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Serial ma non troppo

Skam 4: la musulmana Sana e l’importanza della propria scelta

Sono poche, anzi pochissime, le serie che riescono davvero a rappresentare in maniera verosimile lo sfaccettato e complicato mondo dell’adolescenza. Da qualche anno a questa parte, esattamente dal 2018, Skam Italia ha fatto breccia nel cuore di molti telespettatori.

Parliamoci chiaro, sono poche, anzi pochissime, le serie che riescono davvero a rappresentare in maniera verosimile lo sfaccettato e complicato mondo dell’adolescenza. Da qualche anno a questa parte, esattamente dal 2018, Skam Italia ha fatto breccia nel cuore di molti telespettatori. La serie, diretta da Ludovico Bessegato per Tim Vision, nasce da un format norvegese andato in onda nel 2015, che ha visto succedersi numerosi remake nazionali.

Dal 15 maggio è disponibile la quarta stagione sulla piattaforma Netflix: ogni stagione vede come protagonista un personaggio diverso, di cui approfondiamo la caratterizzazione in maniera onesta, senza fronzoli; in cui ogni adolescente, in un modo o nell’altro, può sentirsi rappresentato. La quarta stagione, sceneggiata da Bessegato con la consulenza di Sumaya Abdel Qader, vede come protagonista Sana Allagui (Beatrice Bruschi): sveglia e intelligente ragazza, musulmana praticante che vive in periferia a Roma. A causa della sua scelta di portare il velo, molto spesso viene incompresa e giudicata, non solamente dagli estranei, ma anche dei suo stessi amici. In alcuni casi si dimostrano incapaci di comprenderla, oppure si fanno portatori di un punto di vista stereotipato sulla religione islamica: “Anche le persone che dicono di stare dalla mia parte, quelle più aperte che dicono ‘no, io non sono razzista’, tipo le mie amiche, quando guardano il mio velo, alla fine, sotto sotto pensano sempre male”.

La capacità di Skam è quella di portare al centro di questa stagione un tema molto importante: l’autodeterminazione. Non solamente di aver dato finalmente spazio a un personaggio di fede musulmana (passo importantissimo per un’eterogenea rappresentazione) ma di aver dato a Sana una voce chiara e forte: è una sua scelta, portare o non portare l’hijab, credere oppure meno. Sono tutte sue scelte, nessuna imposizione e per questo non deve vergognarsi di essere se stessa: “Se ti dicessi che per me portare il velo è una scelta femminista, tu che mi dici? Te lo dico io: pensi che sono pazza e che il velo è una cosa bigotta che mortifica le donne”.

Skam difende la libertà di una giovane ragazza di decidere chi e come vuole essere, senza rispettare degli standard imposti, in cui non si ritrova e che vanno stretti, anche se è un percorso faticoso. Questo è un tema, anzi un dibattito, molto importante e più attuale che mai: ancora oggi è difficile che una donna possa decidere liberamente sul proprio fisico, sul proprio futuro, sulle proprie idee senza ricevere discriminazioni per non rispettare degli standard culturali imposti, da cui è ancora difficile allontanarsi. Un esempio emblematico di mancanza di libertà? Nel 2017, la modella svedese Arvida Byström ricevette minacce di morte per aver posato con i peli sulle gambe e questo solo per una scelta libera estetica.

Skam ha la capacità di aprire porte a temi di grande rilevanza sociale, che per troppo a lungo sono stati nascosti e non trattati. Emblematico di tutto ciò è il dialogo fra Sana e Martino, protagonista della seconda stagione, dove discutono sulla difficoltà dell’essere ‘differenti’ – da una parte una ragazza musulmana praticante e dall’altra un ragazzo omosessuale – e su come sia stancante rispondere alle domande sciocche delle altre persone: “Se noi vogliamo fargli capire le nostre differenze, dobbiamo dargli delle risposte intelligenti alle loro domande stupide, perché altrimenti, se no, loro continuano a darsi risposte stupide alle loro domande, da soli, e così non ci capiremo mai”.

Quindi grazie Skam, perché di rappresentazioni così, ne abbiamo bisogno: capire che la libertà di essere se stessi e di venir accettati per questo, non è un privilegio, ma dovrebbe essere un diritto per tutti.

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