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Camera di commercio

Effetto Covid sulle imprese, indagine a Bergamo: dal 3 al 9% a rischio sopravvivenza

Su 735 imprese bergamasche appartenenti ai settori del manifatturiero, commercio e servizi

La Camera di commercio di Bergamo, nel realizzare lo studio sulla congiuntura economica, ha condotto a cavallo tra aprile e maggio un’indagine su 735 imprese bergamasche appartenenti ai settori del manifatturiero, commercio e servizi per sondare gli effetti del confinamento da Covid-19. La rilevazione è avvenuta alla conclusione del periodo più grave dell’emergenza sanitaria, cosa che permette di sviscerare quali siano stati gli effetti della pandemia sull’organizzazione e sulle prestazioni aziendali. Va segnalato che mancano le risposte di molte imprese dei servizi alla persona, alloggio e ristorazione, in quanto chiuse.

Oltre che sul fatturato, l’epidemia ha inciso sulla struttura organizzativa e sul personale per oltre il 50% dei casi in tutti i settori, con una punta del 68% nell’industria. Le nuove condizioni della domanda hanno comportato in gran parte dei casi una riduzione dell’attività, soprattutto nell’industria. Il commercio al dettaglio alimentare e non alimentare presenta invece una situazione più variegata: meno indicazioni di riduzione e una parte di imprese che dichiarano un incremento di attività. Una minoranza di imprese hanno convertito la propria attività.

L’impatto si è fatto sentire anche sulle modalità di approvvigionamento, produzione e distribuzione. Le imprese industriali hanno denunciato interruzioni di linee di fornitura nel 53% dei casi e un rallentamento nel 61%. Per l’artigianato la situazione è stata meno grave e ancor meno per i servizi, meno dipendenti dal rifornimento di merci.

Il lavoro agile ha rappresentato uno strumento importante per consentire la prosecuzione dell’attività in condizioni di sicurezza durante l’emergenza: l’ha attivato il 66% delle imprese industriali bergamasche (63% in Lombardia). È stato invece poco compatibile con l’attività del commercio al dettaglio e dell’artigianato, dove lo scarso utilizzo è spiegato anche dalla ridotta dimensione delle aziende: il numero di addetti risulta infatti una variabile strettamente correlata alla diffusione del lavoro agile. Prevale l’implementazione di soluzioni temporanee, essendo poche le imprese già strutturate per il lavoro a distanza: in questo senso il Covid-19 ha forzatamente accelerato un processo di cambiamento.

Il ricorso alla Cassa integrazione è lo strumento adottato dalla maggior parte delle imprese per conservare la forza lavoro comprimendo i costi: nella manifattura lo ha attivato circa l’80% del campione intervistato. Altri provvedimenti sono stati il blocco delle assunzioni e il mancato rinnovo dei contratti in scadenza. Se i numeri dell’analisi congiunturale mostrano una provvisoria tenuta occupazionale, questo sondaggio fotografa una situazione di forte incertezza, che potrebbe sfociare in una significativa diminuzione dell’occupazione nell’autunno.

La riduzione della domanda e la cancellazione degli ordini rappresentano l’effetto negativo più citato dalle imprese dei settori dell’industria e dei servizi, mentre le imprese artigiane avvertono anche problemi finanziari e di liquidità. Per le imprese del commercio al dettaglio assumono rilevanza centrale le chiusure e le limitazioni imposte all’attività dalle misure di contenimento dell’epidemia, soprattutto per gli esercizi non alimentari, seguiti da difficoltà finanziarie e di liquidità. Il settore del commercio è tuttavia quello con la percentuale più elevata di imprese che non segnala particolari problemi.

I mancati incassi dovuti all’emergenza sanitaria rappresentano perdite che non saranno recuperate, salvo nell’industria dove la maggioranza prevede il recupero con tempi generalmente superiori all’anno.

La situazione finanziaria delle imprese appare problematica in oltre il 40% dei casi per i settori dell’artigianato, dei servizi e del commercio al dettaglio; l’industria, con una dimensione media superiore e una maggiore solidità patrimoniale, registra invece una percentuale più elevata di imprese che non dichiarano condizioni finanziarie critiche.

La quota di imprese che segnala difficoltà tali da metterne a rischio la sopravvivenza non è purtroppo trascurabile, passando dal 3% dell’industria al 9% di artigianato e servizi e salendo ulteriormente nei comparti più a rischio come le attività di alloggio e ristorazione e i servizi alla persona. Una quota di imprese non ha subito ricadute economiche negative: si tratta di una parte minoritaria del tessuto imprenditoriale per tutti i comparti, con la consueta eccezione del commercio, dove raggiunge il 31%.

La principale sfida di fronte alle imprese per uscire dalla situazione di emergenza è la ricerca di nuovi clienti e mercati, visto che le ripercussioni economiche causate dal Covid-19 indeboliranno probabilmente a lungo la domanda interna. Al secondo posto, la diversa organizzazione del lavoro per rispettare le regole di sicurezza imposte dalla fase di convivenza con il virus, con una crescente attenzione al tema all’aumentare delle dimensioni aziendali. Al terzo posto la ricerca di nuovi prodotti o servizi per venire incontro ai cambiamenti di comportamenti e abitudini indotti dall’emergenza.

Gli imprenditori fanno fronte comune nel sollecitare interventi da parte delle istituzioni, in primo luogo l’agevolazione del credito e il sostegno finanziario, richiesto soprattutto dai servizi e dal commercio al dettaglio; la moratoria delle imposte; il sostegno al reddito d’impresa e il ristoro dei danni subiti, interventi richiesti dall’artigianato. Per l’industria rileva particolarmente il rafforzamento degli ammortizzatori sociali, esigenza avvertita anche dalle imprese medio-grandi degli altri settori.

“Il sondaggio sugli effetti del Covid-19 presso un campione eterogeneo e limitato delle imprese bergamasche ‒ commenta il presidente Carlo Mazzoleni ‒ ci offre spunti di riflessione. Sembra di poter rilevare, in particolare, che i riflessi sull’occupazione, per ora mascherati dallo strumento della Cassa integrazione, si potranno fare sentire se la ripresa tardasse troppo a lungo. Inoltre appaiono allarmanti le risposte riguardo le difficoltà che possono mettere a rischio la sopravvivenza dell’impresa”.

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