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Dalla regione

Emergenza cinghiali nella Bergamasca: caccia consentita anche di notte

Purtroppo a causa della pandemia nei mesi scorsi le misure di contenimento sono state sospese e questo ha aggravato ulteriormente la situazione.

Il mondo agricolo bergamasco è esasperato e si aspetta una svolta positiva dalla revisione delle legge sulla caccia approvata martedì 26 maggio in Lombardia. La presenza di cinghiali nelle aree prealpine della provincia è ormai diventata insostenibile, le segnalazioni di danno alle produzioni agrarie aumentano di anno in anno e oltre ad essere una presenza costante nelle vicinanze dei centri urbani, si sta verificando lo spostamento di gruppi di cinghiali in zone in cui non si erano mai visti, come i pascoli delle nostre montagne.

“La misura della sopportazione del settore agricolo è ormai colma – dichiara Angelo Casali responsabile di Coldiretti Bergamo per l’attività venatoria – è già di per sé difficile fare agricoltura in determinate aree come quelle montane, anche per effetto dell’emergenza sanitaria, se a questo ci aggiungiamo i danni prodotti dalla fauna selvatica, diventa quasi impossibile. L’auspicio è che ora con la caccia al cinghiale estesa per tutto l’anno, anche di notte grazie all’utilizzo dei visori notturni, si possa contenere il problema in modo deciso”.

Purtroppo a causa della pandemia nei mesi scorsi le misure di contenimento sono state sospese e questo ha aggravato ulteriormente la situazione.

“Prendiamo atto dell’impegno svolto dal Comprensorio Alpino delle Prealpi Bergamasche – continua Casali – ma oggi, visti i risultati, ci vuole più coraggio per affrontare questa situazione che sta rischiando di scappare di mano a tutti, dai cacciatori ai decisori pubblici”.

La Regione sembra essersi assunta tale responsabilità con le modifiche proposte alla legge regionale sulla caccia al cinghiale e per questo va il plauso del mondo agricolo all’assessore Fabio Rolfi e al consigliere Giovanni Malanchini, i cacciatori invece dovrebbero disquisire meno sui capi da indossare, evitare di creare una situazione di confusione sulla vicenda e fare quello che sanno fare, cioè cacciare.

Innanzitutto considerare tutto il vasto territorio del Comprensorio alpino con oltre 67 mila ha di superficie agricola e pascolativa area idonea dal punto di vista ecologico alla presenza del cinghiale non pare, per la variabilità e la diversa suscettività agraria, confacente alle reali esigenze.

È inoltre necessario pensare ad un’attività di stima della popolazione dei cinghiali che muova da parametrazioni diverse rispetto a quelle attuali, anche se imposte da ISPRA, che secondo Coldiretti Bergamo non fotografano pienamente la realtà dei fatti.

Infatti la determinazione della consistenza per la stagione in corso basandosi solamente sullo storico dei capi abbattuti e i dati cinegetici rilevati anche se scientificamente applicabile, risulta poco realistica anche per effetto che non tutte le aree del Comprensorio sono state coperte dal prelievo negli scorsi anni, infatti mancano a copertura oltre 25 mila ettari.

“Siamo consapevoli del lavoro svolto dal Comprensorio in questi anni – afferma Casali –, un impegno che ha portato ad un incremento del prelevamento dei cinghiali, che è stato ottenuto riducendo lo sforzo venatorio non solamente grazie al miglioramento dell’attività di caccia, ma anche per effetto di una maggior densità di animali. Per questo riteniamo necessario ripensare alla ripartizione delle formule di caccia con un maggiore equilibrio tra selezione e collettiva troppo spostata verso la seconda”.

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