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Appunti & virgole

Muriel, il re dei bomber di ‘scorta’, porta l’Atalanta nella storia fotogallery

Undici gol dalla panchina, il secondo in Europa dal 2000. E con 15 risultati utili superata anche l'Atalanta del Mondo 1988-89 (14)

Una vittoria da grande, con la firma di un fuoriclasse, Muriel, servito da un altro campione, Zapata. La valanga Atalanta lascia per una volta posto a un’Atalanta da grandi numeri, una squadra straordinaria capace di frantumare un record dopo l’altro. Intanto è sul tetto della storia nerazzurra, con quei 74 punti che valgono comodamente il podio della Serie A, vedremo fra tre giornate se per il secondo o il terzo posto.

L’Atalanta vince da grande perché per la prima volta in casa si prende i tre punti con un 1-0 che anche fuori casa è l’eccezione piuttosto che la regola, per una squadra abituata a essere una macchina da gol. Ma non è un caso, perché anche l’1-0 di Cagliari era firmato Luis Muriel, allora su rigore, in una delle rare partite giocate dal colombiano come titolare. Lui è il tiratore scelto e poco importa se non parte dall’inizio, anzi: con i suoi 11 gol (su 18) è il secondo cannoniere europeo subentrato dalla panchina, negli ultimi vent’anni, dopo i 12 gol segnati dallo spagnolo Paco Alcacer nel Borussia Dortmund, due anni fa.

Con una facilità e una precisione disarmanti, Muriel realizza il gol numero 18, grazie anche all’amico Duvàn Zapata, che si prende la squadra sulle spalle nel primo tempo e nel secondo offre la palla decisiva a Luis. Una coppia di bomber come da tempo non aveva l’Atalanta e che in Serie A è superata solo dal duo Ronaldo-Dybala (30 e 11 gol), 41 gol contro i 35 dei due colombiani atalantini. Indispensabili e chirurgici nel risolvere situazioni anche complicate/delicate: battere il Bologna non è stata una passeggiata e si sapeva e del resto una squadra che assieme al Milan viaggia a ritmo scudetto, dalla ripartenza dopo il lockdown, non può sempre stritolare gli avversari. Eppure siamo alla settima vittoria consecutiva in casa, vuol dire che da Atalanta-Roma 2-1 del 15 febbraio l’Atalanta a Bergamo ha sempre vinto e…e che peccato, pensando al pubblico che purtroppo non può seguire da vicino questa cavalcata. Verso un’altra Champions, verso una serie di record inimmaginabili fino a pochi anni fa, qui dove lo scudetto una volta era la salvezza.

Eppure siamo arrivati perfino a sognare uno sgambetto alla Juve invincibile e l’Atalanta ci è arrivata molto vicina…

Tornando al Bologna, l’Atalanta ci ha messo soprattutto il cuore, perché non è facile continuare a vincere come niente fosse anche quando sei sicuro di aver raggiunto l’obiettivo più grande, appunto la Champions. C’è voluto tanto cuore per frenare le velleità di un Bologna che nel primo tempo ha giocato quasi meglio dei nerazzurri, che non trovavano in Gomez il solito magico ispiratore delle loro trame. Il Bologna ci ha regalato un po’ di batticuore con le giocate del ‘figlio di Zingonia’ Barrow: bravo, il migliore della sua squadra Musa, anche un gentleman visto che…non ha fatto il gol dell’ex ma ha colpito una traversa su punizione nel primo tempo e ha mancato il gol con un tiro al volo, nella ripresa.

Gol sbagliato, gol subìto. La ‘regola’ del calcio non si smentisce: azione capovolta e Muriel non perdona. Non ha mai segnato tanto come quest’anno all’Atalanta, ha giocato con la testa fasciata per l’incidente della scorsa settimana ma ha deciso la partita.

Parlavamo di cuore. E allora come non ricordare Marten de Roon, instancabile e uomo ovunque, un trascinatore, uno capace di coprire ogni zona del campo. L’Atalanta che vince è anche lui, è Toloi che non molla mai e se Gomez può rifiatare un attimo è normale, così come si spera di rivedere il fenomeno Ilicic in Champions. Ma è chiaro che tutti sono molto bravi a seguire le idee del loro allenatore. E forse lui sì dovrebbe frenarsi, ogni tanto, per certe reazioni spropositate in panchina (e l’ennesima espulsione). Ma Gasp è questo, prendere o lasciare: per il quarto anno consecutivo con l’Atalanta in Europa e per il secondo nella Coppa delle grandi orecchie. Per fare grande squadra ci vuole grande allenatore e Gasperini lo è.

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