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Il dibattito

Essere omosessuali nel 2020: le parole di tre ragazzi bergamaschi

Avere paura di parlarne coi genitori, subire insulti per strada e sentire che si merita la morte per la propria sessualità. Ma anche la felicità di poterne parlare con gli amici senza timore di essere giudicati. Tre storie, tre vite ed un unico orientamento, quello dell’amore.

Essere gay. Sembra quasi un aggettivo e spesso, nonostante la nostra ipocrisia non ce lo faccia ammettere, lo utilizziamo come se lo fosse: “Sono uscita con Luca, quello alto e gay”.

Cercando di andare più in profondità, proviamo, attraverso la lettura di questo articolo, a capire come si sente una persona omosessuale che vive a Bergamo oggi. Senza retorica e vittimismo abbiamo raccolto molte risposte, e parecchie di queste vi spiazzeranno.

Abbiamo parlato con tre ragazzi: Carmine, Vittorio e Christian. Due di questi nomi sono fittizi, ma facciamo spiegare da loro come mai abbiano preso la decisione di non esporsi.

Carmine, ad esempio, ammette che i genitori non sono ancora a conoscenza del suo orientamento sessuale, e non vuole assolutamente che loro lo scoprano attraverso la lettura di un articolo.

“Come la prenderanno secondo te?” Gli chiediamo. Lui pensa che i genitori la prenderebbero bene e lo afferma con una tranquillità disarmante. Viene allora istintivo chiedere perché, nonostante questa sua consapevolezza, non lo dica e basta. Carmine dice di non avere paura dei giudizi, piuttosto ha paura del cambiamento e sa che facendo coming out, qualcosa cambierebbe di sicuro.

Vittorio è un fiume di parole e dopo aver parlato per un’ora di leggi, provvedimenti e indagini sociologiche svolte a livello nazionale e mondiale, fa un sospiro e prende fiato. Mi guarda e forse spera che ora non gli chieda di parlare di sè, e nel dubbio mi precede ammettendo che molte persone sanno della sua omosessualità compresi i suoi genitori. Dice che però, nonostante questo, loro non ne parlino in casa. Vittorio però li capisce. Non perchè sia strano, assolutamente no, ma perchè sua madre è figlia di un uomo che è nato a inizio Novecento con convinzioni figlie del suo tempo. Lui sa che sua madre fatica ad accettarlo essendo nata in un periodo dove l’omosessualità era vista come un qualcosa di strano. Inoltre spera che nel giro di poco venga emanata una legge a tutela degli omosessuali.

Se Carmine e Vittorio non hanno subito troppe discriminazioni, la storia di Christian ha una piega diversa.

Christian viene da Bari e quando viveva in questa città le prese in giro erano all’ordine del giorno.. La cosa peggiore che gli hanno detto è stata che doveva morire.

Ci dice che la vita è un regalo splendido e che ne abbiamo solo una e non c’è cosa peggiore di dire ad una persona di morire e spesso lo si augura senza nemmeno preoccuparsi delle conseguenze.

Ha passato tanto tempo a nascondersi ma non a sè stesso, lui ha sempre saputo di essere gay e non è mai stato un problema.

Quando lo ha detto ai suoi genitori, loro si sono messi a piangere e lui con loro, ma dopo averlo fatto si sentiva libero!

La legge contro l’omotransfobia toglie diritti agli etero sessuali?

Vittorio, grande conoscitore del testo della legge, risponde di no in maniera molto decisa. Nell’Italia del 2020 l’omofobia c’è ancora ed è preoccupante che ci sia in un paese occidentale. Lui è convinto che l’Italia sia un paese occidentale, ma fortemente arretrato.

Nel nostro c’è stata una lunga discussione riguardo la Stepchild adoption negli ultimi anni.

Vent’anni fa, quando in Sud Africa, Canada e Svezia si includeva la comunità omosessuale e si normalizzava, in Italia non se ne parlava; parlare di omosessualità e di pedofilia era la stessa cosa. Ad oggi non c’è ancora stata una rivoluzione in merito, ma sicuramente qualche cambiamento c’è stato; anche solo ad oggi se ne parla con più tranquillità.

Carmine non conosce bene il testo della legge. Racconta di non aver mai subito eccessive discriminazioni. Inoltre parla di quando ha detto ad una sua amica di essere omosessuale, e di come lei abbia reagito con la massima tranquillità, senza la minima sorpresa.

Christian ha un sorriso che mette di buon umore e parla di tutto, anche delle cose brutte, come se fosse un coach motivazionale. E anche quando parla di questa legge sorride. Sorride quando mi dice che è stanco di sentire che i ragazzi vengono picchiati perchè gay; sorride quando mi dice che è stanco di sentire di coppie che nei parchi non si tengono per mano per paura di essere insultate perchè gay; sorride anche quando mi dice che è stanco di sentire che qualcuno si ammazza perché nessuno capisce cosa voglia dire essere gay.

Non sorride perché è un folle o masochista, ma perché in passato ha sofferto tanto e ora non vuole più essere triste.

Christian insegna, con ogni suo sorriso, che per essere felici ci vuole coraggio.

Non sorride perché è un folle; sorride perché è coraggioso.

Voi non potete vedere questi tre ragazzi, ma vi assicuro che non potrebbero essere più diversi sia esteticamente, sia caratterialmente, ma una cosa li accomuna: tutti e tre avevano paura di fare l’intervista e la notte prima hanno pensato a cosa gli avrei chiesto, di cosa avremmo parlato e cosa avremmo evitato.

Sono passati tre minuti da quando hai iniziato a leggere. Ora risponditi a questa domanda: “Se sei etero e io ti intervistassi e ti chiedessi di parlarmi di te, ti preoccuperebbe che io ti chiedessi da chi sei attratto? Con chi vai a letto? Come hanno preso i tuoi genitori che sei etero? Chi lo sa che sei etero?

No, non ti spaventerebbero, anzi, probabilmente mi rideresti in faccia. E allora dimmi, perché queste domande dovrebbero spaventare qualcun altro?

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