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L’Atalanta incassa la quattordicesima in frenata, ma la corsa Champions continua fotogallery

14 risultati utili consecutivi (11 vittorie). A Verona l'allievo Juric imbriglia il maestro Gasp. Ma il Papu deve stare al centro del gioco

La piccola Atalanta (come tanti chiamano questo bel Verona) frena la corsa della Dea e sapremo tra oggi e domani se il pareggino vale il secondo o il terzo posto, nel minicampionato a tre che i nerazzurri stanno disputando con Inter e Lazio.

È un risultato (il 14° utile consecutivo in campionato, con ben 11 vittorie e 3 pareggi dal 7-0 del 25 gennaio sul campo del Torino) che piace al Verona e tuttavia non dispiace nemmeno all’Atalanta. Che sicuramente in questa Serie A è una schiacciasassi, però se incontra un avversario che sa tenerle testa può anche…accontentarsi del punto: avevamo negli occhi la prestazione super sul campo di una Juve stordita dal dominio del gioco nerazzurro, una capolista costretta ad arrancare e rimediare il pareggino con due rigori. Ma bisogna riconoscere il valore di questo Verona, una delle più belle realtà di questo campionato.

Nella sfida allievo-maestro stavolta si può dire che un po’ più di merito va all’allievo.
All’andata Di Carmine per due volte portò in vantaggio i gialloblù, poi Malinovskyi, Muriel e al 94′ Djimsiti riuscirono a ribaltare il risultato. Al Bentegodi invece l’illusione dura meno di dieci minuti ed è un altro ex allievo, Pessina, a firmare il gol. Mentre l’amico-allievo di Gasperini, cioè Juric, dalla tribuna perché squalificato si gode la rimonta della sua squadra, che riesce a imbrigliare e bloccare molto bene le trame di gioco nerazzurre.

Un’Atalanta meno brillante del solito e si può anche capire, nemmeno il Barcellona (o il Paris…) riuscirebbe a vincere sempre. Che cosa è successo? Qualche motivo c’è.

Intanto era la prima volta, nel ciclo di partite del dopo Covid, che si giocava alle 17,15. E pensare di andare a mille all’ora anche all’ombra dei trenta gradi era utopistico, ma nemmeno è successo che abbia sofferto di più il Verona, anzi.

Nel secondo tempo si contano tre salvataggi decisivi di Gollini, due dei quali sul diciottenne Salcedo che ha fatto venire il mal di testa a Palomino e compagni.

Un altro motivo? Da tempo non capitava di vedere un Gomez così sottotono, mentre l’Atalanta si esalta e viene spesso trascinata dal suo capitano. A Verona questo non è accaduto, sarà stato anche merito degli avversari che lasciavano poco spazio, ma onestamente rivedere il Papu trotterellare sulla fascia sinistra, dove giocava una volta, non è sembrata la soluzione migliore. Per uno come lui che ormai fa il tuttocampista ed è abituato a stare al centro del gioco, a tenere lui il pallone sempre nel vivo dell’azione e provate poi a toglierglielo dai piedi. Il cervello dell’Atalanta è lui, poi una tantum possono giocare anche gli altri, ma il Papu miglior giocatore della Serie A a giugno è indispensabile e la squadra deve guidarla lui, quando c’è.

Malinovskyi, che era dall’altra parte, stavolta ha fatto un po’ meglio, Pasalic non proprio bene come col Brescia, dopo aver fatto tre gol stavolta se n’è mangiati due, uno all’inizio e uno alla fine.

Ma l’Atalanta non è riuscita nemmeno a comandare su quelle fasce dove è abituata a dettare legge e sicuramente Juric conosceva bene le qualità e la forza del suo avversario e per Hateboer (diffidato, salterà il Bologna) e Gosens è diventato tutto più complicato. Insomma, ci sono una serie di ragioni per cui non si è vista la solita Atalanta, stavolta meno brillante: puoi pure rinunciare a Ilicic, però se anche il Papu non incide, allora diventa molto più difficile.

Questo pur rendendo merito a un Verona che in casa dieci giorni fa aveva già rimontato e frenato l’Inter (2-2) e molto prima aveva battuto la Juve. E quindi è un buon punto: ormai la Champions è sempre più vicina, per il secondo anno consecutivo. Chi l’avrebbe mai detto?

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