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Il racconto

Le botteghe riaprono e risvegliano la città dopo l’incubo Coronavirus fotogallery

“Abbiamo saputo guardare al futuro mentre gli altri non ci riuscivano, abbiamo colto un grande cambiamento sociale ed economico, siamo le botteghe, quelle che hanno resistito alla grande distribuzione, al franchising”.

L’orologio segna le diciotto del diciotto maggio, l’aria è già quella di un tardo pomeriggio estivo e qui, sul Sentierone in piena Bergamo Bassa, è un giornata storica.
Oggi infatti in tutta la penisola hanno riaperto la gran parte delle attività commerciali.

Bar, ristoranti, parrucchieri e negozi al dettaglio.
Le luci all’interno delle botteghe non si vedevano accese da tre lunghissimi mesi. “Siamo disposti a tutto pur di ripartire” – dice timidamente qualcuno al collega dal lato opposto del marciapiede – “Sarà difficile ma non potevamo mancare alla riapertura” – risponde lui.

Le voci sono tante, passeggiare sotto il Quadrilatero è il miglior modo per carpirle tutte.
“Abbiamo saputo guardare al futuro mentre gli altri non ci riuscivano, abbiamo colto un grande cambiamento sociale ed economico, siamo le botteghe, quelle che hanno resistito alla grande distribuzione, al franchising”.

E se provi a chiedere se si tratta di vivere o di sopravvivere non c’è margine di discussione perché il portavoce di turno, uscendo in fretta dal proprio negozio, irrompe: “Il nostro ruolo è fondamentale per un sistema di città scalabile in futuro. L’attività di vicinato, essere psicologi da quartiere, i consigli sinceri, la qualità del servizio, la socialità all’interno dei nostri spazi… È roba impagabile e gratuita”.

Tutti si sono adattati, se provi a scorgere o a decifrare le ombre dietro le vetrine quello che cogli è ordine, compostezza e un calore che ormai sembrava sempre più lontano. E poi camminare, girare la testa per salutare, conservare uno scontrino. Pare una straordinaria dimensione sospesa. Simile, per come ce lo immaginiamo, ad un rientro dallo spazio.
Nel mentre si sono fatte le diciannove e con il passare delle ore siamo in Corsarola, nel cuore della Città Alta.

“Qualcuno qui non vuole o non riesce a riaprire, ci siamo reinventati con l’asporto ma la gente sembra avere ancora troppa paura. Non vengono nemmeno a farsi i capelli, sono pochi rispetto a quelli che mi aspettavo”.

Qui poca gente, si ascoltano i propri i passi, ma non mancano i rumori di tutte quelle attività che anche qui hanno riaperto.
“Sa cosa le dico? Che la parte bella del mio lavoro è stare sulla porta, a guardare chi passa. Ci sono persone che fanno avanti e indietro tutto il giorno. Sono miei clienti quelli, anche se non comprano mai un frutto”.
E così ci siamo, di nuovo in pista con chi ha riaperto, con chi lo ha fatto ma non lo voleva fare, col giocattolaio, con il negoziante sovversivo, con la barista sconfortata, col parrucchiere…

Quello che sta accadendo negli ultimi giorni ci porta a riflettere su ciò che è essenziale, e in particolare su due fattori primari e indispensabili per la nostra convivenza: la salute e l’approvvigionamento alimentare. Ma anche su quanto la vita, diciamolo, non è una colpa di nessuno e, pertanto, di come le botteghe facciano parte di quel puzzle utilissimo a vivere, sì.
Ma tremendamente bene.

Fotografia di Marco Rossoni, Nicolò Impallomeni, Lorenzo Polimeno
Con il supporto tecnico di Lorenzo Polimeno
Testi e direzione creativa di Luca Andreini

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