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Assembramenti e fanno la multa a me, sola nel nulla: la pagherò, ma…

Una lettera inviata al vicesindaco di Bergamo Sergio Gandi, assessore alla sicurezza. 

Una lettera inviata al vicesindaco di Bergamo Sergio Gandi, assessore alla sicurezza. 

Giovedì pomeriggio ho preso una multa da 400 euro.

Mi trovavo in un parco cittadino, seduta su una panchina isolata e avevo appena finito di mangiare dopo la mia passeggiata quotidiana, avevo la mascherina all’orecchio e avevo il cellulare in mano.

Una coppia di agenti arriva alle mie spalle con la macchina di servizio, mi si avvicina l’agente di sesso maschile, che non riesco a guardare negli occhi un po’ per il sole e un po’ perché sono nascosti dagli occhiali, a goccia, specchiati gialli. Mi chiede il documento, che consegno dopo aver posizionato la mascherina di nuovo sulla faccia.

L’agente con gli occhiali a specchio mi chiede, con un tono che è difficile definire neutro, se sapessi perché mi avesse chiesto il documento. Mi era ignoto l’amore degli uomini in divisa per gli indovinelli.

Rispondo: “Suppongo sia per la mascherina”. Lui risponde: “C’è il verbale” e si allontana verso la macchina con il mio documento. Gli domando se si renda conto dell’assurdità della situazione, dato che stavo seduta sola all’aperto, da pochi minuti, con almeno 10 metri di distanza da qualsiasi altro essere vivente (nello specifico, una pianta). Lui ribatte “Sono 400 euro”.

Ora, da persona che ha una certa frequentazione con il mondo della cultura e della comunicazione, mi lascia sempre stordita l’automatismo che caratterizza le risposte che dà senza riflettere né ascoltare chi è senza argomenti. Poi l’agente con gli occhiali a specchio rincara la dose “Signora, la legge non l’ho fatta io”.

Al che mi sento di sottolineare come siano sempre state le persone che le leggi le fanno rispettare, più di chi le scrive, a fare la differenza. Se parliamo di società civile e stato democratico, beninteso (che di solito è il contrario di uno stato di polizia).

Ma nulla, l’agente si rivolge alla muta collega perché accenda gli strumenti per fare il verbale (sorelle che indossate l’uniforme, vi capita mai di sentire qualcosa di incongruo, nel rapporto con i colleghi nati maschi? Chiedo per curiosità). L’agente con gli occhiali a specchio chiede inoltre alla muta collega quanto ci voglia per riaccendere la macchina e poi, rivolgendosi a me, se questo mi faccia fare tardi al lavoro. A questo punto mi sento di dire “Lasci perdere”. Che sintetizza un più complesso: “Lasci perdere, non interpreti il ruolo della persona civile, del cittadino, dell’essere umano: ha appena ammesso di essere l’ingranaggio di un meccanismo a cui si sente di non appartenere. Lasci perdere. Anzi, lasciamo perdere. Come posso pensare di rispondere a chi non ascolta?”.

Il resto è facile da riassumere, verbale, richiesta di ulteriori dati che non fornisco, rilascio di una mia dichiarazione, che spiega cosa stessi facendo di lecito su quella panchina, secondo le norme vigenti, rifiuto di firmare un verbale nello spazio “Il trasgressore”. Come è assurdo tutto ciò.

Il mio nome e la mia firma non sono pura formalità. Resisto, anche se non serve. Arrivederci, agente con gli occhiali a specchio. Arrivederci, muta collega.

Certo, potrei fare ricorso.

Ecco però “la legge non l’ho fatta io”, a me ricorda tanto le migliaia di circostanze nella storia in cui un essere umano non ha saputo guardare oltre perché “obbediva agli ordini”. All’agente che ha detto questa frase ho risposto che la differenza nella storia l’ha sempre fatta chi si è trovato nella scomoda situazione di doverla fare rispettare, quella legge. Scomoda perché presuppone una capacità di discernimento, fin troppo comoda, invece, quando si tratta di andare dritto per dritto senza riflettere e senza guardare la persona che abbiamo davanti.

Una persona che potrebbe essere riuscita a mantenere il proprio lavoro con fatica, dovendo conciliare vita familiare e rendimento, trovando un modo per collocare i figli ma sostanzialmente comunque in grado di pagare una sanzione di quell’entità. Un po’ come immagino siano l’agente con gli occhiali a specchio e la muta collega.

Oppure una persona che, come molti altri in questo momento storico, potrebbe aver perso il lavoro a fine febbraio, aver ricevuto un bonus ai primi di maggio ed essere in attesa di sapere se la domanda di accesso alla misura per il sostegno del canone di affitto sia stata accolta, potrei ad esempio essere ora nella scomoda situazione di dover scegliere se usare i soldi per pagare l’affitto e non mettere nei guai i miei padroni di casa (che non sono tutti brutti sporchi e cattivi, ma a volte hanno bisogno del nostro affitto per pagare la rata del loro mutuo) oppure se pagare la sanzione.

Un po’ come tanti che lavorano nel mondo dell’educazione, dell’arte e della cultura.

Oppure una persona senza un lavoro e senza un reddito che non ha 280euro in banca per pagare entro il 31 maggio la sanzione in misura ridotta, e che vedrà lievitare la somma negli anni. Un po’ come tutti quegli invisibili per finta di cui ci si accorge quando finiscono in cronaca nera.

Potrei fare ricorso. Ma…

Mi rendo conto che la pagherò questa multa, probabilmente troverò il modo di pagarla, non perché sia convinta di aver sbagliato ma solo per paura.

E allora ricomincio a pensare e a riflettere (che brutto vizio) da persona che ha sempre rispettato tutte le prescrizioni in queste settimane, per rispetto dell’altro che amo guardare negli occhi, al di là del ruolo e dell’abito, quell’altro che amo ascoltare, anche quando la sua spiegazione smentisce il mio pregiudizio o la mia presunzione di sapere: penso che uno stato, un comune, una famiglia che ha bisogno della paura per governare non è destinato a durare molto.

E la nostra storia ci insegna che fine fa chi usa la paura come strumento di governo. Ce lo ricorda ogni aprile.

Chi invita i propri agenti a farsi guardie non è destinato a generare un cambiamento nella popolazione, o a fare crescere in responsabilità e coscienza i cittadini. Che forse non esistono nel mondo governato da leggi-che-non-ho-fatto-io ma che faccio rispettare bovinamente (con rispetto parlando per le mucche, animali che amo, da buona vegetariana).

Penso e rifletto per cercare di capire quale etica ci sia in quel governo che arraffa a mani basse da chi non ha abbastanza soldi, tempo, conoscenze da mettere in campo per fare valere i propri diritti, per combattere un’ingiustizia evidente.

O semplicemente da chi, come me, pensa che la propria vita e il proprio tempo vadano meglio impiegati.

Faccio una ricerca e scopro che in questi giorni stanno fioccando le multe a persone colte in flagrante delitto in mezzo al nulla. Tutto è più chiaro: leggo di amministratori locali che in imbarazzo per le solite foto sciocche di assembramenti fanno la voce grossa promettono controlli e sanzioni e sono dichiarazioni proprio di ieri. E io sono la donna sbagliata che incontra gli agenti sbagliati nel luogo sbagliato nel momento sbagliato.

Penso allora davvero che questi mesi non ci abbiano cambiato in meglio se non sappiamo fare la differenza, se oggi più che mai chi indossa una divisa è incapace di guardare alla persona e alla situazione, e ha tanta e tanta paura di una cittadina responsabile, consapevole, capace di stare al mondo e di guardare negli occhi, e che saprebbe guardare negli occhi anche chi sta abusando del proprio potere.

Sono riflessioni e non so quanto il procedimento del riflettere sia familiare a chi fa applicare leggi-che-non-ha-fatto-lui.

Un saluto cordiale e un augurio di buon lavoro con meno paura di guardare e ascoltare. Che i miei soldi, recuperati in qualche modo, buon pro facciano a qualcuno in questo momento sbagliato oppure che se li spenda tutti in… mascherine

P.S. Mi resta una domanda: e se la legge l’avesse fatta lui?

Alessandra Ingoglia

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