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Salute

La testimonianza

La riabilitazione dei pazienti Covid, i fisioterapisti: “Quei passi verso la vita”

Il racconto dei fisioterapisti di Humanitas Gavazzeni al fianco dei malati di Coronavirus

Quando un paziente fatica a respirare, tutta la sua energia si concentra in quello sforzo. “Per questo noi fisioterapisti abbiamo dovuto calibrare al meglio la riabilitazione dei malati Covid – racconta Ines Gavazzi, responsabile dei fisioterapisti di Humanitas Gavazzeni -. Ogni giorno, monitorando i parametri vitali, abbiamo assistito (e lo facciamo ancora) i pazienti arrivati in ospedale per riportali, delicatamente, alla normalità”.

Dove questo significa tornare a mangiare da soli, ad alzarsi da una sedia o molto più banalmente a soffiarsi il naso. “Tutti gesti che costano fatica. Queste persone erano fortemente debilitate. Per non parlare della loro fatica psicologica: chiediamo ai malati di affidarsi a noi, richiedendo loro un impegno che al momento sembra impossibile o pericoloso dopo che per giorni le priorità sono state altre”, continua Ines. Tanta formazione e confronto con i colleghi di tutta Italia hanno reso possibile avvicinarsi ai pazienti Covid con il giusto approccio. Ma quello che resta di questi 3 mesi non è solo fatica e lavoro, sono le tante storie di delicatezza e umanità cui i fisioterapisti hanno assistito. Come quella di Simona Cagnassi che fin dall’inizio è stata dedicata al reparto di Terapia Intensiva, lì dove buona parte dei pazienti è incosciente, intubata o tracheotomizzata. Per giorni interminabili, aspettando il miglioramento. A fianco ai medici e agli infermieri c’erano pure loro, i fisioterapisti, con l’obiettivo di prevenire le complicanze dell’allettamento e intervenire nel quadro dell’insufficienza respiratoria. “Ricordo un paziente – racconta Simona – che assistevo quotidianamente e che, piano piano, ho visto risvegliarsi. Non era ancora autonomo nel respirare, eppure un giorno, alla fine del trattamento, mi ha sorpresa con un tenero baciamano”.

Ci vuole dedizione per questo lavoro, ma anche tanta empatia. “Chiediamo ai pazienti di fidarsi di noi e dobbiamo fare lo stesso con loro – prosegue Eveline Bravi, un’altra delle fisioterapiste dell’ospedale -. Questo significa esserci, stare al loro fianco in modo unico. Assistere ai primi passi, quei passi che poi li portano, finalmente, fuori dal reparto”.

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