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Cos'è successo in questi mesi

Medici di base e Ats: storia di un rapporto ormai logoro che si è spezzato

Il ritiro dei camici bianchi dai tavoli di lavoro è l'ultimo capitolo di una convivenza precipitata agli inizi dell'emergenza. Da marzo ad oggi, ecco le tappe della rottura

L’emergenza Coronavirus ha scavato un solco profondo tra i medici di base e l’Ats Bergamo. L’abbandono dei tavoli di lavoro dell’Ats da parte dei rappresentanti di categoria e dell’Ordine provinciale dei medici è l’ultimo capitolo di un rapporto incrinatosi ad inizio emergenza, quando i camici bianchi denunciavano un giorno sì e l’altro pure la scarsità di dispositivi di protezione individuale: mascherine, occhiali di protezione, camici monouso… tutti presidi indispensabili per limitare il rischio di contagio. Abbiamo quindi pensato di ripercorrere questi mesi e le tappe che hanno portato alla rottura.

16 marzo

A fine mese si contavano già 150 medici di base malati su 600. Tanto che il giorno 16 la Fimmg (Federazione italiana Medici di Medicina generale) aveva inoltrato una diffida alla Procura di Bergamo: “Non risulta inviato ai medici alcun protocollo o elenco di dispositivi idonei a proteggere dal rischio”, scriveva la segretaria regionale Paola Pedrini, chiedendo di provvedere all’immediata erogazione di kit. Sinistra coincidenza, lo stesso giorno veniva a mancare il dottor Mario Giovita, 65 anni, medico di base a Caprino e Cisano Bergamasco: il primo dei 6 colleghi scomparsi durante la fase più buia e violenta dell’epidemia.

30 marzo

Un paio di settimane più tardi, il presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo Guido Marinoni utilizzava questa metafora per descrivere la situazione sanitaria: “Mi ricorda il Vajont”. Tradotto: “La diga era meravigliosa dal punto di vista ingegneristico, ma non avevano messo in sicurezza i fianchi della montagna che è franata nel bacino provocando un disastro”. Un attacco frontale all’Ats, secondo Marinoni rea di non aver messo in atto “una politica sanitaria adeguata. Tutto il territorio è sfuggito perché ci si è concentrati solo sui posti letto in terapia intensiva, dimenticandosi che questo è un problema di sanità pubblica”.

24-27 aprile

Un mese dopo va in scena un altro capitolo dello scontro. Il direttore generale di Ats Massimo Giupponi, attraverso una delibera, incarica l’avvocato Angelo Capelli di rispondere a cinque quesiti sulla gestione dell’emergenza. L’obiettivo è quello di “verificare la correttezza delle azioni poste in essere dai soggetti a vario titolo coinvolti e la fondatezza di eventuali responsabilità, specie di natura civile e amministrativa, ipotizzabili a loro carico e a danno dell’Agenzia – riporta la delibera – nonché al fine di valutare la sussistenza delle responsabilità civili evocate da più parti in capo all’Ats di Bergamo”. In pratica valutare se ci siano stati errori e chi li abbia commessi, per farsi trovare pronti in caso di strascichi giudiziari.

Uno dei quesiti riguarda l’operato dei medici di base, che non la prendono affatto bene. I sindacati Fimmg e Snami (Sindacato nazionale autonomo medici italiani) diffondono un comunicato sottolineando in primis il costo della consulenza: “Costerà ai cittadini lombardi 15.758 euro… di certo avremmo preferito che questa cifra venisse spesa per dei servizi a favore degli stessi contribuenti, come consulenze scientifiche per evitare errori nella programmazione della ‘Fase 2’, o semplicemente qualche tampone in più!” metteno nero su bianco Mirko Tassinari (Fimmg) e Marco Agazzi (Snami). Tamponi che, per molti di loro, non arriveranno prima di metà maggio.

“Non siamo avvocati – si legge a margine del comunicato – ma semplici medici di famiglia e quindi non siamo in grado di valutare le responsabilità civili, amministrative ed anche penali”. Poi la stoccata: “Siamo comunque certi di non aver arrecato alcun danno all’Agenzia di Tutela della Salute, ma non siamo così altrettanto sicuri del contrario. Centocinquanta di noi – aggiungono – si sono ammalati e purtroppo sei sono morti per aver fatto il loro lavoro, senza tirarsi indietro, nella miseria dei dispositivi di protezione ricevuti spesso troppo tardi”.

Una mossa, quella di Ats, che ha scaldato parecchio gli animi, tant’è che risulta anche un esposto alla Corte dei Conti presentato dai sindacati Fismu ed Umi il 3 giugno. “La consulenza – ha sempre risposto l’Agenzia di Tutela della Salute – serve solo per avere un quadro completo della situazione, non per accusare altri enti o operatori sanitari”.

15 giugno

Sempre Tassinari e Agazzi, insieme a Vincenzo De Gaetano (Smi Bergamo) e Giancarlo Testaquatra (Simet) inviano una lettera al dottor Roberto Moretti e al collega Marco Cremaschini, rispettivamente direttore e vice dell’Unità operativa complessa di Cure primarie, la struttura dell’Ats che gestisce i camici bianchi sul territorio. Una lettera di ringraziamento che allo stesso tempo è un j’accuse ai vertici Ats.

“Sono stati giorni convulsi, dove a noi veniva detto che tutto andava bene – scrivono i rappresentanti delle quattro sigle sindacali più importanti – che era tutto sotto controllo e non bisognava creare allarmismi tra la gente, dove sui giornali apprendevamo che l’Ats mandava i controlli nei nostri studi o assumeva avvocati per verificare il nostro lavoro, dove si lanciava la campagna ‘noi ci siamo’ invitando il personale sanitario in servizio a postare selfie per rafforzare il senso del dovere (alludendo chissà cosa nei confronti dei 1.000 sanitari a casa in malattia o in isolamento), dove non venivamo interpellati sui problemi se non saltuariamente, dove ponevamo decine di quesiti senza ricevere risposte. Ora che la terribile ‘fase 1’, la nostra Caporetto, è alle spalle, si può iniziare a stendere bilanci, conclusioni ed anche ringraziamenti”.

Su chi elogiare hanno pochi dubbi. “Per molti di noi – prosegue la lettera – l’unico riferimento è stato il dottor Moretti, a capo di una unità ridotta all’osso per personale, già in sotto organico cronico e ora anche in malattia. Moretti si è speso instancabilmente senza tirarsi indietro, senza nascondere le difficoltà nell’affrontare qualcosa che andava oltre ogni sua possibilità. Tutto questo con empatia e umanità verso i propri soldati al fronte, rattristandosi per i caduti, spendendosi al massimo di quanto gli era concesso fare”. Al contrario“non abbiamo sentito dall’Ats parole di cordoglio per i nostri sei colleghi caduti sul campo, né ringraziamenti per aver dato l’anima ininterrottamente: ma anche a Caporetto furono gli ufficiali intermedi a reggere”.

29-30 giugno

A soli 6 mesi dal conferimento dell’incarico, il dottor Moretti viene ufficialmente rimosso dalla stessa Ats, coincidenza o meno dopo la lettera di elogio. Per i medici di base è la goccia che fa traboccare il vaso, tanto che il giorno successivo i rappresentanti di categoria lasciano i tavoli dell’Ats che devono preparare Bergamo per un eventuale ritorno in autunno del virus. La stessa decisione viene deliberata martedì sera dal Consiglio dell’Ordine dei medici di Bergamo.

“Siamo profondamente preoccupati per la situazione venutasi a creare nell’Ats di Bergamo” dichiara Marinoni, riferendosi al ‘caso Moretti’ e ancor prima alle dimissioni di Pietro Imbrogno, direttore del Dips (Dipartimento di Igiene e prevenzione sanitaria ndr). “In questi mesi – aggiunge – non c’è stata da parte della direzione strategica dell’Ats una volontà di collaborazione, né di vicinanza (‘neppure formale’, sottolinea) alla categoria dei medici, colpita da gravissimi lutti nell’adempimento del dovere. La progettualità espressa ad oggi da Ats, sulla base di affollati gruppi di lavoro è priva di reale capacità operativa. E non può essere diversamente – conclude – se vengono meno gli adeguati riferimenti di responsabilità tecnica nella struttura aziendale. Auspichiamo un cambiamento immediato” perché “non vogliamo essere identificati tra i responsabili di decisioni formate in assenza di un adeguato supporto tecnico gestionale”.

Tra le priorità l’Ordine sottolinea “la programmazione della vaccinazione antinfluenzale a partire dal mese di ottobre”, la riorganizzazione di quello che definisce un “confuso sistema informatico di richiesta dei tamponi e di trasmissione delle relative risposte, per evitare le lungaggini e i disguidi verificatisi in questi mesi”. E ancora “l’ottimizzazione delle procedure di tracciamento e isolamento di casi e contatti” aggiungendo al lavoro dei medici di famiglia “l’intervento rapido del Dipartimento di Igiene e prevenzione sanitaria”. Questo nella prospettiva di un autunno “che richiederà un’attività molto intensa”, compreso “lo stoccaggio di una riserva di dispositivi di protezione per la fornitura immediata ai medici e agli altri operatori sanitari del territorio”.

L’Ordine ha anche ribadito la “piena disponibilità a collaborare con le Istituzioni”, segnalando però che le attività indicate “di specifica competenza dei Dipartimenti dell’Ats, possono essere sviluppate solo con la piena funzionalità dei servizi e dei diversi livelli di responsabilità dell’Agenzia. In mancanza di questi – rimarca – i tavoli di condivisione hanno un significato meramente formale e di prevalente valenza politica, senza quindi una reale capacità operativa”.

Ats, contattata per una replica, ha preferito rimandare tutto alla pubblicazione di un comunicato stampa.

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