Sono ventun’anni che Faber è andato via. Ma è come se fosse passato un giorno, tanto sembra innaturale la sua assenza.
Perché Fabrizio De André vive: lo canticchiamo in macchina, lo strilliamo nelle sere stonate, lo ascoltiamo nella tecnologia felpata delle nostre cuffie.
Questa sua vita postuma, questo sentirlo sopravvivere a se stesso, in fondo, acuisce il sentimento di una perdita irreparabile: la consapevolezza che, al di là del tesoro che ci ha lasciato, dalla sua penna non usciranno altre meraviglie.
Lo ricordiamo in tanti, con ammirazione e affetto, Faber: anche i giovanissimi, estranei alle schitarrate d’antan, lo ascoltano e lo fanno proprio. Perché De André ha cantato l’uomo: perfino quando ha scelto di raccontare la buona novella, l’ha conclusa con un corale “Laudate Hominem!”.
Le sue canzoni sono penetrate nelle pieghe della nostra vita, come la sabbia sottile passa tra le dita, su di una spiaggia, d’estate. Ha cominciato con Brassens e Brel e ha terminato con Fossati e Fabbri, passando da Bubola e de Gregori: ma, in definitiva, è sempre stato lui il faro: lui a dare l’impronta a una musica che ha attraversato le generazioni.
Eppure, Faber è ricordato troppo poco e, spesso, le poche volte che lo si celebra, le sue canzoni sembrano dissonanti, diverse: le reinterpretazioni paiono inadeguate. Quasi impossibile, restituire il suo timbro profondo, le sue consonanti scandite, la sua essenzialità.
E meno ancora l’hanno ricordato le istituzioni: poche per esempio le strade a lui dedicate. Per questo, dopo aver saputo che in Sicilia e in Sardegna, a Palermo e a Carloforte, gli sono state intitolate piazza e via, ci è sembrato giusto proporre che anche Bergamo gli dedichi una strada, anche solo un vicoletto: d’altra parte, a lui i caruggi e le strettoie della vecchia Genova, le scalette e i viottoli che portano al mare, furono più cari dei grandi viali, delle piazze monumentali.
E, se l’intitolazione di una strada può e deve rispondere anche a un sentimento popolare, una “via Fabrizio De André” a Bergamo ci starebbe bene, perché, qui da noi, il cantautore genovese è amatissimo.
Nell’occasione, giro la proposta direttamente al nostro Sindaco, con cui ho condiviso innumerevoli cantate, in cui Faber l’ha fatta da padrone: caro Giorgio Gori, De André ci ha accompagnato, nei momenti belli e brutti della nostra adolescenza e, poi, nella nostra vita di adulti, non ti parrebbe un’idea gentile dedicargli uno spazio pubblico in città? In fondo, si dedicano strade e piazze anche a chi agli italiani ha dato molto meno. Pensaci. Sono sicuro che, anche oggi che abbiamo sessant’anni, ogni tanto tiri fuori la Guild dalla custodia: …è bello che, dove finiscono le mie dita, debba, in qualche modo, cominciare una chitarra.
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