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L'intervista

Pezzini: “I fondi dell’Europa all’Italia? Per una rivoluzione green: non sprechiamoli”

Antonello Pezzini, 80 anni, docente fino all’aprile di quest’anno dell'Università di Bergamo e rappresentate di Confindustria Italia al Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE), per spiegare questa iniezione di miliardi che arriverà sui conti italiani Pezzini cita Kant, Spinelli, don Milani e persino Papa Giovanni XXIII

“I care” – “Mi interessa” di don Milani entra dritto tra i numeri del piano di rilancio dell’economia europea approvato da Bruxelles e presentato da Ursula von der Leyen al Parlamento europeo, il Recovery fund ribattezzato Next Generation Eu. Miliardi che piovono, alcune centinaia a fondo perduto, anche sull’Italia. Non ha dubbi Antonello Pezzini, 80 anni, docente fino all’aprile di quest’anno dell’Università di Bergamo e rappresentate di Confindustria Italia al Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE)

Per spiegare questa iniezione di miliardi che arriverà sui conti italiani Pezzini cita Kant, Spinelli, don Milani e persino Papa Giovanni XXIII. E comprendi perché l’Europa passa proprio da questi uomini di pensiero e di fede.

Partiamo da questo piano presentato da Ursula von der Leyen?

La presidente della Commissione europea ha buon senso e sta affrontando i temi nel modo più opportuno.

Perché? Che cosa ha fatto?

Per capire la sua azione, la sua metodologia di lavoro bisogna partire dal Recovery Fund. Nei mesi scorsi c’è stata una richiesta da parte di molti Paesi affinché l’Europa potesse supportare la crisi che ci attanagliava. Il budget dell’Europa viene stabilito per un certo di numero di anni. L’ultima volta è stato per il periodo 2014/2020. Ora la Commissione Europea non aveva soldi a disposizione, perché i 1000 miliardi il budget dei prossimi sette anni sono soldi già impegnati in fondi strutturali, della Pac, in ricerca e innovazione e per l’Erasmus Place che da solo conta oltre 18 miliardi di euro. Insomma, i fondi erano già impegnati. E così chiedendo altri soldi per sostenere i danni del Covid, alcuni Paesi come la Danimarca, la Svezia, l’Olanda, la stessa Germania si sono ribellati: ‘Anch’io ho avuto la pandemia e i soldi servono anche a me. Perché devo darli all’Italia che li spreca enormemente come ha fatto in tutti questi anni?’, dicevano.

Professore, quindi c’è una grande disistima nei nostri confronti in Europa?

Sì. I motivi sono legati alla composizione della nostra classe politica. Nessuna nazione in Europa ha 945 uomini politici Parlamentari. La Germania ha 69 senatori, da tre a sei, a seconda della popolazione del Land, che fanno parte dei 631 deputati, che gestiscono le 16 regioni tedesche. Quindi la Germania dice: voi in Italia avete bisogno di soldi, mandate a casa la gente inutile che avete a Roma, che sono lì solamente per prendere lo stipendio. Diventate bravi come noi, riduce il numero della classe politica e avrete i soldi per dare alle aziende. È quello che dovete fare.

L’Italia ha bisogno quindi di una grande riforma costituzionale?

Non solo. A Bruxelles quando si parla dell’Italia si parla di burocrazia, perché facendo un’analisi comparata con le altre nazioni tutti questi politici creano a loro volta a cascata una serie di lungaggini burocratiche.

Ci vedono così male in Europa?

Alt. Tutti in Europa vogliono bene all’Italia e hanno interesse che il nostro Paese resti nell’Unione Europea. Ma l’Italia non deve cadere nella tentazione che l’Europa ci faccia sempre l’elemosina. Aiutare l’Italia è necessario per questi paesi, purché l’Italia assuma i suoi impegni e non si crei un’insanabile discrepanza. Noi dobbiamo essere persone serie, non dobbiamo sprecare risorse come avviene ora per il reddito di cittadinanza.

Perché e come le sprechiamo?

Prendiamo un esempio: in Danimarca hanno un reddito di cittadinanza, si chiama flex security. Lo danno a una persona che sta perdendo il lavoro, o che lo perderà un sussidio, con l’obbligo di seguire dei corsi per inserirsi al più presto nel mondo del lavoro, nei nuovi giacimenti occupazionali.

Insomma, dobbiamo proprio imparare a essere europei.

Le racconto un episodio. Altiero Spinelli, che aveva un parente a Lovere, passava per Bergamo e all’inizio degli Anni Sessanta teneva sempre una serie di incontri a noi giovani della gloriosa Democrazia Cristiana. In uno di quegli incontri spiegò la creazione della Commissione Europea, un po’ come un Noumeno kantiano, non è un organo burocratico perché tutti i commissari devono aver avuto una legittimazione popolare nel loro Paese. Ora la Commissione Europea può proporre le leggi alle quali il Parlamento Europeo chiede degli emendamenti. In questo modo la Commissione Europea è più libera di muoversi.

E quindi la Commissione Europea ci aiuterà?

Sono più che certo. Chiediamo fondi di mille miliardi e poi li diamo alla commissione da gestire, così evitiamo l’egoismo degli stati. Un Noumeno kantiano inventato proprio per superare quelle divisioni tra le nazioni. Don Milani diceva sempre: uscire da un problema insieme è politica, uscire da soli è egoismo.

Come potenzia il proprio bilancio la commissione europea?

Ci sono tre filoni. Il primo è su tutta l’Iva europea. In Italia noi evadiamo il 35% dell’Iva e questa parte di contributi andrebbe all’Europa. L’Italia si dia una mossa per ridurre questa evasione. Il secondo introito sono i dazi comunitari: il 20% va alle nazioni, l’80% va all’Europa. Infine, il terzo filone prevede un tanto a persona che noi paghiamo. In Italia diamo circa 18 miliardi all’anno in base al Pil, quello italiano è di 1.750 miliardi di euro.

La Commissione Europea come ci verserà i fondi annunciati dal “Next Generation Eu”?

Sarà un finanziamento per una rivoluzione verde: un green deal, come lo ha definito la Presidente della Commissione. La commissione ha deciso di finanziare delle trasformazioni che renderanno le nostre aziende da energivore, che consumano molta energia, in imprese virtuose. Entro sei anni dobbiamo eliminare l’uso della plastica, altrimenti pagheremo delle sanzioni. Gli Stati pagheranno 0,86 centesimi per ogni chilo di plastica che non verrà riutilizzato o riciclato. Dalle imprese si passa all’impegno dei cittadini: ogni persona secondo la media europea produce 560 chili di rifiuti solidi urbani all’anno. Centoventi chili sono umido. Se ognuno di noi sotto il lavandino di casa creasse un piccolo impianto di compostaggio che trasformi il rifiuto umido in fertilizzante naturale avremmo smontato un’industria del rifiuto che costa moltissimo e che inquina. Dobbiamo partire dall’educare le persone ad una rivoluzione culturale che parte dalla natura, dal rispetto dell’ambiente.

È questa la direzione della prossima Europa?

Presto ci abitueremo all'”Economia funzionale”, la fiscalità passerà dal lavoro alle materie prime, che diventeranno utilizzabili più volte. Assumerà quindi maggiore importanza la “funzione” di un bene, nel tempo. Una rivoluzione copernicana che ci vedrà protagonisti come cittadini attivi.

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