Tutto è iniziato con una denuncia di violenza sessuale subita da un’operatrice nel 2018 che ha portato le attenzioni degli investigatori su una cooperativa sociale della provincia di Bergamo, che ospitava diversi migranti.
Ne è scaturita un’indagine vera e propria che martedì 16 giugno ha portato agli arresti domiciliari tre persone, Z.A., P.A.M. e T.G., rispettivamente padre spirituale/fondatore, presidente ed economo della coop in questione, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato attraverso l’acquisizione di erogazioni pubbliche non spettanti, sfruttamento del lavoro nero, riciclaggio ed altro.
Le indagini, coordinate dal pubblico ministero Davide Palmieri (oggi in servizio presso la Procura della Repubblica di Nocera Inferiore) e protrattesi dal mese di gennaio 2018 sino al successivo aprile 2019, hanno consentito di raccogliere elementi probatori certi a carico anche di ulteriori 38 soggetti, tutti indagati e destinatari di informazioni di garanzia.
Come detto, le indagini sono nate dalla denuncia di una operatrice che ha messo in risalto – secondo gli investigatori – le evidenti carenze nella gestione del centro, a partire dalla mancanza di personale qualificato e nel numero previsto, evidenziando un controllo degli stranieri assolutamente carente ed approssimativo.
Nel periodo dell’indagine è stato introdotto l’obbligo di “rendicontazione” delle spese sostenute per l’accoglienza, cosa che ha obbligato i titolari del centro a dover tracciare tutte le spese che prima, evidentemente, secondo le forze dell’ordine, erano solo millantate. Infatti, pare che sia diventata frenetica l’attività degli arrestati e dei deferiti a piede libero, al fine di dimostrare spese mai sostenute, a volte con fatture false grazie a commercianti o imprenditori compiacenti, altre volte falsificando vecchi documenti, ancora costruendo falsamente “registri di presenze” di stranieri che in realtà si erano assentati e non facevano rientro.
La truffa aggravata ai danni dello Stato per il recepimento di erogazioni pubbliche non spettanti è riferibile, secondo le indagini, alla produzione e falsificazione di computi contabili inglobati poi in sede di rendicontazione, falsificazione delle firme dei migrati/richiedenti asilo per attestarne la falsa presenza all’interno del centro, dinamiche anche correlate ai mancati check-out dei migranti che nel corso del tempo si erano trasferiti dalle varie strutture omettendo dolosamente la comunicazione obbligatoria dell’allontanamento dell’ospite all’ente di riferimento.
Fanno sapere le forze dell’ordine che nell’ambito delle indagini sono poi emerse altre gravi violazioni come lo sfruttamento dei migranti in attività lavorative prive di tutele tra le quali la produzione di guarnizioni, lavori edili per conto della cooperativa e delle attività commerciali da loro controllate, venendo sfruttati e sottopagati non solo direttamente ma anche da commercianti ed imprenditori che ne ricevevano i servigi con paghe assolutamente non regolari.
La ricostruzione degli inquirenti ha consentito di sequestrare preventivamente alla coop 130mila euro, in attesa di quantificare l’esatto ammontare del guadagno irregolare.
E non sarebbe finita qua, perché dalle indagini sarebbe stato scoperto che ai migranti/richiedenti asilo è stato fornito più volte cibo scaduto.
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