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Ai domiciliari

Inchiesta richiedenti asilo, martedì l’interrogatorio di padre Zanotti

Il frate 73enne dovrà spiegare le pratiche nella gestione degli ospiti, ritenute da chi indaga irregolari e organizzate in modo da poter arrotondare grazie ai contributi pubblici

Sarà ascoltato martedì padre Antonio Zanotti, il frate al centro della maxi inchiesta della procura di Bergamo che ha portato alla luce irregolarità nella gestione da parte di alcune strutture bergamasche nella gestione dei contributi pubblici destinati all’accoglienza dei richiedenti asilo.

Il fondatore della cooperativa Rinnovamento di Fontanella, 73 anni, che si trova agli arresti domiciliari da martedì nel convento di Sovere, si presenterà di fronte al Gip Lucia Graziosi, che ha firmato l’ordinanza a conclusione dell’indagine condotta dai carabinieri di Bergamo e coordinata dal pm Fabrizio Gaverini (che l’ha ereditata dal collega Davide Palmieri) con accuse pesanti come l’associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato attraverso l’acquisizione di erogazioni pubbliche non spettanti, lo sfruttamento del lavoro nero e il riciclaggio.

Padre Zanotti, difeso dall’avvocato Sergio Fiori di Crema, dovrà spiegare le pratiche nella gestione degli ospiti delle sue strutture, ritenute da chi indaga irregolari e organizzate in modo da poter arrotondare grazie ai contributi pubblici. Nella sede legale di Romano di Lombardia è stata sequestrata la somma 126mila euro.

Nello stesso giorno sarà ascoltata anche Anna Maria Preceruti, 58 anni, presidente della cooperativa di Antegnate, anch’essa ai domiciliari, con un contributo chiave nella vicenda secondo le indagini nell’assecondare il volere di padre Zanotti.

Così come Giovanni Trezzi, 38 anni, anche lui ai domiciliari, che nella gestione di diversi centri avrebbe eseguito gli ordini impartiti da Padre Zanotti, ma spesso controvoglia e forse solo per non perdere il posto di lavoro.

Nel frattempo proseguono gli accertamenti attorno alla cooperativa Ruah e l’associazione Diakonia, legate alla Caritas di Bergamo dove sono stati 38 gli avvisi di garanzia notificati. Anche per loro i reati sono di sfruttamento del lavoro e inadempimento di contratti di pubbliche forniture e riciclaggio, con l’aggiunta della turbativa d’asta.

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