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L'opinione

Caso Montanelli: quella statua ci parla del cambiamento del mondo

Serve a ricordarci che tutto quello che oggi ci sembra assurdo, ci appare tale proprio perché l’umanità, la cultura e il buonsenso hanno avuto la meglio.

A Milano, è stata imbrattata la statua del celebre giornalista Indro Montanelli: coperta da una colata di vernice rossa. Sulla base della statua è stato scritto “fascista stupratore”.

Già nel 2018 si pensò di rimuovere la statua di Montanelli, in quanto la sua figura sarebbe potuta risultare offensiva per qualcuno.

Perché Montanelli è un simbolo discusso? Perché una statua crea così tanto clamore? Non è, ovviamente, per la statua in sé: Trieste è piena di statue di scrittori (da Svevo a Ungaretti) e nessuno ha mai mosso critiche.

Montanelli è stato giornalista del Corriere della Sera, ha fondato Il Giornale e poi La Voce, ed è stato reporter, per citare due viaggi tra tutti, durante la guerra russo-finnica e nella guerra civile spagnola; quando i fascisti italiani si sono recati in Spagna a sostegno delle truppe di Franco.

La figura di Montanelli è molto discussa, ma non per le sue abilità giornalistiche che sono inopinabili.

Arriviamo agli appellativi che sono stati scritti alla base della statua: fascista stupratore.

Partiamo dal termine fascista. Per spiegare questo termine è necessaria una breve digressione storica. A metà degli anni 20 venne costituito il sindacato nazionalfascista dei giornalisti, ovvero, un organo diretto da Ermanno Amicucci, fedelissimo di Mussolini, il cui compito era stabilire quali giornalisti potessero entrare a far parte dell’albo e continuare a scrivere come professionisti. I giornalisti non dovevano essersi compromessi con la stampa antifascista e manifestare pieno e incondizionato appoggio al regime. Lo stesso Luigi Albertini, direttore storico del Corriere, si rifiutò di appoggiare il fascismo e nel 1925 la famiglia Crespi, finanziatrice del Corriere, gli chiese di abbandonare la direzione. Consideriamo anche che Montanelli appartiene alla generazione che Forcella ha definito dei “ I fratelli maggiori”, ovvero quei giornalisti nati attorno al 1900, e che è quindi cresciuto con la stampa e le ideologie fasciste. In una situazione del genere essere fascisti era la normalità, infatti, pochi, tra cui Benedetto Croce militavano nel giornalismo antifascista (ricordiamo Il manifesto degli intellettuali antifascisti).

L’Italia è piena di piazze costruite in epoca fascista, ma, così come le statue, non possono fare nulla, sono solo storie e cancellarle non è la scelta corretta.

Adesso passiamo all’appellativo stupratore, un termine che è molto difficile da usare e bisogna stare davvero molto attenti quando lo sia adotta, soprattutto in un’epoca con così un alto tasso di violenza sulle donne.

Montanelli, durante la guerra d’Abissinia, ha diretto una tribù locale e dopo qualche mese ha comprato per 350 lire una ragazza di circa dodici anni dal padre e con lei, come ammette lui stesso, in un’intervista a “L’ora della verità” nel 1969, ha avuto anche rapporti. Il reporter all’epoca aveva venticinque anni e ammette, sempre nell’intervista, che in Europa non avrebbe mai avuto rapporti con una ragazza di dodici anni, ma in Africa la situazione nei primi decenni del Novecento era totalmente diversa.

Le ragazze già a quattordici anni avevano almeno due figli e a vent’anni venivano considerate anziane. È importante tenere a mente che l’aspettativa di vita in quell’epoca era comunque più bassa rispetto ad oggi, soprattutto in continenti come l’Africa in cui vi era più povertà, fame e ben pochi ospedali. È facile quindi credere che la versione fornita più volte da Montanelli sia corretta. Lui stesso ha ammesso che non si poteva parlare di stupro in quanto non aveva violentato quella ragazza.

Queste parole sembrano assurde: come fa, oggi, una ragazza di vent’anni a non essere arrabbiata con uno scrittore che ha comprato e avuto rapporti con una bambina? La risposta sta nella domanda. Da quel matrimonio sono passati quasi cento anni. Se oggi un qualsiasi giornalista compisse la stessa azione verrebbe trattato in maniera diversa, verrebbe sicuramente minacciato delle cose peggiori e dopo un po’ di clamore nessuno leggerebbe più un suo articolo e subirebbe un processo. Questa vicenda, però, è ambientata quasi un secolo fa quando le donne non potevano votare, la regina Elisabetta non aveva ancora dieci anni e l’uomo non era ancora andato sulla Luna. Ecco perché quella statua deve rimanere esattamente dov’è: perché non è il simbolo di un “fascista stupratore”, ma oltre ad essere un monumento dedicato ad un grande giornalista, è il simbolo di come la storia sia andata avanti e di quanto le cose siano cambiate. Serve a ricordarci che tutto quello che oggi ci sembra assurdo, ci appare tale proprio perché l’umanità, la cultura e il buonsenso hanno avuto la meglio.

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