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Take care

L'intervista

Covid-19, il cardiologo: “Anche il cuore è un bersaglio del virus”

Abbiamo chiesto al dottor Vincenzo Trani, cardiologo di Habilita, di spiegarci perchè molte persone che sono state infettate dal Covid-19 hanno avuto problemi cardiaci oltre che ai polmoni

L’emergenza sanitaria non è conclusa, ma la situazione, rispetto a un paio di mesi fa, è decisamente migliorata. A questo punto è possibile fare anche le prime valutazioni sulla base dei dati raccolti. Abbiamo chiesto al dottor Vincenzo Trani, cardiologo di Habilita, di spiegarci per quale motivo molti di coloro che sono stati infettati dal Covid-19, oltre che ai polmoni, hanno avuto problemi anche di tipo cardiaco.

“I polmoni sono parte integrante del sistema cardiocircolatorio – spiega il dottor Trani – e una polmonite interstiziale, come quella provocata dal nuovo Coronavirus, può alterare la funzionalità del cuore attraverso due principali meccanismi: una riduzione dell’ossigenazione del sangue ed una attivazione di un processo infiammatorio sistemico”.

Vincenzo Trani

Tutto ciò cosa comporta?

Entrambe le cose possono determinare ischemia cardiaca fino ad arrivare all’infarto miocardico, ma anche aggravare patologie valvolari fino a quel momento rimaste asintomatiche, esacerbare quadri di scompenso cardiaco cronico, aumentare il rischio di mio-pericarditi o aritmie. La spiegazione di quanto osservato l’hanno fornita alcuni ricercatori, sempre attraverso quanto riportato da Lancet, una delle riviste più autorevoli in Inghilterra. Il Covid-19 determina infatti un aumento rapido e significativo della risposta infiammatoria, che può coinvolgere anche i vasi sanguigni e il cuore.

Ci possono essere altre conseguenze per l’apparato cardiocircolatorio?

L’eccessiva risposta infiammatoria fungerebbe da scompenso anche per la cascata di reazioni che portano alla coagulazione del sangue, con un aumento della formazione di “grumi” di sangue, che causano episodi di trombosi a carico delle arterie del cuore, dei polmoni ed a livello dei vasi arteriosi e venosi del nostro corpo, da cui l’aumentato riscontro di episodi di embolie. In alcuni casi, i sintomi cardiologici possono anche essere la prima ed unica manifestazione del coronavirus. Nessun allarme, tuttavia è utile non sottovalutare questo aspetto per riconoscere prontamente questi sintomi e poter assicurare a quanti pazienti il trattamento più adeguato.

Quali sono i sintomi da riconoscere?

Spesso alcuni pazienti positivi si presentano in pronto soccorso con palpitazioni e tachicardia (battito accelerato), senso di oppressione al torace o dolore alla bocca dello stomaco, sensazione di svenimento fino alla sincope (caduta a terra). Questi disturbi sono causati da aritmie (extrasistoli, fibrillazione atriale etc), problemi alle coronarie (infarto miocardico acuto), dalla scarsa capacità del cuore di pompare il sangue (scompenso cardiaco acuto) e dall’ infiammazione del cuore (miocardite e pericardite). Allo stato attuale non conosciamo il reale meccanismo attraverso il quale il virus colpisca il cuore. In alcuni casi, potrebbe trattarsi prevalentemente di un danno diretto del virus a livello delle cellule cardiache, mentre in altri potrebbe essere la conseguenza della grave infezione che colpisce il polmone.

Quanti pazienti possono riscontrare questi sintomi?

Ad essere interessato da un danno cardiaco potrebbe essere fino ad un paziente su 5, stando almeno ai valori di troponina (enzima prodotto dalle cellule miocardiche in caso di “aggressione”, ritenuta al momento l’esame più sensibile nel rilevare e dare una misura del danno cardiaco. Nello specifico, in alcuni pazienti il coronavirus può determinare un danno diretto delle cellule del cuore (cellule miocardiche), e così come avviene per altre forme di infezioni virali nei pazienti, alcuni dei quali anche giovani, la gran parte dei quali con esito favorevole. Ora, è già evidente il nesso tra le infezioni e il cuore: ad esempio l’influenza, così come la COVID-19, associata a febbre e dispnea può determinare un aumento, anche molto rilevante, della frequenza cardiaca, e questo determina un aumento del lavoro del cuore.

Come si devono comportare i pazienti cardiopatici?

Alla luce di tutto questo, per i pazienti cardiopatici o con fattori di rischio cardiovascolari, in questa fase di emergenza bisognerebbe prestare maggiore attenzione a: non sospendere il trattamento farmacologico per le patologie croniche del cuore, senza una diversa indicazione da parte del proprio Cardiologo di fiducia. In particolare, per quanto riguarda la terapia antipertensiva, un comunicato emesso dalla Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa spiega che questa non andrebbe sospesa (salvo specifiche indicazioni del medico) in quanto ha un ruolo protettivo verso gravi complicanze cardiovascolari come infarto, scompenso cardiaco, ictus, morte improvvisa, ecc. Al momento non ci sono raccomandazioni o linee guida standardizzate per il trattamento dei pazienti cardiopatici per la fase post-emergenziale, ma non appena sarà possibile i pazienti dovranno riprendere le regolari visite cardiologiche di controllo, programmate prima dell’insorgenza della pandemia.

Polizia Ferroviaria

Ci può dare alcune regole da seguire per garantirci una buona condizione di salute, soprattutto per chi è cardiopatico?

I rischi, come anticipato, sono più elevati per chi ha già problemi cardiovascolari. È pertanto fondamentale che i pazienti con malattia di cuore adottino comportamenti corretti a salvaguardia della propria salute.
Ecco, quindi in sintesi, 7 regole di una vita sana per proteggere il nostro cuore.

1) Praticare attività fisica anche due volte al giorno e per una quindicina di minuti anche solo passeggiando nei dintorni dell’abitato. In questo modo è possibile prevenire le trombosi nelle vene degli arti inferiori, e eventuali successive embolie, che in corso di infezione virale sono ancora più frequenti.

2) Mangiare leggero e idratarsi bene, assumendo bevande non zuccherate (cautela solo nei pazienti affetti da scompenso cardiaco, già edotti a tal proposito dal loro cardiologo di fiducia)

3) Controllare ogni mattina il peso corporeo, dopo evacuazione, evitare che aumenti, e in caso di eccesso ponderale attuare un regime dietetico per raggiungere il proprio peso forma. Chi è affetto da scompenso cardiaco qualora notasse un incremento di peso non giustificato, lo deve comunicare subito al proprio medico o cardiologo, per valutare l’opportunità di metter mano al diuretico.

4) Assumere tutti i farmaci previsti e non sospendere autonomamente l’assunzione delle altre terapie in atto (con antiaggreganti, anticoagulanti, antiaritmici, statine, ipoglicemizzanti), salvo su consiglio del cardiologo e per ragioni ben documentate.

5) Misurare la pressione una-due volte al giorno. In caso di valori al di sotto i 100 millimetri di mercurio di massima, per esempio), e senso di stanchezza, astenia, capogiro, sensazione di svenimento, ridurre il dosaggio dei farmaci anti ipertensivi assunti, solo dopo aver consultato il proprio medico.

6) Porre attenzione ai sintomi cardiaci classici (dolore o oppressione toracica, irregolarità o accelerazione del battito cardiaco, difficoltà a respirare, capogiri o svenimenti). In caso di sintomi, soprattutto se improvvisi o intensi, contattare immediatamente il 112.

7) Combattere la depressione, un importante fattore di rischio cardiovascolare. E quindi salutare l’invito a leggere un libro o trovare altri escamotage per distrarsi e rendersi attivi».

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