La città intorno a loro scorre come se fosse un normale inizio di settimana post lockdown. Il traffico fluisce e la gente attraversa il Sentierone a passo spedito. C’è chi rallenta, incuriosito dallo schieramento formato da quel centinaio di infermieri che lunedì 15 giugno ha scelto di fermarsi, immobile, in piazza Vittorio Veneto. Una manifestazione composta e pacata, organizzata per portare sotto i riflettori le rivendicazioni del settore: aumento degli stipendi con equiparazione ai livelli europei, riconoscimento della indennità di rischio, adeguamento orario in base all’anzianità, riconoscimento del lavoro usurante.
Intorno alle 10.15 gli infermieri bergamaschi si sono schierati nella piazza che rappresenta il cuore pulsante della città: un metro e mezzo abbondante di distanza l’uno dall’altro, qualcuno con un cartello in bella vista, altri con un palloncino rosso.
C’è chi si è portato il figlio piccolo, chi ha gli occhi lucidi coperti da grossi occhiali da sole scuri. Tutti vogliono sottolineare una cosa: “Durante questa pandemia ci hanno dato un riconoscimento parziale – spiega Laura Mangili, infermiera di Bergamo -. Ma noi vogliamo essere riconosciuti tutti i giorni come professionisti. Per fare questo mestiere abbiamo conseguito una laurea, abbiamo delle nostre specificità e dei ruoli. Non ci bastano gli applausi dai balconi o le frasi di rito solo perché, in questo momento, c’è stato bisogno di noi; adesso non vogliamo tornare nell’ombra ma restare protagonisti nella nostra professione”.
“Il nostro lavoro è usurante che ci porta responsabilità enormi che non ci vengono riconosciute: siamo scesi in piazza perché vogliamo riportare sul tavolo di legge tutti i nostri contratti” conclude Laura, accompagnata dalle colleghe Angela Mannina, Serena Falgari e Valentina Tricarico che, ci tengono a sottolinearlo, rappresentano “anche tutti i colleghi impegnati al lavoro che avrebbero voluto essere in piazza al nostro fianco”.
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