“Il presidente della Regione Lombardia, sentito il Ministro della Salute, può modificare le disposizioni di cui alla presente ordinanza in ragione dell’evoluzione epidemiologica”. È quanto si legge in un documento pubblicato da ‘Il Fatto quotidiano’ e ripreso dall’agenzia Adnkronos sulla mancata istituzione delle zone rosse, anche in Valle Seriana. Un’ordinanza datata 23 febbraio e firmata, oltre che dal ministro della Salute Roberto Speranza, anche dal governatore lombardo Attilio Fontana.
“Il governatore leghista la sera del 23 febbraio – riporta il quotidiano – firmò di suo pugno un atto che gli avrebbe permesso fin da subito di allargare la zona rossa di Lodi e di istituire quella in Valseriana. E questo ben prima di scoprire l’esistenza di una legge vecchia di 42 anni (la 833 del 1978) che dà pieni poteri alle regioni ‘in materia di igiene e sanità pubblica’”.
Il documento pubblicato dal ‘Fatto’ sarebbe “il risultato di una serie di riunioni istituzionali che si tengono quel 23 febbraio” ma “la giunta lombarda non si attiverà mai. Né a Lodi né a Bergamo, dove sempre il 23 febbraio prima si tiene una riunione in Prefettura con i dirigenti dell’Ats locale e il sindaco Giorgio Gori, e poi, in serata, oltre 200 sindaci si collegano con i vertici della Regione. Bisognerà attendere l’8 marzo, quando, con uno dei famosi Dpcm, sarà a quel punto chiusa tutta la Lombardia”.
Davanti a questo documento ufficiale non hanno più scuse. Ora Fontana e Gallera devono rendere conto al consiglio Regionale e a tutti i cittadini, senza se e senza ma – ha commentato il Consigliere regionale bergamasco del Movimento Cinque Stelle, Dario Violi -. Perché non si sono mai presi la responsabilità di prendere decisioni?”.
L’ordinanza del 23 febbraio, grazie al Comitato ‘Noi Denunceremo’ che si batte per per le vittime del coronavirus, sarebbe recentemente stata acquisita agli atti della procura di Bergamo che indaga sulla mancata zona rossa di Alzano Lombardo e Nembro.
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