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1945-2000

Dalla Guerra Fredda al decolonialismo: il mondo diviso in blocchi

Nella guerra fredda si intrecciarono interessi economici e visione ideologica, dittatura e democrazia, dissidenza e conformismo: furono quasi cinquant’anni in cui il mondo visse sotto una cappa di piombo

Inizia con oggi una nuova rubrica: “1945-2020”. Lo storico Marco Cimmino ci guiderà alla scoperta della Storia contemporanea che spesso ignoriamo. Iniziamo con la Guerra Fredda. 

Il mondo intero, fra la fine della seconda guerra mondiale e i primi anni Novanta del Novecento, ha dovuto fare i conti con una rivalità fra Stati Uniti e Unione Sovietica, che ha coinvolto praticamente tutti gli stati più importanti del pianeta e che ha determinato lo sviluppo, i destini e perfino la mentalità dell’umanità: questa rivalità prende il nome di “Guerra Fredda”.

Fu George Orwell ad utilizzare questa definizione nel suo articolo, apparso nell’ottobre 1945 sul giornale “Tribune” e intitolato “You and the atomic bomb”: l’invenzione orwelliana ebbe enorme successo, tanto da divenire un termine comunemente usato dagli storici, per indicare questo periodo.

Il termine “guerra fredda”, peraltro, potrebbe trarre in inganno, facendo pensare a un conflitto non realmente combattuto: ad un muro contro muro fatto esclusivamente di spionaggio, di propaganda, di escalation tecno-militare e di diplomazia. Questa idea, riduttiva, di guerra fredda deriva, in larga parte, da una visione storiografica esclusivamente eurocentrica, secondo cui questo conflitto del tutto eterodosso ha ruotato soltanto sulla frizione tra Europa dell’Ovest, rappresentata dagli USA e dai loro alleati della NATO, ed Europa dell’Est, ovvero Unione Sovietica e paesi del Patto di Varsavia.

Invece, da un punto di vista geostorico, per comprendere esattamente cosa sia stata la guerra fredda, dobbiamo associarla ad un altro fenomeno caratteristico del secondo dopoguerra: la decolonizzazione. Dopo la fine del conflitto, infatti, in molti territori ex coloniali sono scoppiate vere e proprie guerre guerreggiate, in cui tensioni indipendentiste e avanzata del comunismo hanno giocato un ruolo essenziale: dalla Corea al Vietnam, dall’Algeria a Cuba, il mondo è stato a lungo percorso da conflitti più o meno asimmetrici, in cui le due superpotenze rivali si fronteggiavano, sostenendo le parti in lotta.

Altra cosa che va precisata, rispetto a come comunemente si descrive la guerra fredda, nei manuali scolastici o in saggi dalla dubbia scientificità, è che, anche se il suo inizio viene solitamente legato ai colpi di stato comunisti nell’Europa dell’Est, al piano Marshall e, infine, alla crisi di Berlino, ovvero tra il 1947 e il 1948, già durante la seconda guerra mondiale l’URSS veniva vista come un alleato assai pericoloso, la cui voracità imperialista era divenuta palese, dopo il congresso di Yalta, del febbraio 1945, ma che aveva già dato allarmanti segnali, fin dal 1943.

Non a caso, nel 1948, Churchill, vale a dire il padre dell’idea dell’alleanza con Stalin, con la giustificazione per cui un nemico del proprio nemico è tuo amico, si trovò a dire: we butchered the wrong pig. Abbiamo ammazzato il porco sbagliato.

I soldati polacchi del generale Anders, entrando a Bologna con l’8° armata britannica, vedendo venir loro incontro i partigiani con le bandiere rosse, armarono le proprie mitragliatrici: erano sopravvissuti ai massacri sovietici di Katyn e consideravano i comunisti il nemico.

Insomma, prima che la guerra finisse, un’altra guerra già cominciava a delinearsi all’orizzonte: e il lancio delle atomiche sul Giappone rappresentò anche un preciso segnale all’alleato. Come dire: attenzione che abbiamo un’arma definitiva, non fare il furbo!

Poi, naturalmente, la guerra fredda proseguì, con alti e bassi, tra distensione e irrigidimento, tra crisi e momenti, non si dice di convivenza pacifica, ma di minor tensione: Berlino fu, di sicuro, l’epicentro europeo dello scontro, con la sua divisione in settori e, nel 1961, la costruzione del Muro, autentica icona della guerra fredda.

Ma, come dicevamo, anche nelle zone periferiche del pianeta ci furono momenti di grande attrito: basti pensare alla crisi dei missili cubani, nel 1963, che portò il mondo a un passo dall’olocausto nucleare e che diede origine alla “red line” diretta tra Casa Bianca e Cremlino.

Nella guerra fredda si intrecciarono interessi economici e visione ideologica, dittatura e democrazia, dissidenza e conformismo: furono quasi cinquant’anni in cui il mondo visse sotto una cappa di piombo, con la minaccia di una conflagrazione terribile e la speranza di una soluzione pacifica.

Alla fine, l’impero sovietico si dissolse per autoimplosione, schiacciato dalla propria economia catastrofica: i paesi satelliti, uno a uno, abbatterono i propri regimi, chi con la violenza chi senza particolari patemi. Ancora una volta, fu Berlino il simbolo della guerra fredda: l’abbattimento del Muro, nel 1989, ne segnò, in qualche modo, l’inizio della fine. Tuttavia, seguirono altre controrivoluzioni, altre violenze e una terribile guerra, nella ex Jugoslavia: la guerra fredda continuò a segnare, in negativo, la nostra storia, almeno fino alla metà degli anni Novanta. E ciò che venne dopo, ovvero, il gendarme unico mondiale, non sarebbe stata una soluzione felice. Ma di questo, parleremo un’altra volta.

* Marco Cimmino è uno storico militare: ha scritto, sulla storia del secondo dopoguerra, un saggio: Da Yalta all’11 settembre, per le edizioni de Il Cerchio. Tra le sue opere più recenti, Breve storia della prima guerra mondiale, 2 voll., Gaspari, 2018 e La battaglia dei ghiacciai, Mattioli, 2017, entrambe finaliste al premio Acqui Storia. Per Bergamonews ha curato la rubrica “Pillole di Grande Guerra”.——

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