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La tredicenne decapitata

L’omicidio di Romina e la condizione della donna in Iran: parla Aisha, 24 anni

Figlia di genitori iraniani, ma cosmopolita di mentalità, Aisha ha voluto raccontare a BGY come vivono i giovani in Iran dove “molti fatti simili accadono ogni giorno, ma questo è l’unico ad essere diventato virale.”

Il 27 maggio 2020, Romina Ashrafi, tredicenne iraniana, è stata decapitata dal padre per essere scappata con un uomo, un ventottenne della sua città del quale era innamorata da anni. Un fatto talmente riprovevole da scuotere le coscienze mondiali, eppure, secondo il Codice penale islamico iraniano, il delitto d’onore non è al pari degli altri omicidi.

Aisha, ventiquattrenne iraniana che, grazie a una borsa di studio, da un anno sta frequentando la Statale di Milano, ha vissuto tra Babol, la sua città natale, Teheran, Londra, l’Italia e la Germania, seguendo gli spostamenti lavorativi del padre. Figlia di genitori iraniani, ma cosmopolita di mentalità, ha voluto raccontare a BGY come vivono i giovani in Iran dove “molti fatti simili accadono ogni giorno, ma questo è l’unico ad essere diventato virale.”

“Innanzitutto, ci tengo a precisare che l’Iran è uno dei paesi più incompresi al mondo: le credenze fondamentali di un iraniano sono diverse da quelle del suo vicino della porta accanto; eppure, sfortunatamente, gli occidentali, che giudicano una nazione attraverso la sua religione – specialmente con l’Islam -, tendono a percepirla semplicemente come inferiore, meno moderna.”

Rispetto all’omicidio di Romina, sembrano emergere però delle differenze culturali tra l’occidente e uno stato islamico: oggi, in Italia, è normale che due ragazzi escano per conoscersi, che si frequentino anche per anni prima di sposarsi o convivere, come funziona invece in Iran?

Bisogna tenere presente che circa il 60% dei persiani ha meno di 25 anni. Noi giovani usciamo come gli occidentali, più o meno. Inizialmente andiamo nei bar, nei negozi, al cinema, nei parchi o ristoranti; più avanti, se la frequentazione prosegue, ci si sposta anche in montagna, nei parchi nazionali o nelle spiagge. Apparentemente sembrerebbe che non ci sia alcuna differenza rispetto all’Occidente, tuttavia non è così facile come sembra: quando una ragazza e un ragazzo escono insieme, spesso sperimentano una sorta di paura perché, se un uomo e una donna si frequentano senza essere ufficialmente imparentati, la polizia ha il diritto di chiedere precisazioni rispetto al loro rapporto. Tendenzialmente i poliziotti controllano soprattutto i ragazzi più giovani poiché, in linea di principio, avere una ragazza è proibito. Tenersi per mano è ancora accettabile, ma assolutamente non lo è baciarsi.

aisha iran

Quali sono dunque le consuetudini sociali iraniane rispetto al matrimonio? Le unioni combinate sono ancora una pratica attuale?

Nelle famiglie tradizionali, le procedure di matrimonio combinato iniziano con khaastegaari, ovvero una proposta formale che viene fatta da parte dell’uomo attraverso una delegazione, solitamente composta dai genitori o dagli anziani. In questo incontro, vengono discussi i vari aspetti del contratto coniugale come il prezzo della sposa e la dote. Nelle famiglie moderne, però, in particolare tra le famiglie urbane dell’alta e media classe, una coppia sceglie di sposarsi da sé, poi lascia le formalità di khaastegaari ai propri genitori. I matrimoni combinati nella forma tipica di alcuni paesi asiatici come l’India o il Pakistan, ovvero basati sulla promessa di matrimonio stabilita dai genitori quando i figli sono ancora in tenera età, sono invece rari, se non per le famiglie molto tradizionali o più povere.

Il matrimonio è ritenuto davvero così importante? Una persona può scegliere di non sposarsi?

Certo, in linea di principio si può anche scegliere di non sposarsi, ma una simile decisione porta inevitabilmente a una pressione pubblica sulla persona. In Iran, in più la legge proibisce il sesso al di fuori del matrimonio, quindi, se non ti sposi, non ti è permesso farlo… Ma chi se ne frega? La maggior parte delle persone lo fa! Anche se oserei dire che le giovani generazioni non seguono le regole tradizionali comuni, l’aspettativa che la sposa dovrebbe essere vergine è comunque ancora prevalente. Alcune famiglie molto conservatrici e religiose sono disposte a portare le loro figlie dal ginecologo per ottenere un certificato di verginità da consegnare alla famiglia del futuro marito. Secondo la legge, infatti, se il marito dopo le nozze dichiara che la ragazza non era vergine, ha il diritto di chiedere il divorzio; nella realtà però è molto raro che accada, queste regole stanno lentamente svanendo a livello pratico. Di conseguenza, al giorno d’oggi, se una ragazza non è vergine, il padre preferisce non saperlo e il marito lo accetta.

Qual è dunque il rapporto tra la fede tradizionale islamica e la vita reale?

Uno dei problemi che ho vissuto crescendo è quello della fede. A scuola ti insegnano cosa significa essere musulmano e tu dovresti incarnare queste caratteristiche, ma in Iran le persone sono molto diverse tra loro, così, in casa, mi hanno spiegato che alcuni insegnamenti erano sbagliati. Mi sono quindi chiesta chi volessi essere, di fronte a una società che mi metteva sotto pressione. Mi sono sentita confusa, incompresa, preoccupata per la mia personalità. Per me è stato fondamentale l’impatto con la tecnologia, in particolare con il social network Quora, perché ha cambiato il mio modo di essere, mi ha permesso di scontrarmi con idee di persone molto diverse da me. Ho conosciuto celebrità che sono diventate i miei idoli, ho stretto amicizia con ragazzi di culture opposte alla mia, tra cui il mio migliore amico che proviene dalla Spagna. Grazie ai social sono diventata ciò che voglio, ho scoperto chi sono, ma, quando tornavo alla vita reale, sentivo un profondo shock culturale: ero in Iran, ma al tempo stesso non ero più lì. Purtroppo, è qualcosa che vivono molte ragazze iraniane, come se una parte di noi combattesse con l’altra metà: sento che dovrei rispettare l’ateismo, ma al tempo stesso ho imparato che non credere è sbagliato; mi piacciono i cani, ma una parte di me sente che è haram, ovvero peccato; penso che indossare l’hijab sia necessario, ma al contempo lo percepisco come un pregiudizio. Sta a me pensare, decidere, scegliere. Non è così facile.

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La storia di Romina solleva molte perplessità anche sulla condizione femminile, com’è essere una giovane donna in Iran?

Una donna iraniana sicuramente ha molte limitazioni rispetto a una occidentale, come ad esempio l’obbligo di indossare l’hijab in pubblico o il divieto di bere alcol, ma è anche vero che persino l’Iran ha una sua scena underground. Tanti come me, nati e cresciuti lì e vissuti in altre parti in Occidente, possono testimoniare di aver visto sì differenze, ma non nella qualità; il problema è però che il resto del mondo vede il nostro Paese solo filtrato attraverso i suoi funzionari. La tua domanda comunque è impegnativa perché mette in gioco tutta la mia vita. I bambini sono trattati nello stesso modo dalla società, ma non dalle persone: ad esempio, per il mio sesto compleanno, alla mia festina mia mamma ha invitato tutte le ragazze della mia classe, tranne un ragazzo. Allo stesso modo, quando giocavo a calcio con i maschi, le persone mi dicevano: “E’ un gioco da uomini, non farlo!” Quando cresci, vivi ulteriori cambiamenti: primo fra tutti è l’obbligo di indossare l’hijab dai sette anni in poi, per me è stato qualcosa di destabilizzante, ho cambiato idea sulla vita, mi sono sentita vittima di pregiudizio. Altre differenze riguardano le scuole separate per sesso e i divieti quotidiani; quest’ultimi si dividono tra quelli imposti dal governo come indossare l’hijab o l’impossibilità di viaggiare senza il permesso di tuo padre, e i divieti delle persone come l’idea che tu non possa uscire quando vuoi, parlare con chi vuoi e tutta una serie di consuetudini obbligatorie. Quando ho scelto di diventare un ingegnere, la gente mi ha risposto che era un lavoro maschile perciò non avrei potuto, ma i social mi hanno insegnato altro, Emma Watson una volta ha detto: “Per dimostrare loro che sbagliano, sii unica!” Essere una donna iraniana, perciò, non è solo essere vittima di pregiudizi, ma mi ha insegnato qualcosa di più grande: andare oltre. Mi hanno detto che non potevo essere una brava studentessa, quindi ho studiato di più; pensavano che non potessi vincere nei giochi contro i maschi, così mi sono messa ancor più alla prova. Mi sono sentita giudicata e per questo ho capito che dovevo smettere di ascoltare le opinioni degli altri sulle mie scelte. I pregiudizi mi hanno resa una donna più forte, ma spero che un giorno, in un mondo migliore, si impari a rispettare la diversità tra le persone.

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