La sua è una di quelle storie alle quali non ti puoi non appassionare: per la sua tenacia, la voglia di cambiare un destino infame, la determinazione nel raggiungere un obiettivo che in molti avevano definito “impossibile”.
Dall’incidente dell’autunno 2017 che le ha stravolto la vita sono passati già due anni e mezzo e vederla camminare senza supporti è qualcosa di straordinario: perché a Letizia Milesi, 19enne di Roncobello, dopo una caduta dal bus era stata diagnosticata un’emiplegia da trauma alla parte destra del corpo che avrebbe compromesso la sua capacità di muoversi autonomamente.
Dopo l’operazione in Texas a fine ottobre 2019 e un impegnativo percorso riabilitativo agli ordini del luminare russo Viktor Terekhov, oggi Letizia ha messo da parte la sedia a rotelle e persino la stampella che la sosteneva (LEGGI QUI).
“Sono felicissima – dice emozionata –, perché ho già raggiunto un traguardo che non mi aspettavo. Riesco a camminare senza supporti, devo solo tenere un tutore al piede o alla gamba. Sto studiando il mio corpo, cercando nuovi riferimenti per camminare: non ho ancora la sensibilità, quindi ascolto il rumore del piede a terra per orientarmi”.
Quando a inizio marzo si è iniziato a parlare di chiusure e lockdown, però, Letizia ha iniziato a preccuparsi: “In America mi avevano detto che i primi sei mesi sarebbero stati quelli fondamentali per il mio recupero – ricorda – Così ho chiamato subito il dottor Viktor e i miei fisioterapisti: non potendo andare a Dalmine per le solite sedute con il loro macchinario, mi hanno fornito un elenco di esercizi da fare il più spesso possibile”.
Detto, fatto.
“Per tutta la quarantena ho fatto due ore e mezza/tre ore di allenamento ogni mattina – spiega Letizia – Erano tutti esercizi per mantenere il tono muscolare: ho cercato sempre di dare il meglio, aumentando la difficoltà. L’ho fatto per due mesi, non volevo stare ferma perché avevo paura di perdere tempo prezioso”.
Ancora una volta è la sua tenacia a fare la differenza: “Quando sono tornata da Viktor mi è stata fatta subito un’elettromiografia per monitorare la situazione: tutti si aspettavano di vedere una riduzione del tono muscolare e invece si sono resi conto che avevo mantenuto tutto come prima e siamo potuti ripartire esattamente da dove eravamo rimasti. Sono consapevole che ora i tempi di recupero si sono allungati: senza il lockdown sarei molto più avanti nel percorso, perché il macchinario fa la differenza e non è come fare esercizio in solitaria a casa, ma pazienza”.
Il rapporto con il dottor Viktor, inventore di un metodo innovativo e di un macchinario che porta il suo nome in grado di replicare esattamente i modelli fisiologici di movimento del corpo umano, è sempre stato speciale.
“Era felicissimo di rivedermi e mi ha detto: ‘Adesso non ci fermiamo più’ – racconta divertita Letizia, simulando un accento russo per fare il verso al suo medico – Mi ha cambiato la tipologia degli esercizi, ora più mirati e faticosi. Facciamo sedute da un’ora e 45 minuti, senza pause: esco sempre distrutta, ma felice. Mi ha detto che il mio recupero massimo l’ho già raggiunto, ora tutto ciò che viene è in più”.
Ma Letizia è abituata a guardare oltre, a fissare il traguardo sempre un po’ più in là: “Voglio il più possibile, perché ho perso due anni di vita. E dopo due anni di rinunce appena ho avuto il via libera ho pregato tutti i miei amici di portarmi ovunque. È difficile, ma quando ti rendi conto che quella non è la vita che vorresti le forze dentro di te le trovi sempre”.
Una storia incredibile: di tenacia, di voglia e determinazione, si diceva.
“In quarantena ho iniziato a scriverla – confessa Letizia – dal giorno dell’incidente, ripercorrendo tutte le tappe e fino a… fino a non lo so, perché ancora non è finita. Ma diventerà un libro”.
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