della disillusione nei confronti del consumo attuale, e tenere conto dell’insieme delle esternalità del sistema produttivo.

Le città, grazie alla loro densità, che favorisce le logiche di mutualizzazione, costituiscono uno dei territori più favorevoli allo sviluppo di soluzioni fondate sull’economia della funzionalità. L’economia della funzionalità è in grado di affrontare in modo migliore le necessità legate al consumo attuale, collegandole in una visione economica, sociale, e ambientale.

All’interno di un territorio, attraverso un approccio integrato, essa può generare benefici collaterali e delle esternalità positive. Per esempio, grazie a metodi di lavoro cooperativi, gli enti locali possono includere nei servizi di illuminazione pubblica, la visione della sicurezza degli spazi pubblici, l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, la riduzione dell’inquinamento luminoso e del consumo di energia. L’integrazione di questi diversi obiettivi, piuttosto che l’ottimizzazione di un parametro unico, consente di rispondere a sfide multiple con costi contenuti. Sul piano ambientale, i modelli di consumo attuali, basati sulla proprietà individuale, comportano un sottoutilizzo dei beni e quindi uno spreco considerevole di risorse naturali (ad esempio, oggi un’autovettura rimane inutilizzata per il 95 % del tempo e, in città, è generalmente utilizzata da poco più di una persona.

L’acquisto di un servizio di mobilità (un posto a sedere per un determinato numero di chilometri, oppure un’automobile per una durata e un chilometraggio determinati, ecc.) consente di intensificare l’utilizzo di tali risorse. L’economia della funzionalità permette quindi di aumentare l’intensità dell’uso di numerosi beni di consumo, creando così un maggiore valore a fronte di una minore impronta ambientale. In termini sociali, la riduzione dei costi di accesso a un prodotto o servizio, attraverso la mutualizzazione di un investimento realizzato collettivamente; o la limitazione del costo di un bene, al solo costo di accesso, può consentire a un maggior numero di consumatori di accedere a una serie di servizi ai quali in passato non potevano aspirare.

Il cambiamento di paradigma dalla “proprietà” all’ “accesso” non è di poco conto, poiché comporta il passaggio da un modello di consumo, basato sull’ostentazione e sul desiderio di imitazione, a un consumo più moderato e meno costruito su logiche consumistiche.

In ogni caso questo cambiamento consente di essere meno dipendenti dalla proprietà di beni materiali. L’economia della funzionalità risulta utile per valorizzare i punti di forza del territorio, uscire dalla standardizzazione della produzione di massa, ma soprattutto per tenere conto delle numerose esternalità, spesso nocive per la salute e per l’ambiente, oggi generate dal sistema produttivo.

*Antonello Pezzini nasce in provincia di Novara nel 1941. Si laurea in filosofia e consegue due master, ha un trascorso da preside di liceo, da consigliere comunale della Dc a Bergamo, da presidenza della locale Associazione Artigiani a membro del CDA dell’Istituto Tagliacarne. Sviluppa uno spirito imprenditoriale nel settore dell’ abbigliamento e ha insegnato economia all’Università degli Studi di Bergamo. La passione per l’energia sostenibile è più recente, ma in breve ne diventa un esperto in campo europeo: oltre alla carica al Cese, è membro del CDA di un’azienda che si occupa di innovazione tecnologica e collabora con società di consulenza energetica.  Dal 1994 è membro del Comitato Economico e Sociale Europeo in rappresentanza di Confindustria.

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