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L'intervista

Castagne e il Covid: “Atalanta-Valencia? Allora non si parlava del virus e dei rischi”

L'esterno belga ha parlato della quarantena e della ripresa del campionato al quotidiano Het belang van Limburg: “Mi manca l'intensità che ti danno i tifosi”.

Tre mesi chiuso nel suo appartamento al terzo piano nel cuore di Bergamo, tra allenamenti individuali, serie tv e PlayStation: Timothy Castagne, esterno belga dell’Atalanta, ha trascorso così la sua quarantena, in maniera non troppo differente rispetto a quanto fatto di compagni di squadra e dai colleghi di altri club.

Un’esperienza particolare che il 21 nerazzurro ha raccontato al quotidiano Het belang van Limburg e alla giornalista Sanne Deferme, a Bergamo per un reportage sull’impatto del Coronavirus nella nostra città.

“Solo uno di noi poteva andare a fare la spese e di solito era Camille (la fidanzata ndr) – spiega – Nella prima fase abbiamo fatto sport in terrazzo e in garage, poi il club mi ha fatto avere un tapis roulant e un programma di allenamento. L’11 marzo, dopo il ritorno contro il Valencia, siamo dovuti entrare in quarantena. Fortunatamente la mia fidanzata era arrivata proprio quel giorno dal Belgio”.

Tra le possibili cause della diffusione del virus nella Bergamasca, sono molti coloro che individuano nell’andata degli ottavi di finale di Champions League giocata a San Siro con 45mila persone uno dei motivi principali: “Non eravamo consapevoli dei rischi, nessuno poteva aspettarselo in quel momento – sottolinea Castagne – Qui ancora non si era ancora parlato di un virus che stava solo in Cina e non in Europa”.

Ora il campionato ha potuto riprendere, ma le precauzioni rimangono: “Ci alleniamo normalmente ma ognuno ha una stanza e fa la doccia da solo, continuiamo a mangiare a distanza, veniamo testati ogni tre giorni e ci provano la febbre tutte le mattine. Se uno di noi risultasse positivo? Ci sono varie posizioni sul tema, per qualcuno sarebbe solo quel giocatore a doversi mettere in quarantena, altri insistono perchè tutta la squadra vada in isolamento. Ma significherebbe non giocare per due settimane e non è semplice visto che si scende in campo ogni tre giorni e il calendario è molto concentrato. Poi ad agosto riprende anche la Champions a Lisbona. È un ritmo pesante dopo una sosta di tre mesi e temo che si vedranno molti infortuni”.

La ripresa, nonostante i risultati positivi della squadra di Gian Piero Gasperini, ha però un elemento mancante: il tifo.

“È strano giocare in stadi vuoti – ammette – non riesci ad avere la stessa intensità durante le partite- Probabilmente dobbiamo ancora abituarci ma davvero non è la stessa cosa. Io preferisco giocare coi tifosi, è molto meglio: si sta cercando di farli tornare prima della fine della stagione, lo spero ma deve essere sicuro per tutti”.

Per Castagne il 2020 sarebbe dovuto essere anche l’anno dell’Europeo con il suo Belgio, ma la competizione è stata rimandata al 2021 a causa della crisi sanitaria: “Un vantaggio? Per me non fa nessuna differenza, ma provo comunque a vederne i benefici per il Belgio: ad esempio quest’anno Hazard è stato infortunato. E forse l’anno prossimo avrò anche più minuti nelle gambe”.

Inevitabile, a questo punto, una domanda sul suo futuro: “Ci sono dei colloqui ma sono cose a cui pensa il mio procuratore – taglia corto il belga – Ho davanti un periodo frenetico con l’Atalanta e non voglio perdere la concentrazione”.

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