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Oltre l'ops

Intesa-Ubi, a chi giova screditare il credito?

Non dimentichiamo che sono molti i fondi - perlopiù esteri - che hanno pacchetti di azioni importanti di entrambe le banche.

Dal 17 febbraio 2020 Intesa Sanpaolo ha lanciato un’Ops su Ubi Banca. Intesa offre agli azionisti Ubi di scambiare 10 azioni Ubi con 17 di Isp. Punta a raggiungere i due terzi del capitale Ubi, a quel punto può incorporarla senza opposizioni.

Tra le leggi di mercato ce n’è una che sostiene che gli affari si fanno quando si compra.

Per esempio un bene immobile diventa un affare quando si abbassa di molto il prezzo di acquisto. Funziona così anche per le azioni. Se non fosse che lanciata l’Ops su Ubi, entrambi i titoli hanno guadagnato parecchio. L’affare Intesa-Ubi ha subito l’effetto Covid, il panorama è cambiato moltissimo, ma Intesa non intende demordere. È iniziata così una guerra senza riguardo alcuno per i colpi bassi. Intendendo per questi l’aprire tutti gli armadi in cerca di scheletri. È ovvio, lo sa anche la casalinga nel cambio armadi a fine stagione, che qualcosa di brutto se si apre tutto si trova e questo va buttato.

Resta però sul tavolo una campagna di scredito sul bene da acquistare che non giova a nessuno. Il piccolo azionista dovrebbe osservare bene queste mosse e chiedersi, al di là del suo piccolo margine, perché un colosso bancario come Intesa insista nel raggiungere il proprio obiettivo di conquistarsi Ubi, una banca che viene sminuita in una campagna stampa che la descrive non proprio come virtuosa?

Quindi: a chi giova screditare il credito italiano? Non dimentichiamo che sono molti i fondi – perlopiù esteri – che hanno pacchetti di azioni importanti di entrambe le banche.

C’è un’altra domanda che deve porsi il piccolo azionista. Oggi Intesa ha messo sul piatto bergamasco aiuti consistenti, è inutile nasconderlo, ma in futuro saprà avere tutta questa attenzione sul territorio? Le nostre banche hanno sempre avuto un obiettivo parallelo all’utile dell’istituto di credito, che sono gli investimenti sul territorio per quanto riguarda ospedali, ricerca, università, musei, salvaguardia del patrimonio….. Un colosso bancario che avrà cuore a Milano e che non ha radici a Bergamo, avrà il pensiero e la cura per questo territorio? O manterrà quello spirito “latino” della solidarietà, lontano dallo spirito più Nord europeo – come direbbe Max Weber – concentrato solamente sul profitto?

Per ultimo, anche se non per importanza, resta il fatto che oggi le banche sono imprese che hanno un fiato breve. Nel senso che sono troppe, con troppe filiali e quindi con costi di personale e di struttura altissimi, inoltre vivono la concorrenza spietata dell’online. Che è inutile rimarcare ha cambiato il nostro rapporto di ognuno di noi con la propria banca.

Questa operazione di Intesa punta a prendersi una banca per inglobarla per poi conquistarsi una situazione predominante nel Nord Italia. Una posizione di tutto riguardo che la renderà protagonista e fulcro di molte operazioni e relazioni, non solo bancarie.

C’è da dire che se non dovesse andare in porto questa operazione Ubi dovrebbe svegliarsi dalla favola e dire chiaro e tondo come vuole diventare il terzo polo senza tentennamenti su Monte Paschi e via di seguito. Con questa Ops di Intesa è dimostrato che la Ubi Banca è una pedina molto appetitosa, ma anche per colossi esteri se non esce dal suo “piccolo è bello”. Solamente così Ubi potrebbe conquistarsi un ruolo e non perdere il valore conquistato a Piazza affari in questi mesi.

Infine, un ultimo appunto, l’esperienza che sta vivendo ora Ubi Banca è un chiaro messaggio al Banco Popolare. Occorre muoversi.

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